Commedia on the road per il duo Fabio De Luigi & Stefano Accorsi, coppia inedita del cinema, che arrivano il 4 gennaio con Eagle Pictures con 50 km all’ora, remake del tedesco 25 km/h di Markus Goller, prima produzione italiana per Sony Pictures International, con Colorado Film.
Dopo la morte del padre (Alessandro Haber), Rocco (De Luigi), che è rimasto accanto al vecchio burbero e malmostoso e ha ereditato da lui il mestiere di meccanico, ritrova il fratello Guido (Accorsi), giramondo, irresponsabile e a tratti odioso. Per onorare le ultime volontà del genitore, affidate a una lettera, intraprendono un viaggio in motorino dall’Appennino Emiliano verso Cervia, dove è sepolta la mamma, cacciata di casa molti anni prima per una scappatella. Ovviamente il viaggio sarà l’occasione per una presa di coscienza, ma anche per solenni bevute, sfide sanguinarie a ping pong, rave party, balli frenetici e coreografie impreviste, incontri galanti (non proprio esaltanti), oltre a grandi abbuffate al ristorante cinese e persino una rissa con dei campeggiatori muscolosi e armati di balestra. Un buddy buddy, insomma, con l’ambizione di toccare anche temi più profondi come la difficoltà di essere padre, la capacità di perdonare, la riunificazione di una famiglia esplosa. Il tutto rigorosamente declinato al maschile.
Un set reso complicato dall’alluvione, come racconta il produttore Alessandro Usai di Colorado, ma con location forti e non da cartolina, perché il territorio è proprio quello amato e conosciuto dai due attori. De Luigi è romagnolo (di Santarcangelo) e Accorsi bolognese: “Se prendi la via Emilia da Piacenza e scendi fino all’Adriatico – scherza Fabio – finché sei in Emilia ti daranno da bere dell’acqua, appena arrivi in Romagna, ecco il vino”. E Accorsi chiosa: “Però, se chiedi da mangiare, ti danno le tagliatelle in Emilia e una piadina secca in Romagna”.
Alla sua terza regia (Tiramisù, Tre di troppo), Fabio De Luigi si sente decisamente più maturo: “Ho cercato di far sedimentare le esperienze precedenti e credo che questo film sia diverso, senza alcune ingenuità”. Mentre Accorsi ha accettato subito il ruolo del fratello scapestrato. “Ci conoscevamo poco con Fabio, ma ho sempre amato molto la sua grazia, che lo rende accattivante anche quando dice cose antipatiche, ha un umorismo unico. Poi il film è una commedia umana con due personaggi che passano da un registro all’altro, senza retorica perché anche nelle parti in cui emerge l’emotività c’è sempre qualcosa che sdrammatizza e riporta alla leggerezza. Amo l’ironia e la battuta”.
Scritto con Giovanni Bognetti, il film mette in scena il mondo maschile con luci e ombre, la competitività esasperata ma anche la tenerezza inattesa. “C’è qui una tenerezza maschile – conferma De Luigi – nonostante la figura burbera di nostro padre che riusciamo a uccidere metaforicamente. E la madre rimane volutamente misteriosa, anche nei filmati di testa dove a volte compariva l’abbiamo tolta, viene solo evocata, ma non la vediamo mai”.
Interviene Accorsi: “La sensibilità maschile, in un momento in cui si parla giustamente moltissimo di questi temi, è importante mostrarla. Non è un film a tesi, ma parla di un ritrovarsi nella fratellanza. Il viaggio è una dimensione che mi piace tantissimo, perché ci arricchisce. Non a caso tanta gente lo ha riscoperto dopo il Covid. Qui viaggiamo nella nostra terra, l’Emilia Romagna, anche in alcune zone dove non eravamo mai stati”. E ancora: “Della competizione mi diverte l’aspetto ludico, la presa in giro, non l’agonismo cattivo, ma quello divertente e giocoso”.
Sul genius loci, insiste De Luigi: “Mi sono affidato ad attori e attrici della zona, tra cui Stefano Vito nel ruolo dell’oste, anche Marina Massironi, che fa un cameo, non è emiliana ma vive qui”.
Per quello che definisce “un viaggio di formazione fuori tempo massimo”, De Luigi ha voluto creare ambientazioni quasi da period film: “La scelta delle musiche, i look di Stefano, i luoghi che abbiamo attraversato, i motorini assemblati, uno più smargiasso e tamarro, l’altro più sobrio, tutto riporta ai loro 16 anni e quindi agli anni ’80”.
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