La storia del cinema, dal 1936 – quando gli stabilimenti di Cinecittà vennero edificati a tempo di record – ai floridi e ribelli anni della dolce vita, ma anche la storia della società italiana e la Storia dell’Italia tout court nel documentario Cinecittà – La fabbrica dei sogni di Emmanuelle Nobécourt, che passa al Biografilm, nella sezione Art & Music.
“Cinecittà, più di ogni altro Studio al mondo porta nelle sue mura la storia del Paese, dal fascismo all’inizio degli Anni 60 quando l’Italia diventa una grande potenza europea – racconta la regista, anche voce narrante. – Nel corso di 25 anni per mezzo del grande schermo si sono forgiati l’identità italiana e un mito ancora vivo. Prima di diventare il fiore all’occhiello del patrimonio culturale italiano, Cinecittà è stata concepita come l’ingranaggio principale di una macchina da guerra, il progetto megalomane di un uomo la cui ombra aleggia ancora sul posto, immutato dalla sua creazione. Benito Mussolini ha capito prima d’ogni altro che le immagini animate sono uno strumento potente, capace di supportare la sua ambizione politica. Dal suo arrivo al potere è protagonista dei cinegiornali come un capo giovane e moderno, capace di veicolare la rivoluzione fascista. Attraverso di essi, proiettati in tutta Italia costruisce la sua leggenda, portando il popolo ad aderire alla sua causa. L’arrivo del sonoro dagli Stati Uniti moltiplica la potenza delle immagini e Mussolini capisce il vantaggio che può trarne, sfruttando l’immenso potere del cinema di finzione. Il cinema può permettere all’Italia di affermarsi agli occhi del mondo come grande potenza industriale. E Cinecittà si ispira agli Studios di Hollywood con l’ambizione di fare ancora meglio. Un cantiere colossale iniziato nel ’36 e finito in soli 12 mesi. La città del cinema apre le sue porte nel maggio del ’37. Il suo nome rimane subito impresso nell’immaginario. L’ossessione di Mussolini è l’impero romano ed è proprio un peplum su Scipione l’Africano a inaugurare la produzione. Un autentico kolossal, un eccesso con un obiettivo politico: ostentare il rapporto tra la potenza dei Cesari e quella dell’era fascista. Scipione viene identificato senza ambiguità con il Duce stesso. Dall’inizio degli anni ’20 l’Italia è colonizzata da Hollywood mentre l’Italia non produce che una decina di film all’anno. Invertire questa tendenza sembra un rapporto di forza, ma fin dalla sua infanzia il figlio del Duce, Vittorio, è appassionato di cinema e ne farà il suo mestiere, come sceneggiatore e produttore. Nell’ottobre del ’37 Vittorio Mussolini viaggia a Hollywood nella speranza di firmare degli accordi, ma l’invasione dell’Etiopia, il sostegno di Mussolini a Franco e le leggi razziali, il culmine nel patto con Hitler, hanno affossato l’immagine dell’Italia a livello internazionale, dunque i Mussolini non sono i benvenuti negli USA, però Vittorio ha capito la formula del successo e la ripropone in Italia, nascondendo la propaganda sotto un piglio romanzesco, in Luciano Serra Pilota, con Amedeo Nazzari, sosia di Errol Flynn a rappresentare l’eroe fascista tipico, bello e senza macchia”. La storia prosegue attraverso i grandi momenti della Fabbrica dei Sogni, tra Rossellini e le Commedie, fino al cataclisma culturale scatenato da La Dolce Vita di Fellini, che aprirà alla stagione più luminosa di Cinecittà.
Con la ristrutturazione degli spazi che erano stati rifugio per gli sfollati nel primo Dopoguerra, Cinecittà attrae produzioni milionarie e star internazionali e qualcuno la definisce Hollywood sul Tevere.
“Cinecittà, liberata da ogni ideologia che l’ha concepita, ha infine realizzato il suo sogno: diffondere nel mondo il prestigio dell’Italia”, conclude Nobécourt.
Scritto da Jeanne Bural e dalla stessa regista, è prodotto da Martin Laurent per Temps Noir, coprodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra per Palomar DOC, produttore creativo Andrea Romeo, coprodotto con Cinecittà-Luce, con la partecipazione di France Télévisions e Ciné +.
A sostenere la narrazione, interviste a storici, intellettuali, registi e lo stesso Vittorio Mussolini, testimone prezioso della politica culturale e soprattutto sociale che passava per il finanziamento al cinema.
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