Claudia Cardinale


C.CardinalePassata da Roma la settimana scorsa per un incontro organizzato dal CSC, alla Sala Trevi, nell’ambito dell’omaggio a Luchino Visconti, il 28 marzo Claudia Cardinale è ospite d’onore al Busto Arsizio Film Festival dove incontrerà di nuovo il pubblico che la ama fin dagli esordi, quando nel 1957 studiava al Centro Sperimentale di Cinematografia dove era approdata in seguito all’interessamento di alcuni registi che l’avevano notata a Tunisi. Lei che da piccola sognava di fare l’esploratrice, che si muoveva scostante e introversa per le strade di Roma, che si ritrovò faccia a faccia con il più grande direttore di produzione del tempo, Pietro Notarianni, alla fine vinse la timidezza e si ritrovò sul set de I soliti ignoti.

Signora Cardinale, come è cominciato il suo rapporto con Visconti?
Avevo un piccolo ruolo in Rocco e i suoi fratelli. Credevo non mi avesse neanche notata e invece un giorno, durante la scena di una scazzottata, prende il megafono e lo sento dire: “Non mi ammazzate la Cardinale!”

Visconti sarebbe divenuto molto molto importante per lei…
Assolutamente sì. Avevamo un rapporto d’intesa magnifico. Ci bastava uno sguardo. Mi parlava solo in francese e mi chiamava Claudine. E c’era una frase che amava ripetermi sempre “Ricordati che gli occhi devono dire quello che la bocca non dice”. E oggi ovunque vado nel mondo sono per tutti Angelica.

Lei però è stata anche la musa di un altro grande: Federico Fellini. Com’era lavorare con l’uno e con l’altro?
Con Visconti era tutto preciso. Silenzio assoluto sul set. Con Fellini invece c’era sempre rumore, lui era spesso al telefono, non c’era sceneggiatura. Creava solo così. Uno mi voleva bruna, l’altra solo bionda. Insomma due persone agli antipodi.

Come sono stati gli inizi della Cardinale?
Assolutamente non da star. Del resto non mi sono mai sentita tale. Dopo l’incontro con Notarianni ho firmato un contratto di 17 anni con la Vides. Un’eternità. Era un contratto voluminosissimo, in esclusiva, e mi pagavano come una piccola impiegata. C’era specificato tutto: come dovevo portare i capelli, come mi dovevo truccare.

Quindi pur avendo mandato in visibilio orde di fan si definisce un’antidiva?
Beh, è vero che in molti mi hanno apprezzato. Mi ricordo alcuni episodi in particolare come il preside di una scuola femminile che mi chiedeva una mia foto per convincere le alunne a non tagliarsi i capelli, o un contadino francese che mi elencava tutto il bestiame che aveva incitandomi ad andare da lui e sposarlo che ormai si sentiva pronto, ma sono solo attestati di affetto e di stima. Io non mi sono mai sentita una star. Faccio le mie commissioni da me girando senza autisti e bodyguard. E se qualcuno prova a fare lo spiritoso ci pensano normali passanti a rimetterlo al suo posto.

Lei che ha vissuto il momento d’oro del nostro cinema che pensa dell’attuale situazione?
Sono arrivata quando sul set c’erano tutti i grandi e non ho mai chiamato nessuno né mi sono proposta. Sono sempre stati loro a contattarmi. Ricordo che mi telefonavano e pensavo: “Ma questi mi vogliono. Ma so’ matti?”. Credo che oggi invece il problema sia la mancanza di coproduzioni. Prima i nostri film viaggiavano. Le tivvù e i cinema di tutto il mondo li trasmettevano perciò i vari Scorsese e Coppola conoscono inquadratura per inquadratura i nostri capolavori.

Lavorando con tanta gente che conta non le è mai capitato di vedersi affibbiare liti o amicizie intime inesistenti?
Certamente. Mi ricordo in particolare due donne con cui la stampa mi voleva veder litigare: Sophia Loren e Brigitte Bardot. Ma gli andò male in entrambi i casi. Con Sophia ci stimiamo da sempre e con Brigitte c’era una bella amicizia. A volte pensavo avesse addirittura paura di me. Per esempio quando abbiamo girato Le pistolere io montavo a cavallo come un maschiaccio e lei aveva timore a seguirmi, ma doveva. Sono sempre stata una scavezzacollo. Ho voluto fare tutti gli stunt dei miei film. L’unica cosa che non volevo fare era spogliarmi. Richard Brooks, il regista di The professional voleva vedermi a torso nudo nella scena in cui Burt Lancaster mi strappava la camicia di dosso. Richard credeva che alla fine avrei ceduto, invece io andai alla Universal, dalla costumista di Marlene Dietrich e mi feci cucire un corpetto di velo da indossare sotto alla camicia. La scena venne benissimo.

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28 Marzo 2006

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