Charlotte Rampling, il dramma segreto di essere madre


“Ogni madre conosce quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare perché va oltre il senso comune di quel legame primordiale”. Alina Marazzi è in competizione a Cinemaxxi con Tutto parla di te, la sua prima opera di finzione. In realtà ancora impregnata del suo stile inconfondibile e soprattutto della ricerca che l’ha contraddistinta fin dall’esordio, folgorante, con Un’ora sola ti vorrei, quella del rapporto tra una madre e una figlia, giocata anche nella lacerazione dell’assenza o della rabbia a lungo covata. All’ambivalenza materna (ma anche a quella filiale), per lei quasi un’ossessione, è dedicata in un certo senso una trilogia che comprende pure Vogliamo anche le rose sulle radici del femminismo e della complicità femminile. Ne è convinta la produttrice svizzera Elda Guidinetti, che insieme a Gianfilippo Pedote e Rai Cinema ha messo in piedi il progetto, sostenuto tra gli altri dal MiBAC, da Eurimages, da Fip (Film Investimenti Piemonte) e dalla Film Commission Torino Piemonte.

 

E proprio a Torino, sua città natale, torna Pauline dopo un lungo soggiorno all’estero. Riallaccia l’amicizia con Angela che dirige un Centro per la maternità, dove incrocia Emma, una giovane danzatrice che si sente schiacciata dalla nascita del suo bambino, allontanata dal palcoscenico che ama, sola al mondo di fronte a questo essere che impone i suoi tempi e i suoi bisogni. Il film racconta dunque il doppio dramma di Pauline ed Emma con largo uso anche di interviste vere, materiali d’archivio e qualche interessante spunto di animazione.

 

“Il documentario non era sufficiente per affrontare questo tema, ma la sceneggiatura, scritta con Dario Zonta, deriva come i miei film precedenti, da una ricerca sul campo con molte interviste in video fatte alle neomamme”, dice la cineasta milanese, che ha “concepito” questo progetto quattro anni fa, prima di film sullo stesso argomento, come Maternity blues e Quando la notte. “Evidentemente i tempi ispirano gli autori a riflettere su alcuni temi, di cui spesso si tace, ma credo che rispetto a quei due lavori, di approccio più classico, il mio tenti l’apertura a piani narrativi diversi”.

 

Convinta sostenitrice dell’impresa è Charlotte Rampling, la grande attrice inglese che ha il ruolo dell’introversa, fredda Pauline. “Il film è un viaggio e una ricerca, tutt’altro che un percorso lineare. Alina è un’artista e abbiamo lavorato insieme a questo progetto a cui anch’io ho dato il mio contributo. Per ragioni personali questa storia mi coinvolgeva molto”. Ammette Elena Radonicich (Emma): “Non sono madre e per me è stato complesso entrare in questo ordine di idee. Ho parlato con tante donne e poi ho dovuto costruire con l’immaginazione questa cosa, ma alla fine è stato affascinante e costruttivo non solo come attrice… Mi ha tolto molte paure, mi ha liberato dall’ansia di poter un giorno diventare madre e poi avevo un disagio reale nel rapportarmi con un bambino molto piccolo, disagio che ho trasferito al mio personaggio”. Racconta ancora Charlotte: “Essere madre è qualcosa che non possiamo comprendere finché non siamo confrontati con una realtà che può travolgerci. La tua vita cambierà per sempre a causa di questa piccola creatura che non ti abbandonerà mai. Io sono madre di tre figli e con loro ho avuto un rapporto bello, terribile, fantastico e atroce”.

 

Alina racconta come è arrivata a pensare alla musa di Liliana CavaniFrancois Ozon e Gianni Amelio. “Mentre scrivevamo, sognando a ruota libera, avevamo pensato a lei, che poi ci ha detto effettivamente di sì quando l’incontro c’è stato. Pauline è una donna che appare dimessa, che non esalta la sua bellezza, si nasconde e forse nasconde un segreto. Poi, la sua chiusura, nel fare i conti col proprio passato, si scioglie. E’ una donna fragile, severa ma anche di estrema dolcezza. Una straniera che ritorna e si riappropria della sua lingua, aspetto che contiene anch’esso un elemento di fragilità. Charlotte Rampling per me rappresentava una donna libera e fuori dagli schemi, che è stata capace di fare le sue scelte. Lei è un modello per me che amo descrivere personaggi che si trovano a disagio nei modelli femminili predefiniti”.

Un’autonomia creativa, la sua, che le ha permesso di continuare a lavorare senza sosta oltre la soglia dei 60 anni. “Forse perché non sono né disperata all’idea di non recitare né fissata col restare giovane a tutti i costi o voler essere la protagonista assoluta del film. Quando invecchi devi trovare altri modi di essere, come donna e come attrice. Per me anche un ruolo piccolo, da 10 minuti, in un film rilevante, vale la pena di essere interpretato. Certo, a 30 o 40 anni una donna è più sexy, ma anche alla mia età si può avere un certo magnetismo”.

 

Tutto parla di te sarà in sala dall’11 aprile con la Bim. E Cecilia Valmarana (Rai Cinema) auspica che possa andare in onda con l’attenzione dovuta sui canali della tv pubblica.

autore
15 Novembre 2012

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