VENEZIA – La Biennale di Venezia ha celebrato i 90 anni della Mostra con un convegno-testimonianza sabato 9 luglio ai Giardini, preceduto dall’inaugurazione di una mostra fotografica e documentale. L’esposizione, allestita a Ca’ Giustinian, sede storica della Biennale, illustra la prima edizione del 1932 attraverso i materiali, alcuni inediti, conservati all’Asac, l’Archivio storico delle Arti contemporanee. Tra manifesti e locandine, foto di scena e di attualità, la corrispondenza istituzionale – tra cui la lettera di Louis Lumière con cui accetta di entrare nel Comitato d’onore della Mostra – vi sono la scheda per il referendum popolare per la scelta del film “più divertente”, “più originale”, “più commovente” e di “maggior perfezione tecnica”; o la convenzione con le Ferrovie statali che consentiva a chi veniva a Venezia “ribassi del 50 per cento” sul biglietto. E ancora le prime critiche di giovani di belle speranze come Francesco Pasinetti, Raffaello Matarazzo e Mario Gromo, o quelle di Filippo Sacchi, costretto a siglare F.S. per il suo noto antifascismo. E ancora cinegiornali dell’Istituto Luce e una selezione di film presentati in quella prima edizione.
Due di questi sono stati offerti al pubblico, alla sera, al palazzo del Cinema, al Lido: Regen (Pioggia), documentario di Mannus Franken e Joris Ivens, e il primo film italiano, Gli uomini che mascalzoni di Mario Camerini, con l’esordiente Vittorio De Sica. Il convegno invece si è aperto con un dialogo tra il direttore Alberto Barbera, che ha fatto gli onori di casa assieme al presidente Roberto Cicutto, e Gian Piero Brunetta, storico e docente di cinema, autore di un volume monumentale (1180 pp., 333 ill. € 42), edito da Marsilio, dedicato a La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. 1932-2022 di cui passa in rassegna le 78 edizioni ufficiali e le altre, non riconosciute, durante la guerra e gli anni ’70 (leggi la nostra intervista).
Fondamentale l’intervento del past-president Paolo Baratta, che ha ripercorso il lungo itinerario di emancipazione della Mostra dalla politica. “La Mostra sembrava una sorta di catering di una festa organizzata altrove e allestita al Lido”, in cambio del contentino del fantomatico Palazzo del Cinema che “partito come un astronave, finì come un meteorite, lasciandoci il buco”. Oggi non è più così, ha concluso, grazie a un’azione di rafforzamento istituzionale della Mostra e della Biennale che le ha ridato credibilità nel mondo intero.
E non a caso Jeff Sharp ha annunciato che i produttori indipendenti americani hanno assegnato ad Alberto Barbera il premio Gotham. Tutti, critici e studiosi, hanno sottolineato il ruolo innovativo della Mostra. Come ricordava Michel Ciment, Venezia ha scoperto il cinema asiatico e ha assegnato Leoni d’oro a tutti i maestri della Nouvelle Vague mentre Cannes non ne ha mai premiato uno; allo stesso modo Gianni Canova ha mostrato come gli 11 leoni d’oro italiani sono sempre stati assegnati da presidenti di Giuria connazionali.
La giornata si è concluda con le testimonianze di donne importanti, da Marina Cicogna a Natalia Aspesi, alle coppe Volpi Isabella Ferrari, Valeria Golino, Isabelle Huppert.
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