Con il fiato sospeso, l’università dei veleni

Istituto Luce Cinecittà distribuirà il lavoro di Costanza Quatriglio, a Venezia fuori concorso, che parte dall'inchiesta sulle morti per cancro alla facoltà di Farmacia di Catania


VENEZIA – “Non è film a tesi, un j’accuse verso l’università di Catania, ma una vicenda esemplare sul futuro di questo paese che divora i suoi figli e sul tradimento gigantesco consumato nei confronti della giovane generazione”. Con il fiato sospeso – a Venezia fuori concorso – per Costanza Quatriglio è un film talmente necessario da averla spinta ad autoprodurlo, sperimentando un linguaggio e un formato inconsueti: dura 35’ ma non lo definiresti un cortometraggio, documenta un fatto reale ma lo fa con gli strumenti della finzione, facendo di un’attrice (Alba Rohrwacher) la protagonista e la testimone di quei fatti. Stella, che muore giorno dopo giorno in un laboratorio di chimica intossicata da sostanze cancerogene, mentre un altro ragazzo, Emanuele, affida al suo diario (letto da Michele Riondino) il dolore e l’angoscia per essere stato preso in giro nel suo entusiasmo di giovane ricercatore e avvelenato. A fare da contrappunto a questa sconvolgente vicenda è l’amica ribelle, la musicista Anna (Anna Balestrieri) che ha rifiutato il mondo universitario e assiste con rabbia al calvario di Stella.

Con il fiato sospeso è un’opera che scompagina le regole e dietro cui ci sono molti anni di lavoro e qualche delusione “produttiva”. Costanza lesse nel 2008 sui giornali la notizia di un’inchiesta che riguardava la facoltà di Farmacia catanese indagata per sospetto inquinamento ambientale e discarica non autorizzata. Quei fatti sono legati alla morte di una decina di persone tra tesisti, ricercatori e dottorandi, più di 46 giovani si sono ammalati e oggi è in corso il processo a professori, rettore e preside. L’inchiesta è tuttora aperta e il film – “che non vuole sovrapporsi alla magistratura” – parte dal diario di Emanuele, morto per un tumore al polmone nel 2003. Nelle sue pagine vengono raccontate le condizioni insalubri dei laboratori, l’uso di sostanza cancerogene smaltite negli scarichi dei lavandini, le esalazioni tossiche respirate quotidianamente, le strutture precarie per mancanza di fondi, ma anche la cieca fiducia dei giovani studiosi nei confronti di professori-padri, l’amore per la scienza. Una storia “degna di Leonardo Sciascia” che però non riusciva mai a partire, si impantanava nelle secche del sistema produttivo, forse poco propenso a rischiare su questi temi. “Alla fine mi sono stancata di aspettare e nel giro di 2 mesi ho capito che potevo costruire la narrazione in modo totalmente autonomo”.
Sarebbe stato ovvio farne un documentario per un’autrice che ha appena vinto un Nastro d’argento con terramatta; Non mancavano i materiali, le testimonianze. “Nel documentario però si sperimenta un limite oltre il quale ciò che si vuole raccontare diventa non filmabile. Mi sono chiesta quanto volessi rappresentare senza mediazioni il dolore di un padre e di una madre per la morte di un figlio. Mentre il dolore interpretato da un attore può essere il dolore di tutti noi, trascendere una vicenda umana particolare”. Alla fragilità tagliente di Alba Rohrwacher è affidato quindi proprio questo compito. Stella è la ragazza di campagna che la passione per lo studio spinge a passare lunghe ore chiusa in laboratorio, con gli occhi rossi e la gola secca per le sostanze nocive che maneggia e respira, e anche per non deludere i genitori che l’hanno fatta studiare. “E’ tutto vero ed è tutto finto, quell’immersione ti consente di rielaborare quello che sai in un film di finzione che si fonda su un precipitato di realtà”, spiega l’autrice. Aggiunge l’attrice: “Il limite del rispetto per i protagonisti della vicenda diventa qui la forza del film”.
Con il fiato sospeso sarà distribuito da Istituto Luce Cinecittà sia in sala (con una formula ancora da mettere a punto) sia in home video, mentre a opera terminata è arrivata anche una produzione “vera”: la Jolefilm di Marco Paolini e Francesco Bonsembiante. Paolini si è innamorato del progetto in cui ha rivisto “come in uno specchio” il suo lavoro degli ultimi anni su Galileo. Intanto, sul sito www.conilfiatosospeso.it si raccolgono testimonianze simili. Ora Costanza ha in cantiere il documentario Triangle che mette in contatto il 1911 del taylorismo e 2011 della post-gobalizzazione, attraverso un’analisi della condizione delle lavoratrici tessili di New York e Barletta, e un film sulla storia di Francesco Mastrogiovanni, un uomo che è stato tenuto per 87 ore consecutive legato ad un letto d’ospedale psichiatrico. Fino alla morte. 

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30 Agosto 2013

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