Prima udienza dibattimentale al Tribunale di Roma per il film di Daniele Ciprì e Franco Maresco Totò che visse due volte che tre anni fa, di questi tempi, venne denunciato per vilipendio alla religione di stato da quattro associazioni cattoliche di tendenze conservatrici e integraliste (“Famiglia domani”, “Associazione nazionale buoncostume”, “Militia Christi” e “Associazione genitori cattolici”). Una volta derubricato questo reato perché anticostituzionale, l’accusa è ricorsa all’espediente dei reati connessi, tra i quali l’offesa al culto dei morti, nonostante da gesuiti autorevoli come padre Pintacuda e padre Fantuzzi siano venuti attestati di stima e parole in difesa del film.
Ma questa accusa sarà dibattuta il 12 aprile, quando sarà affrontata la valutazione artistica e culturale dell’opera. Nel frattempo si è parlato oggi di tutt’altro cioè dell’accusa formulata dal pubblico ministero di tentata truffa. “Siamo rimasti un’intera giornata a discutere di un non reato, e cioè se il consuntivo fosse congruo rispetto al preventivo, tanto più che l’erogazione avviene a consuntivo, e non a preventivo, e il ministero mette un tetto di spesa sulla base di un preventivo e in più le società di certificazione, previste dalla legge, hanno dichiarato che tutto era in regola”. Così Rean Mazzone, il produttore del film, inquisito come i registi Ciprì e Maresco, oggi assenti, esprime il suo disappunto.
C’è qualcosa di paradossale in questa vicenda giudiziaria: una tentata truffa ai danni dello Stato a mezzo preventivo, per un fondo di garanzia mai erogato e comunque uno dei più bassi nella storia, pari a 1 miliardo e 170 milioni. Ma il pubblico ministero ripercorre con puntiglio, ai limiti della pedanteria, presenti sei testi, la procedura di selezione e di finanziamento dei film da parte del Dipartimento spettacolo, della Banca nazionale del lavoro, nonché l’operato delle società di certificazione con l’obiettivo evidente, ma arduo, di provare la tentata truffa in un film che, come ricorda il produttore, “è stato realizzato in totale economia con la troupe che ha accettato di lavorare con il minimo sindacale e che alla fine è costato meno di quanto preventivato”.
Tra gli ospiti dell’aula del Tribunale di piazzale Clodio c’è anche il critico e storico del cinema Tatti Sanguineti che, ottenuta l’autorizzazione a riprendere con due minuscole telecamere le fasi del dibattimento, prosegue la sua battaglia contro la censura iniziata con il progetto della Cineteca di Bologna Italia taglia, ora proposto in sei puntate da Telepiù: spezzoni censurati di film, testimonianze, interviste, documenti.
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