“Fra Rousseau e Petrarca, mirando e rimirando il paesaggio, la natura selvaggia, forte e sicura. Alla ricerca della vita lungo il fiume, del silenzio degli umani, della voce dell’anima delle cose. Hic et nunc. Una passeggiata solitaria verso casa”. Con queste poche righe, eloquenti e suggestive, Claudio Romano ed Elisabetta L’Innocente hanno presentato alla scorsa Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro un loro lavoro breve, Verso casa, dieci minuti proiettati all’interno di “Satellite”. Dopo Ananke, il lungometraggio proposto sempre a Pesaro nel 2015 e dopo il corto del 2016 Con il vento, sempre visto a Pesaro in Piazza del Popolo, ecco questo frammento di promenade quasi impressionista. Lungo un fiume, in un abitato che sconfina nella campagna, nella luce calda e a tratti violenta dell’estate, il film descrive e scrive, senza l’uso della parola, ma solo attraverso i suoni. Gli esseri umani – due anziani che attraversano lentamente la strada, un uomo a spasso con il suo cane, gli africani che si muovono come trasognati, l’ombra dello stesso filmaker riflessa nella corrente del ruscello… l’umanità prende forma fino a sfocarsi e perdersi nel nulla e il linguaggio si fa poetico ma senza retorica.
Un film essenziale, fatto di poco, eppure così avvincente. Della stessa materia è fatto un lungometraggio che non abbiamo visto e che, almeno per ora è invisibile perché nessun festival l’ha selezionato. Un film di un’ora girato in modo improvvisato, nei dintorni di casa, in Abruzzo con questo stesso stile totalmente libero. “E’ un film strano, non narrativo, di cui è difficile indicare una destinazione – ci racconta Claudio Romano – L’ho girato con quello che avevo sottomano: una videocamera vhs, un telefono e una camera portatile, con immediatezza. Il tentativo è stato quello di trovare la poesia in ciò che avevo sotto casa, nella sua banalità. Lo stile è appunto quello di Verso casa. il racconto di una giornata qualsiasi d’estate”. Il progetto nasce come al solito con Betty L’Innocente. “Conosco Betty da 8 anni, ma non abbiamo mai trascorso un’estate insieme perché lei ha sempre lavorato. L’anno scorso però si è fatta male al ginocchio e quindi ha passato alcune settimane con le stampelle. Era stupita come una bambina che non ha mai visto il mare e ho voluto cogliere la sua meraviglia. Così il film parla di noi due che passeggiamo, andiamo al mare, guardiamo i turisti, andiamo in campagna. Tutto ciò che succede ad Alba Adriatica, il piccolo paese di mare dove viviamo. Un film semplicissimo”.
Rispetto all’universo nichilista di Ananke, alla sua disperazione senza risposte, sembra che i due autori abbiano trovato un classicismo dello sguardo, che fa pensare a Straub e Huillet, proprio per il rapporto così intenso con la natura. “Di Ananke, a distanza di qualche tempo, ricordo soprattutto l’albero che stava fuori dalla finestra dove i due personaggi si rifugiavano, quell’albero era l’unica cosa non prevista del film ed è stato importantissimo per me, poteva essere la risposta alle mie domande. Quel film è figlio di una disperazione, è vero, ma da lì in poi c’è stato un riavvicinamento forte con la natura, che è quasi un antidoto al malessere”.
Nelle note di regia di Verso casa vengono citati Rousseau e Petrarca, ma ci sono anche tanti riferimenti cinematografici nel corto. “A Straub non oso pensare. Se sono stato influenzato, in maniera inconscia, credo che sia stato soprattutto da Franco Piavoli. Voglio fare un cinema povero, sostenibile, ecologico, etico, a impatto zero. Mi fa bene. Come essere umano sulla Terra non vorrei lasciare alcuna traccia, vorrei passare in maniera indolore”. E ora cosa accadrà del nuovo film inedito. “L’ho mandato a due/tre festival di riferimento – risponde Claudio Romano – ma per ora nessuno l’ha scelto, neanche Pesaro. Vedremo”.
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