Claver Salizzato


Il più vivace, l’unico che merita tutti gli applausi della serata, è il signor Olinto Perosa (OP, ndr), ottantenne sopravvissuto a Cefalonia e documento vivente dei fatti che I Giorni dell’Amore e dell’Odio tentano di ricostruire, sullo sfondo di una vicenda familiar-romantica di due fratelli sudtirolesi. E’ stato lui, come ammette il regista e sceneggiatore Claver Salizzato (CS, ndr), uno dei principali sostenitori del progetto. A lui, dunque, la parola sulla fedeltà storica del film.
“Sono uno dei 60, forse 100 superstiti rimasti”, dichiara Perosa, autore anche di un libro sui tragigi eventi di Cefalonia, “Ho passato tutta la vita a raccogliere documenti: il film di Claver racconta fedelmente la storia”.
“Anche per questo è stato selezionato al Festival di Montreal…”, aggiunge Salizzato, “si fa tanto parlare di Corelli che fa piacere essere usciti prima della pellicola interpretata da Nicholas Cage. Mi ha scritto anche il presidente Ciampi, ho qui la lettera…”.

Com’è stato il vostro rapporto?
OP: Beh, ci siamo voluti bene subito …
CS(interrompendolo): le mie ricerche su Cefalonia sono iniziate mentre scrivevo Io e il re. Ho scoperto il romanzo Bandiera bianca a Cefalonia e mi sono appassionato alla vicenda… Poi ho incontro Olinto. E’ diventato subito la mia fonte viva, insostituibile. Ha letto la sceneggiatura ed è stato un aiuto fondamentale.

Perché il Tirolo è stato ambientato in Val d’Aosta?
CS: Ero indeciso, ma un giorno ho trovato in Val d’Aosta un’ex-caserma della Divisione Acqui e ho pensato che fosse un segno del destino…
OP (correggendolo): Beh, in Tirolo l’argomento è ancora molto sentito. Si sarebbe potuta incontrare qualche ostilità…

E perché la scelta di Mandala Tayde, tra le interpreti?
CS: Per un regista esordiente non è tutto facile… Il film ha trovato molto subito una distribuzione, ma proprio questa ha indirizzato inevitabilmente alcune scelte… D’altra parte, pensate, vi poteva capitare addirittura Ines Sastre!

Il duello tra i due fratelli non rischia di far passare in secondo piano la vicenda storica? Era proprio necessario incentrare il film sui due sudtirolesi?
CS: Ho voluto raccontare un episodio che rappresenti simbolicamente una guerra fratricida. Come dice il personaggio di Ricky Tognazzi, il generale Gardin, quelli che fino al giorno prima erano i migliori compagni d’armi diventano improvvisamente nemici. La realtà…

Come spieghi allora il frate cattolico che spunta nella notte di Cefalonia, le prostitute così eleganti…? Non credi, a volte, di aver sfidato il supposto realismo del film?
CS: Sono stato fedele agli episodi, non mi interessava esserlo nei dettagli. Ho diverse foto del generale Gardin, che non aveva né la faccia né la barba di Ricky Tognazzi, eppure ho voluto lui fin dall’inizio… Il frate è solo un simbolo della spiritualità di questi uomini destinati al sacrificio… La mia ispirazione era quella neorealista. Desideravo avvicinarmi alla tradizione di Blasetti e Leone, a cui ho dedicato anche dei libri. A un cinema popolare e allo stesso tempo raffinato, capace di coniugare la radice un po’ autarchica italiana a quella hollywoodiana…

autore
25 Maggio 2001

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