Il cinema e la politica, la dolcezza e l’intransigenza. Erano in tanti stamani in Campidoglio, Sala della Protomoteca, a salutare Francesco Maselli, il regista scomparso il 21 marzo all’età di 92 anni. Non un addio ma un semplice “Ciao, Citto”. Con le rose rosse di Stefania sulla bara avvolta dalla bandiera con la falce e martello, mentre una grande foto lo ritraeva con il pugno chiuso alzato.
Il “compagno regista” era salutato dall’Anpi, l’associazione del Partigiani, e dai militanti di Rifondazione comunista con i fiori e con il picchetto d’onore attorno alla bara. Già alle 10 del mattino tanti registi e colleghi sono arrivati per salutarlo e rendergli omaggio, da Marco Bellocchio a Paolo Taviani, da Valeria Golino a Giuseppe Tornatore. E ancora Donatella Palermo, Mimmo Calopresti, Giuseppe Piccioni, Marco Pontecorvo con la madre Picci, Emanuela Piovano, Francesca Comencini, Wilma Labate, Betta Lodoli, Francesco Ranieri Martinotti che ha preso il posto di presidente dell’Anac, per trent’anni guidata con passione e determinazione proprio dal regista romano. Poi naturalmente i rappresentanti della politica, la sua altra anima: Nichi Vendola, Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione, Luciana Castellina, Aldo Tortorella con un messaggio.
Non manca il ciak dei lavoratori di Cinecittà – partecipi e commossi – che augurano “buon viaggio” al maestro, che è stato accanto a loro in tante battaglie per la tutela del posto di lavoro quando era minacciato. E poi il gruppo compatto delle Giornate degli Autori, con Gaia Furrer e Giorgio Gosetti, proprio a Citto si deve la nascita della sezione veneziana fondata nel 2004 insieme a Roberto Barzanti ed Emidio Greco.
Per primo prende la parola l’assessore alla Cultura del Comune di Roma Miguel Gotor, anche in rappresentanza del sindaco Gualtieri. Tocca a lui tracciare un ritratto di questo protagonista del cinema italiano, ricordando che il soprannome Citto gli venne dato da Luigi Pirandello che frequentava casa Maselli in Via Sardegna e lo tenne sulle ginocchia ancora bambino. Pirandello era un ospite abituale insieme a tanti intellettuali e artisti, che contribuirono alla sua formazione come a quella della sorella maggiore Titina, importante pittrice. Gotor sottolinea l’identità di cittadino di Roma ma soprattutto quella di rivoluzionario, la dimensione collettiva del suo impegno. “Spero che la cultura italiana saprà ricordarlo come merita”, conclude.
Ken Loach ha inviato un messaggio: “sarà per sempre ricordato con gratitudine e affetto da coloro che hanno visto i suoi film e da chi condivide le sue idee”. Sacha Arlorio legge una missiva di suo padre Giorgio. Daniele Vicari rammenta il suo primo incontro con Citto. “Ero ancora studente e lo vidi salvare un ragazzo che si era chiuso in bagno all’università e voleva suicidarsi. Quel gesto mi illuminò su di lui. Negli stessi giorni il regista argentino Pino Solanas mi invitò a riflettere sul secondo Rinascimento italiano, quello che va dalla caduta del fascismo alla fine degli anni ’60 e di cui Maselli fu protagonista già con l’opera prima, Gli sbandati, uno dei più grandi film sulla seconda guerra mondiale. Mi ha insegnato che si può essere regista e militante ed è un regalo personale”.
Prende la parola Valeria Golino, che nel 1986 alla Mostra di Venezia vinse la Coppa Volpi grazie a lui con Storia d’amore. “Citto è stato un mentore, lo conobbi quando avevo 18 anni e fu una grande fortuna. Ero disordinata, distratta, ma anche pronta ad assorbire tutto, come una spugna. È rimasto sempre un punto di riferimento, mi ha indicato la via, mi ha insegnato a pensare con spregiudicatezza, con libertà. Ricordo quando mi regalò una Polaroid e ancora, in un periodo in cui ero malata, inchiodata a letto, mi donò degli occhialetti prismatici con cui riuscivo a leggere e vedere la tv da sdraiata. Con le sue magie ti cambiava la vita. Ma era anche durissimo. Una volta mi telefonò e mi disse: ‘Ho visto una tua foto sul giornale, ti sei imbruttita’. E io risposi sono invecchiata, come tutti, ma che mi telefoni per dirmi questo?”. Furio Colombo, da sempre suo amico, ne traccia un ritratto pieno di nostalgia. “Ricordo quando stavamo ascoltando alla radio le notizie sul Sessantotto francese. Era un militante politico implacabile e una persona estremamente dolce. Il compagno ideale di tutta una vita”. L’ANAC ricorda “la sua assoluta dedizione, l’attivismo e la passione con cui ha condotto le battaglie a favore degli autori, del cinema indipendente e più in generale per i diritti civili. Le lotte per l’ affermazione della democrazia nell’Italia uscita dal fascismo, quelle a favore della libertà di espressione contro ogni forma di censura, per le riforme del cinema pubblico, la Biennale di Venezia, la Rai, in difesa di Cinecittà dalle tante speculazioni edilizie o a sostegno dei diritti dei lavoratori dello spettacolo, quelle per l’eccezione e la diversità culturale in Europa”. E promette: “Ci impegneremo affinché le generazioni future lo conoscano, ne imparino il grido per affermare che il cinema non è un prodotto ma un percorso, un’avventura”.
“Citto è una di quelle persone che non associ mai all’idea della fine. E’ sempre stato un uomo profondamente impegnato, una figura unica nella cultura, nella politica, sempre coerente con le proprie idee. Sempre innovativo e non fazioso, come invece qualcuno lo dipingeva, era molto aperto alla dialettica”, dice Giuseppe Tornatore che si sofferma in silenzio accanto alla bara. “Citto era un uomo speciale, un amico che ci mancherà perché sapeva sempre essere pronto al confronto con ciò che di importante accadeva intorno a noi – aggiunge Tornatore -. Aveva un sorta di sensore, la capacità di metterci in guardia sui pericoli del nostro vivere”. Per Marco Bellocchio, accompagnato da Francesca Calvelli, “era un grande regista, un intellettuale, politico e militante, sempre coerente con le proprie idee. In particolare mi incantava con i suoi ricordi, lo ascoltavo per ore e ore, con i racconti sulla Resistenza, aveva conosciuto tutti, mi aveva detto che a tre anni era stato tenuto in braccio da Pirandello”. Bellocchio lo ha sempre ammirato “per il suo rigore, la sua scelta stilistica anche negli ultimi film che ha fatto. La sua era una ricchezza. non potremo più godere della storia come sapeva raccontarla”.
Infine Maurizio Acerbo annuncia la volontà del regista e di Stefania Brai di inviare, nel prossimo container con gli aiuti per Cuba, anche la sedia a rotelle utilizzata da Maselli dopo l’ictus che l’aveva colpito.
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