VENEZIA. Applauditissimo alla proiezione stampa, la commedia noir e un po’ pulp Killer Joe di William Friedkin, è già cult al Lido per una scena forte: quella in cui una donna è costretta a simulare un rapporto orale con una coscia, o meglio zampa, di pollo. Chris, Emile Hirsch già apprezzato interprete di Into the Wild, è un giovane spacciatore nei guai seri per una partita di droga rubata dalla madre. Decide, insieme al padre (Thomas Haden Church) e alla sua nuova partner (Gina Gershon), di commissionare a Joe (Matthew McConaughey), detective della polizia e killer extra lavoro, l’omicidio della madre per intascare la consistente polizza sulla vita della donna. Ma il sicario chiede il pagamento anticipato e Chris è costretto a dare in ‘deposito’ Dottie (Juno Temple) la graziosa sorella minore, ancora vergine, in attesa di incassare l’assicurazione. Tutto sembra filare liscio, sembra…
Il film è tratto dalla pièce di Tracy Letts che ha debuttato a Chicago in teatro nel 1998 e da allora è stata allestita in 15 paesi e 12 lingue diverse. Tracy Letts ha firmato lo script di un altro film di Friedkin, Bug, inoltre ha vinto nel 2008 il premio Pulitzer per la Drammaturgia con “August: Osage County”, di cui sta scrivendo la sceneggiatura per la Weinstein Company.
Letts dice di essersi ispirato allo scrittore di storie pulp Jim Thompson e a un episodio di cronaca avvenuto in una famiglia della Florida: mamma e figlio trafficanti di droga, ma quando il giovane scopre che la madre gli ha rubato una partita di cocaina, decide insieme al padre di ucciderla.
Per il regista di film famosi come Il braccio violento della legge e L’esorcista si tratta di una bizzarra favola. In fondo la giovane Dottie vuole andarsene da una famiglia inesistente e sbandata dove il denaro è in cima ai pensieri di tutti i componenti. “Killer Joe è un po’ una storia come quella di Cenerentola, ma il Principe azzurro è un killer a pagamento, nonché sceriffo del dipartimento di polizia – dice il filmmaker e poi scherzando – anche Jeanne Moreau, mia ex moglie, cercava il Principe azzurro e ha trovato me”.
Lo sceneggiatore ammette di non aver mai pensato che i suoi testi potessero essere trasferiti sul grande schermo. “Io e Friedkin non commentiamo i personaggi di Killer Joe, siamo un po’ affezionati a loro nonostante le cose sconvenienti che combinano, in fondo sono animali come tutti noi”.
Friedkin guarda il mondo nello stesso modo critico di Letts, entrambi vedono le medesime cose nel comportamento umano e spesso le trovano divertenti. “L’humour nero del mio film è già nel testo di partenza, qualcuno potrebbe non trovarlo divertente come lo sono Totò e Benigni. E’ più vicino a quel che suscita il discorso di un politico americano che in tv dichiara quello che farà per la sua nazione. Ecco appena lo ascolto mi viene da ridere perché non dice la verità”.
In chiusura del suo spumeggiante incontro con la stampa, “volete che vi canto un canzone italiana, magari ‘Volare’?”, il regista rivela la sua passione per il cinema di Fellini e Antonioni. E il cinema americano che ama di più? Quello dei fratelli Coen e di Kathryn Bigelow. Già mai tra i produttori di Killer Joe c’è Nicolas Chartier che ha prodotto il premio Oscar The Hurt Locker. E poi c’è l’amore per l’opera lirica che lo porterà presto a Firenze per allestire al Maggio Fiorentino “The Metropolis Case”, diretta da Zubin Mehta.
Da ricordare che la pièce di Letts è andata in scena lo scorso anno a Roma, con un testo che sostituisce il sottoproletariato urbano texano con quello della periferia di Roma, per la regia Massimiliano Farau e con protagonista tra gli altri Francesco Montanari, ‘il libanese’ nella famosa serie tv “Romanzo criminale”.
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