CNC: quest’acronimo fino a ora è stato invidiato in tutto il mondo ed è alla base della buona salute dell’industria cinematografica francese. Una sigla che racconta il modello di finanziamento del cinema attraverso il Centre National du Cinéma et de l’image animée – struttura pubblica, sotto l’autorità del ministero della Cultura ma molto indipendente, con lo scopo di regolamentare e sostenere il cinema in Francia e nel mondo – con un budget di circa 705,9 milioni di euro, che provengono dalle tasse sul prezzo del biglietto del cinema, i servizi televisivi, i fornitori di accesso Internet e il VOD. Percepite direttamente dal CNC, queste tasse sono poi redistribuite ai diversi attori dell’industria cinematografica e audiovisiva attraverso il sostegno automatico (circa 400 M€ di cui 86 M€ vanno ai produttori di cinema, oltre 65 M€ agli esercenti e 30,7 ai distributori) e selettivo.
Questo modello negli ultimi mesi ha subito dei contraccolpi inaspettati. A dicembre scorso era stato annunciato un piano di tagli per il 2019-20, a giugno – in vista della scadenza della mandato della presidente del CNC Frédérique Bredin – alcune deputate di La République en marche (il partito del presidente della Repubblica Macron) hanno messo sotto la lente d’ingrandimento il funzionamento e il budget del CNC. Il 24 luglio la controversa nomina del produttore Dominique Boutonnat alla presidenza di quell’acronimo fino a ora invidiato…
Già l’eventualità di questa nomina aveva provocato le proteste di gran parte della professione, con, tra l’altro, gli “avvertimenti” di quattordici associazioni professionali. E l’11 luglio sul quotidiano Libération è apparsa una lettera aperta in cui molti registi francesi – tra questi Mathieu Amalric, Jacques Audiard, Xavier Beauvois, Lucas Belvaux, Emmanuelle Bercot, Julie Bertuccelli, Bertrand Bonello, Catherine Corsini, Arnaud Desplechin, Nicole Garcia, Louis Garrel, Michel Hazanavicius, Cédric Kahn, Bertrand Tavernier – hanno preso nettamente posizione contro l’ipotesi della nomina del produttore vicino a Macron (https://next.liberation.fr/cinema/2019/07/11/un-proche-de-macron-a-la-tete-du-cnc_1739445 ).
Ma chi è Boutonnat e perché il suo nome è così sgradito agli autori francesi? Secondo dei documenti resi pubblici nel cosiddetto MacronLeaks, Boutonnat è stato un sostenitore del presidente e ha anche finanziato con ingenti donazioni la sua campagna, cosa che ha permesso – come si fa notare nell’appello – alla Ciné Axe, di cui è presidente e co-fondatore, di divenire una società di finanziamento dell’industria cinematografica attraverso la raccolta di fondi privati (Sofica). A peggiorare le cose c’era un precedente: il rapporto Boutonnat, sollecitato dallo stesso ministero della Cultura, sul ruolo del finanziamento privato nella produzione e nella distribuzione cinematografica. La principale conclusione del documento reso pubblico lo scorso maggio durante il Festival di Cannes: aumentare i soldi pubblici attraverso un fondo privato gestito direttamente da Bpifrance, banca pubblica d’investimento. Ma l’Eliseo ha deciso, nonostante una mobilitazione senza precedenti da parte del settore.
Da parte sua, il sindacato dei produttori indipendenti (SPI) afferma che “vigilerà che le riforme che stanno per iniziare non mettano in discussione la specificità del finanziamento della produzione francese”. Dura la SRF (Société des réalisateurs de films) che rileva la decisione unilaterale del governo “senza ascoltare una grande maggioranza del settore che porta una visione diversa e pone al centro della sua riflessione la dimensione culturale della nostra industria”. Ricordando che “la necessità di una riforma non fa necessariamente rima con una visione liberale” e che questa struttura che rappresenta trecento cineasti “sta aspettando, con il coltello tra i denti, la tabella di marcia del nuovo presidente”.
Bertrand Tavernier è amaro: “Cosa aggiungere alla dichiarazione dell’SRF se Emmanuel Macron privilegia ancora una volta gli amici?”. Sostiene, infine, Arnaud Desplechin: “Sordità e testardaggine sono le parole d’ordine in questo caso. Ovviamente Boutonnat non era la persona giusta da nominare. Conoscevamo già la mancanza di ambizione dei ministri della cultura di Emmanuel Macron. Oggi è peggio”.
Ma c’è chi, come l’API (l’associazione dei produttori indipendenti), dichiara di credere a questa nomina, annunciando che il nuovo presidente del CNC può contare su un supporto attivo, ricordando educatamente i suoi obblighi: “Difendere l’industria cinematografica sotto l’aspetto culturale e industriale nell’interesse generale e per l’unità della professione, in un momento in cui il CNC affronta diverse sfide nonostante l’efficacia di un modello che è sempre stato in grado di adattarsi e che contribuisce al prestigio della Francia. L’API è in attesa di un forte sostegno del governo per quanto riguarda lo statuto e le condizioni di finanziamento del CNC”.
Da notare che la scheda sul sito del CNC (https://www.cnc.fr/professionnels/actualites/nomme-president-du-cnc-ce-mercredi-24-juillet-dominique-boutonnat-poursuit-son-engagement-au-service-de-la-creation-de-la-diversite-et-de-lexception-culturelle_1025245) relativa alla nomina fornisce anche una curiosa biografia del suo nuovo presidente. Dominique Boutonnat (49 anni, studi in diritto e storia, con un passaggio a Sciences Po per l’economia) si presenta in particolare per aver contribuito alla creazione e allo sviluppo di “250 progetti cinematografici e audiovisivi “, tra cui una trentina di film che coprono un ampio spettro di creazione, dal cinema d’autore (come Il passato di Asghar Farhadi o Polisse di Maïwenn) fino a Quasi amici di Eric Toledano e Olivier Nakache … Ma c’è chi sottolinea che come co-fondatore e presidente di Cine Axe, una società finanziaria di tipo Sofica, è stato in grado di entrare in architetture di finanziamento per questi film, ma la sua notorietà come produttore e più modesta, – soprattutto per Money de Géla Babluani (2017).
Certamente la nomina di Boutonnat è una rottura nella storia dell’istituzione, i cui presidenti erano generalmente alti funzionari: Frédérique Bredin (2013-2019), enarca passata dal Ministero della Cultura, dove era responsabile della politica del cinema e dell’audiovisivo, Eric Garandeau (2011-2013), ex ispettore delle finanze e consulente culturale di Nicolas Sarkozy, e prima di lui Véronique Cayla (2005-2010), passata prima al Ministero della Cultura, alla Videoteca di Parigi, al CSA (Consiglio superiore dell’audiovisivo) e al festival di Cannes.In questo affaire, fa quasi “implodere” la risata una vignetta comparsa il 13 luglio sul quotidiano Le Monde, dove si vede una regista davanti alla commissione del Cnc che pone l’ultima domanda: “In che modo il suo film sarà d’aiuto al presidente?”. (https://www.lemonde.fr/culture/article/2019/07/13/la-succession-a-la-tete-du-cnc-inquiete-les-cineastes_5488972_3246.html )
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