Claudia Pandolfi e il ’77


C. PandolfiMarta la femminista anomala. Non è separatista, è l’unica che frequenta la radio, mentre le altre del collettivo si tengono alla larga dai maschi sciovinisti. Marta l’idealista, l’avvocatessa impegnata che vuole difendere un proletario che invece ha il mito del carcere. Marta la confusa, che cerca di applicare alla lettera il sogno della coppia aperta e dell’amore libero ma fa più male che bene. “Era il ruolo più difficile perché non volevo né il tipo della fragile nevrotica né la manager sicura di sé”, spiega Guido Chiesa. Che ha scommesso su un volto televisivo come quello di Claudia Pandolfi.

È lei il controcampo femminile di Lavorare con lentezza, la commedia sul ’77 bolognese e l’esperienza di Radio Alice, che dal concorso veneziano, dove ha conquistato un Premio Mastroianni agli esordienti Marco Luisi e Tommaso Ramenghi, arriva nelle sale in 50 copie, distribuita da Fandango dal 1° ottobre. La definizione di commedia la rivendica il cineasta piemontese quarantaquattrenne dedicando il film a quelli che preferiscono l’ironia alla nostalgia. Ma divertente l’hanno trovato i tanti ventenni che hanno partecipato a proiezioni test. “Un mosaico colorato”, dice Claudia. Nata nel ’74, figlia degli anni ’80, “gli anni del consumismo e di uno strano torpore”, si è entusiasmata alla colonna sonora che mixa brani cult (l’urlo di Patti Smith e Claudia PandolfiFrank Zappa) con sonorità free jazz. “Guido ha una preparazione musicale incredibile… io da ragazzina ho ascoltato di Venditti, accanto ai Beatles e Battisti, ma qui ho trovato emozioni elettrizzanti e inattese”. Patti Smith vedrà il film a cui ha partecipato senza chiedere troppo, contenta di non essere considerata, per una volta, icona del mondo degli eroinomani. Guido sa di rivolgersi più ai ragazzi che alla generazione di chi c’era. “Per me racconta Claudia gli anni ’70 finora erano le foto dei miei genitori, il loro strano matrimonio, la difficoltà di crescermi, mentre andando alla memoria storica ne avevo un’immagine negativa, violenta, legata al terrorismo. Qui ho trovato la freschezza e la vitalità del movimento”. Per Guido, che all’epoca faceva il liceo a Chieri, il mondo dell’autonomia, gli indiani metropolitani, i collettivi politici erano quasi una chimera. “Noi siamo riusciti a occupare la scuola una sola notte e i genitori venivano quasi a rimboccarci le coperte. Forse per questo sento più il personale del politico: la sfida della sessualità libera, la creatività, la musica”. Dell’esperienza di Venezia si dice soddisfatto, “è andata bene, oltre le aspettative, in una Mostra che definirei, come il mio film, mao-dadaista, con gli scambi di pellicola alla proiezione di Eros e Johnny Depp che rimane fino alle 3 di notte ad aspettare gli spettatori del suo film”. Lui rivendica il suo titolo-proclama “lavorare con lentezza, vivere con lentezza, recuperare spazi mentali fuori dallo stress, dalla guerra, dall’aggressività”. Claudia, figlia di altri tempi, senza ribellioni apparenti, confessa: “Mi aspettano nove mesi di Distretto di polizia 5, lì se si vuole sopravvivere bisogna un po’ frenare gli entusiasmi. Tra film e fiction è la stessa differenza che passa tra un week end di passione e un mènage consolidato”.

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24 Settembre 2004

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