VENEZIA – Jacques Demy e la musica elettronica, l’amore infranto sugli scogli dell’ambizione e il sogno di diventare una star, i tramonti di Los Angeles in cinemascope e gli ingorghi inestricabili sulle highway urbane: la 73ma Mostra gioca subito il jolly con il musical di Damien Chazelle che inaugura il festival (ma corre anche per il Leone d’oro). La La Land si è meritato anche un applauso a scena aperta dopo la prima sequenza, una coreografia acrobatica e coloratissima tra le auto ferme all’ora di punta in una Los Angeles dove contemporaneo e classicità convivono. Il film, in sala dal 26 gennaio con 01 Distribution e Leone Film Group, sicuramente tra i protagonisti della prossima edizione degli Oscar, ha due protagonisti impeccabili in Ryan Gosling ed Emma Stone, belli, romantici e segnati da una vena di tristezza, come se fin dall’inizio sapessero che non può funzionare. Lui è Sebastian, un musicista che vuole suonare solo il jazz anche se ormai è fuori moda, lei è Mia, aspirante attrice e scrittrice frettolosamente bocciata ai provini che si guadagna da vivere servendo cappuccini alle star. Due sognatori ambiziosi arrivati dalla provincia nella mecca del cinema, destinati ad amarsi anche se al primo incontro si mandano a quel paese.
Damien Chazelle, il 31enne di Providence rivelato dalla sua opera seconda Whiplash che gli ha fruttato diverse candidature e qualche Oscar, ci ha messo anni a portare in porto questo progetto, anche perché il musical a Hollywood – pur con le dovute eccezioni – non va per la maggiore o comunque non in mano a un quasi esordiente. Ed è stato poi il successo inatteso di Whiplash – a partire dal premio vinto al Sundance – ad aprirgli tante porte. La La Land ha la musiche di Justin Hurwitz, amico di università (all’epoca viveva in un appartamento completamente vuoto, a parte il pianoforte e un poster di Singing in the Rain) e suo collaboratore già in Whiplash: una tessitura che paga il suo tributo ai classici alla Stanley Donen, ma si muove tra il jazz e lo spirito europeo, fra tutti di Les parapluies de Cherbourg. “Condivido la malinconia di Demy – dice il regista – i film più romantici sono quelli in cui gli innamorati si separano ma continuano a condividere i loro ricordi”. Chazelle, che aveva esordito proprio con il musical Guy and Madeline on a Park Bench, nel 2009, racconta la sua idea di rivisitazione del genere: “Volevo prendere il vecchio musical ma metterlo dentro la vita reale, dove il finale non sempre è roseo, anzi quasi mai. Oggi più che mai abbiamo bisogno di vedere la speranza e l’amore attorno a noi. I film sono il linguaggio dei sogni. E’ vero che mettersi a cantare viola le regole del realismo, ed è per questo i musical sono atemporali, sono le emozioni a dettare le canzoni che così non risultano forzate. Oggi possiamo tornare indietro a quelle tradizioni e metterci le emozioni e le frustrazioni del presente. Se ci diamo questa possibilità poi però abbiamo una grande responsabilità, quella di andare fino in fondo”.
Per la 27enne Emma Stone – la giovane musa di Woody Allen in Magic in the Moonlight e Irrational Man, nomination per Birdman – la cosa è molto seria, tanto da avere quasi una funzione pedagogica. “I giovani devono comprendere che bisogna abbandonare il cinismo che va tanto di moda, occorre porsi degli obiettivi e perseguirli seriamente, lavorando duro, non serve scherzare su tutto, criticare sempre tutto”. Per lei il musical è addirittura una passione d’infanzia: “Avevo visto I miserabili a 8 anni e mi aveva entusiasmato, immaginavo di potermi mettere improvvisamente a cantare”. Con Ryan Gosling, assente da Venezia perché impegnato sul set del nuovo Blade Runner, aveva già recitato in altri due film: la commedia Crazy, Stupid, Love del 2011 e Gangster Squad nel 2013, la sintonia tra loro è perfetta, la chimica non lascia indifferenti. “Ma ballarci insieme è stata un’altra cosa. E’ solo ballando che conosci davvero una persona, e lui è bravissimo a condurre le danze”. Mentre col personaggio di Mia dice di condividere qualche provino andato storto, qualche piccola umiliazione d’inizio carriera, ma “niente di così devastante”.
Chazelle racconta di essere in Italia già da una settimana: “Amo molto l’Italia, la cultura, il cinema e il cibo italiano e la Mostra di Venezia era un mio sogno da sempre”. Mentre era qui ha letto di Amatrice e manda un pensiero alle vittime del terremoto a cui la produzione di La La Land farà una donazione.
Per il giovane regista questo è un film molto personale, intriso di esperienze autobiografiche. “Vivo a Los Angeles da nove anni e vi assicuro che quando non conosci molte persone, le tue giornate lì non sono facili, non è una città amichevole e incarna tutti quei cliché che conosciamo: il traffico, le celebrità, i panorami… Ma c’è qualcosa di molto poetico in un luogo costruito con i sogni, a volte mal riposti, di tante persone. Così ho cercato di andare oltre le apparenze, di avere uno sguardo nuovo sulla città, come quando la vedi per la prima volta. Per esempio ho girato quasi sempre tra le sei e le sette del pomeriggio, verso il tramonto”. Qualche volta ha dovuto dare lo stop perché il sole era sparito. E a proposito di traffico, ecco un altro omaggio all’Italia, patria degli ingorghi. “A volte pensavo di veder sbucare da una macchina Marcello Mastroianni. Beh, per salvarsi dal traffico l’unico mezzo è la fantasia”.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"