Cavani: “Di Francesco c’è ancora bisogno”

Liliana Cavani racconta San Francesco - in anteprima su Rai Premium, domenica 7 dicembre ore 16.15 - è invece uno speciale intervista realizzato da Nicole Bianchi con la regia di Paola Montali


“Francesco è attualissimo, è il tipico inattuale perché è sempre attuale”: questo è l’ultimo personale, ermetico, affascinante – poi, snocciolato nel racconto – pensiero con cui Liliana Cavani mi ha lasciata a conclusione dell’inedito e generoso incontro vis à vis in cui, prendendo a “pretesto” la sua ultima messa in scena, Francesco – in onda lunedì 8 e martedì 9 dicembre su Rai Uno in prima serata – ha raccontato l’incanto e la perenne curiosità che, per tre volte, l’hanno condotta a indagare e proporre il profilo del Santo di Assisi.

Liliana Cavani racconta San Francesco – in anteprima su Rai Premium, domenica 7 dicembre ore 16.15 – è titolo e cuore dell’intervista-documentario che, con Paola Montali, regista, abbiamo raccolto nell’incontro esclusivo con questa ottantaduenne signora del cinema, il cui tempo anagrafico incide solo nell’opportunità di una conoscenza vissuta della Storia contemporanea, spinta naturale e imprescindibile di tutte le sue tre produzioni dedicate a San Francesco: “Volevamo un Gesù nero”, questo lo spirito con cui giunse a dirigere il primo Francesco d’Assisi (1966) con Lou Castel, a cui, racconta, non ebbe nemmeno bisogno di fare un provino, tanto fu attratta e convinta immediatamente da quel volto visto solo nell’opera prima – I pugni in tasca (1965) – di un prodigioso ventiseienne Marco Bellocchio: mossa e pervasa dalle lotte contro il razzismo, dalla figura di Martin Luther King, dall’amicizia con comunanza di visione con “Pier Paolo”, come con dolcezza Liliana Cavani si riferisce a Pasolini. Con la complicità di Ludovico Alessandrini e la silenziosa fiducia del direttore Guglielmi, riuscì per la prima volta a dare vita a quello che per lei è “una specie di rifugio, una specie di luogo dove trovare delle risposte”. 

Trascorrono poi poco più di due decenni finché un nuovo fermento storico, sintetizzato dalla caduta del Muro di Berlino, sollecita per la seconda volta Liliana Cavani a raccontare Francesco, che nell’edizione del 1989 nacque tra la visione de L’anno del dragone (Micheal Cimino, 1985) e una pizza d’asporto mangiata sulla “impolverata” moquette di un alberghetto bruttino del profondo cuore degli Stati Uniti, dove andò ad incontrare quello che per Liliana Cavani è l’interprete più straordinario nel panorama degli attori contemporanei, Mickey Rourke, il suo secondo Francesco. 

Nell’immaginario comune Liliana Cavani viene raccontata come una signora riservata, schiva, poco incline alla confidenza emotiva: sul set di Francesco, questo ultimo – interpretato dal polacco Matheusz Kościukiewicz, da Sara Serraiocco, volto del film-caso Salvo, qui Chiara, e da Vinicio Marchioni, nel ruolo di Elia – ricordo quando quest’estate, sotto un sole che bruciava sterpaglie e persone, sui monti di Tolfa, oppure nel surreale silenzio della chiesa di San Lorenzo al Verano, la osservavamo dirigere e sì, certo era autorevole. Non autoritaria. Così anche quando eravamo in quell’ovattata sala montaggio – dominate dallo scorrere delle immagini giganti del film in edizione – e sembrava di “averla tutta per noi” ne abbiamo sfiorato l’autorevolezza, incantevole, ma per una imprevista alchimia abbiamo avuto la sensazione, che ci sembra respiri anche nella restituzione audiovisiva, di guardare e ascoltare una Liliana Cavani destrutturata nella sua espressione seria, perché abbiamo guardato e registrato ripetuti sorrisi, luminosità espressiva, e un accoramento affettuoso, malinconico a tratti, in tutto il racconto in cui con forza ha testimoniato che di “Francesco c’è bisogno, anche in chiave economica e poetica” nel nostro critico tempo presente.

autore
05 Dicembre 2014

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