Che ti resta di un festival? la borsa


Domani parto, il ruolo cambia repentinamente. Da spettatore sarò vittima, da pubblico diventerò oggetto delle visioni, da critico ridiventerò criticato. Speriamo, a Tokyo, di trovare qualcuno più bendisposto di me…
E’ ora di bilanci. Nel mio caso, bilancini. Cosa ti rimane di un festival? Cerchiamo nei ricordi di questi giorni.

Mi rimane la scoperta di una Roma animata da cinefili come da tempo non si vedeva. Gente che va a vedere film, si dà appuntamento al cinema, fa programmi sui prossimi film, discute di film. E’ così che vorremmo fosse il mondo, sempre e comunque. Anche perché “teniamo famiglia”…
Mi rimane il ricordo del bel film (non documentario) di Giagni sulla sartoria Tirelli, e il rimpianto per non aver visto nessun capolavoro (ma tutti mi dicono che il film di Scorsese è bellissimo, e quindi è colpa mia).
Mi rimane il ricordo della domenica, piena di gente e con quel clima da “Fiera del Levante” che soltanto un barese può conoscere. Certo, senza l’ombra dello zucchero filato e del suo profumo, ma del resto siamo ad una festa di cinema…
Mi rimangono le tantissime chiacchiere fatte dopo aver visto i film, con tante persone che non vedevo da tempo. Che è come ritornare ai vecchi tempi di cui ci raccontano i nostri padri registi, di quando ci si incontrava in trattoria, si parlava, ci si scambiava le idee, ed i film erano bellissimi. Qui, non c’è stato neanche bisogno di spendere i soldi di una cena, e la dieta è salva, quindi…
Mi rimangono le parole del convegno organizzato dall’API sul “mio miglior nemico”, cioè sui rapporti produttori ed autori, dove invece tutti erano innamorati gli uni degli altri, e tutti si facevano grandi apprezzamenti, e tutti volevano lavorare insieme, ma poi i produttori dicevano che avevano copioni stupendi che nessun regista voleva fare, perché ci sono solo Autori con la A maiuscola, che però sono quelli che tutti loro cercano di accaparrarsi per fare i soldi, e allora io ho notato che purtroppo a me nessuno mi ha mai fatto leggere bei copioni, e che per questo che faccio l’autore, però gli altri registi non si sono risentiti…
Ma soprattutto ti rimangono tante borse. Sì, perché ogni festival è almeno una borsa in più. Di tutti i tipi, di tutte le dimensioni, di tutte le fogge. Ad una proiezione, Marina Di Berti, famosa agente di famosi attori, proponeva di farne un museo, accorpando le collezioni che ognuno di noi ha, e che non si sogna di gettare via.
Di questo festival mi rimane la borsa-spettacolo del convegno API, una sacca da ginnastica che faceva venire a galla i sensi di colpa di tutti i registi sedentari, e ci invitava a frequentare le palestre come luogo sostitutivo dello zavattiniano tram.
Mi rimane la superba borsa ufficiale della Festa di Roma, dalle dimensioni più piccole del normale (per fortuna!!!) sobria ma elegante. Che è già la sacca per la danza di mia figlia Emma, che, lei sì, frequenta palestre e scuole di danza. Passando già per cinefila incallita. Cosa che è già quasi vera.
A noi, non resta che passare al prossimo festival, e attendere la prossima borsa.
Arrivederci a presto, e aspettatevi un diario giapponese.
Ciao a tutti.

20 Ottobre 2006

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