Coppola: “Megalopolis, un film con lo stesso destino di Apocalypse Now”

Francis Ford Coppola presenta a Cinecittà il suo ultimo film: uscita in sala dal 16 ottobre. Il regista 85enne dichiara l’intenzione di “fare due film: uno semplice e piccolo e un altro ‘gigantico’. Il piccolo, molto sarà girato in Italia”


“Non mi considero una persona importante, un pezzo grosso, non voglio essere chiamato ‘Maestro’, né ‘Mister Coppola’, ma ‘zio Ciccio’”, con queste parole Francis Ford Coppola “si presenta” alla stampa italiana per accompagnare il suo Megalopolis, in vista dell’uscita del film in sala, dal 16 ottobre.

Il film era stato presentato in anteprima a Cannes 2024, e oggi approda a Cinecittà, che ha celebrato il regista onorandolo con un viale che porta il suo nome all’interno delle cittadella del cinema, per cui ha ricevuto anche la Chiave degli Studi romani: dunque, da Roma – nella realtà – a  ‘New Rome’, così Coppola ha battezzato la New York contemporanea in cui s’ambienta il film, i cui personaggi portano tutti un nome riconducibile alla Storia antica del Caput Mundi, da Catalina (Adam Driver) e Julia Cicero (Nathalie Emmanuel).

Megalopolis è un film sull’utopia, sul tempo, sull’ignoto come opportunità di libertà, sul futuro quale nuova primavera, sul destino, ma soprattutto sull’essere umano, quale “grande miracolo” dell’universo: la bellezza che si para allo sguardo dello spettatore è estetica pura che leva il fiato, eppure mai fine a se stessa, nel suo essere simbolo, metafora; la struttura della narrazione si scrive secondo un arco classico e compiuto, nonostante molteplici siano gli spunti e gli stimoli, dentro cui però Coppola non si perde ma anzi usa come chiodi d’arrampicata per procedere verso la vetta della sua “fiaba”, così lo stesso regista definisce il film.

“Il cinema è iniziato 140 anni fa e all’inizio si cercava di trovare quello che costasse poco per realizzarlo e tutti conoscevano la Storia romana, Caligola, Messalina o le storie di Ben Hur. Roma è una buona materia per un film, un’ottima base sin dal Cinema Muto, come per Cabiria e poi fino a Il Gladiatore. Sin da ragazzo mi ripetevo spesso di voler realizzare un’epopea romana e mi chiedevo quale sarebbe stato il mio stile: c’è sempre stato questo desiderio e sapevo avrei potuto ambientarlo a NY, un’epopea romana dei tempi moderni.”, così Coppola mette a fuoco il cuore del suo racconto, in cui non mancano “i misteri del cuore umano, difficili da capire”.

Megalopolis, dunque, non è un film in equilibrio tra passato e presente/futuro, ma una storia sull’eternità e sulla ciclicità di certi spaccati di Storia e certi profili umani/sociali/politici, e Coppola riflette che: “il cinema è arte e business, cosa per cui, chi se ne occupa, vuole che i film siano realizzati con formule come la Coca Cola, qualcosa capace di creare dipendenza, affinché la gente vada al cinema per vedere sempre le stesse cose, certezze che non creano rischi; ma il cinema è arte o business? È arte e quello che vedranno i nostri figli e i nostri nipoti sarà completamente diverso dal cinema attuale, diverso anche da come ce lo immaginiamo, ed è una cosa bella, ma che non piace al business: questo vale anche per Megalopolis, che non volevo avesse una formula, ma avesse un finale felice, carico di speranze. È un film con lo stesso destino di Apocalypse Now, che all’inizio si amava o si odiava, ma che adesso si guarda da 40 anni a questa parte”. Nel complessivo discorso sull’avvenire – tra filmico e reale – Coppola commenta, lucidissimo: “Il mio futuro? Sono vicino alla morte”, eppure questa considerazione pragmatica non smorza lo slancio e infatti il regista, 85enne, dichiara l’intenzione di “fare due film: uno semplice e piccolo e un altro ‘gigantico’. Il piccolo lo faccio per divertimento e molto sarà girato in Italia”.

È retorico e palese dire “Coppola” e chiamare “Italia”, una storia che si porta nel nome, ça va sans dire, ma lui ammette di essere “molto emozionato ai tantissimi ricordi italiani, come tornare nella casa dei miei antenati; poi mi ha commosso tantissimo camminare in aeroporto con Nino Rota, quando lui mi ha accennato (per la prima volta) la melodia de Il Padrino; oppure, penso che gli attori italiani siano fantastici, come Leopoldo Trieste: l’attore americano ti deve portare dentro la sua fatica, mentre l’attore italiano ti fa il suo pezzo, tu gli dai un’idea e lei/lui la mettono in pratica, è un piacere. E poi ‘Italia’ è stata la possibilità di incontrare giganti come Rosi, Monicelli, Antonioni, Wertmüller”. Un discorso che si connette alla memoria, “importante perché connette alla vita: per Megalopolis, ho avuto circa 30 apprendisti, dall’ Armenia alla Svezia, all’Italia, e tutti capaci; lavorare come apprendista è come lavorare in cucina, si sta lì affinché lo chef riveli poi i propri segreti. Sul set io li ascoltavo e spiegavo quello che facevo e perché lo facessi: questi apprendisti poi diventeranno anziani, trasmetteranno le loro conoscenze, quindi il cinema non passerà mai. Il cinema è vita, siamo tutti parte di una grande famiglia: non è importante il mio cinema, ma il cinema, infatti, per me, la cosa importante non è un riconoscimento ma un altro regista che mi dica che abbia cominciato a fare cinema guardando un mio film. Ci sono stati grandi giganti e così ce ne saranno”.

E così, circolare, ecco ancora il futuro, connesso a un più largo discorso sociale, per cui – data l’imminenza delle Presidenziali statunitensi – non si può eludere la domanda, che Coppola non schiva e anzi afferma: “la repubblica americana è a rischio. Quello che dovremmo fare è ricordare Pico della Mirandola, per cui l’essere umano è un genio capace di risolvere qualsiasi problema. L’Italia è la metafora del mondo, un Paese fantastico, il meglio di tutto, dalla Medicina alla Fisica Nucleare, ma non nel realizzare un governo che funzioni… veramente. Non sono interessato all’America in quanto tale, perché siamo un’unica famiglia umana sulla terra, con l’obiettivo di salvarla… Bisogna liberarsi dei confini ma non cancellare le culture, e conservare le differenze”. Pensando anche a Megalopolis, dunque, siamo di fronte a “un impero che crolla?”: Coppola riflette come “le istituzioni belle seguono sempre il ciclo di morte e rinascita, così c’è inverno e poi primavera. Due grandi istituzioni sono morenti in questo momento: il giornalismo e il sistema degli Studios, ma sono sicuro che dietro l’angolo ci sia un giornalismo che possa rinascere… nutro questa speranza, affinché possa portare avanti l’importante lavoro che fa. Quando queste istituzioni muoiono è doloroso, è una morte che fa male, ma sono convinto possano rinascere e questo vale anche per il cinema”.

C’è dunque speranza nella visione del regista, cosa dichiarata… anche nell’ultima sequenza del suo Megalopolis, ma l’infelicità non gli è estranea: “ho perso un figlio”, ricorda senza giri di parole, e “ho soltanto due rimpianti: non aver girato One from the Heart come volevo, e poi non stiamo lasciando il cinema, come dovremmo, alle nuove generazioni”.

 

 

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14 Ottobre 2024

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