“Tre anni fa lavoravo al settore maschile del carcere di Vigevano e sono passato a quello femminile di alta sicurezza”, ha esordito il regista Mimmo Sorrentino presentando il progetto “Educarsi alla libertà” e il documentario Cattività di Bruno Oliviero. “Un giorno – ha proseguito durante l’incontro al Ministero di Giustizia – una detenuta mi ha detto ‘Io i fatti miei non li voglio raccontare’ e ho capito subito che, anche se sosteneva il contrario, mi stava dicendo tantissimo di sé. Allora mi sono chiesto come raccontare queste donne”. Un “come” che il regista teatrale Mimmo Sorrentino ha trovato 3 anni fa, realizzando, insieme alle detenute della casa di reclusione di Vigevano, lo spettacolo “L’infanzia dell’alta sicurezza”, all’interno del progetto di teatro partecipato “Educarsi alla libertà”.
Un’iniziativa sostenuta dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, dal Coordinamento Nazionale Teatro Carcere e dal Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma Tre, che nel 2014 hanno firmato la prima convenzione per favorire lo svolgimento delle cosiddette attività trattamentali all’interno delle case penitenziarie (iniziative sportive, teatrali, ricreative, religiose, culturali), l’attivazione di seminari e corsi di formazione del personale carcerario, la celebrazione della Giornata Nazionale del Teatro in Carcere, la promozione e la sensibilizzazione al tema della “rieducazione” dei detenuti e tanto altro.
Prima che lo spettacolo “uscisse” dal carcere, ha raccontato Sorrentino, bisognava porsi il problema delle vittime delle detenute di alta sicurezza – tutte incriminate per associazione mafiosa – tanto da rivolgere l’invito a uno dei massimi studiosi di criminalità organizzata, Nando Dalla Chiesa, docente ordinario alla Statale di Milano e vittima di mafia, il quale, una volta visto lo spettacolo, ha scritto su Il Fatto Quotidiano: “quelle donne, anche se non denunciano, non tradiscono, possono diventare un fatto esemplare per il paese”. Dopo di allora, “L’infanzia dell’alta sicurezza” è uscito dal carcere e ha avuto un enorme successo nei teatri, tanto da attirare 6.000 spettatori in tutta Italia, tra Milano, Vigevano, Torino, Roma e Bologna, grazie al permesso di uscita per “necessità con scorta” (di solito ottenuto per motivi medici), concesso dai magistrati alle detenute, alla luce dell’articolo 27 della Costituzione che afferma la necessità della “rieducazione del condannato”.
Un’educazione alla libertà diffusa che il regista Bruno Oliviero ha raccontato nel documentario Cattività, a cura di Luca Mosso, Bruno Oliviero e Mimmo Sorrentino, con direttore creativo Leonardo Di Costanzo e prodotto da Quality Film e Rai Cinema. Un’opera che nasce dalla necessità di “diffondere la possibilità di ripercorrere la vita di chi ha sbagliato, metterla in ordine, per cambiare i destini”, ha spiegato il regista, aggiungendo che l’effetto di “circolazione dei destini” è dovuto al fatto che ogni detenuta non racconta la propria storia, ma quella di un’altra. “Il film è una storia sociale d’Italia – ha detto Oliviero – perché oltre a documentare gli spettacoli teatrali, racconta i retroscena dell’iniziativa di Sorrentino”, rappresentando un prolungamento ideale di Nato a Casal di Principe, presentato a Venezia, in cui il regista ha raccontato un altro aspetto della criminalità organizzata.
Un progetto di cui andare fieri secondo il direttore del carcere di Vigevano Davide Pisapia, che ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento del personale penitenziario, che prende parte alle prove e segue le detenute anche in trasferta. Nell’ottica di contaminare il carcere con il mondo esterno, ha detto Roberto Piscitello, il Direttore Generale Detenuti e Trattamento, per restituire alla società degli individui migliori di quando sono entrati in carcere, anche grazie all’interesse dei registi che riescono a puntare l’obiettivo sulla zona grigia del carcere.
Uno strumento di liberazione, secondo il docente dell’Università degli Studi di Roma Tre Marco Ruotolo, che insieme alle sue classi l’anno prossimo sarà al Palladium di Roma per assistere allo spettacolo di Mimmo Sorrentino “Sangue”, in cui le detenute ripercorreranno gli episodi cruenti che hanno vissuto in passato. Cui seguiranno “Benedetta”, che andrà al festival di drammaturgia Teatri di primavera a Castrovillari, e “Scappa” che sarà messo in scena alla 40esima edizione di Asti Teatro, uno spettacolo realizzato insieme a una quindicina di detenuti della Casa di Reclusione di Asti, tra cui alcuni parenti delle donne di Vigevano.
A concludere l’incontro, Mauro Palma, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che ha parlato di “recupero di soggettività” per i detenuti che fanno teatro in carcere e Santi Consolo, il capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) che ricordato i traguardi lusinghieri dell’Italia, in cui ben 156 istituti su 190 organizzano attività teatrali, che hanno come effetto anche la riduzione dell’isolamento dei detenuti. Un trend positivo che richiede una collaborazione costante con le istituzioni, hanno ribadito Tiziana Coccoluto, il Vice Capo di Gabinetto Vicario del MiBACT, che ha proposto l’organizzazione di uscite culturali per i detenuti, nei musei e nei parchi archeologici italiani, e il Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia Gennaro Migliore, che ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento del Ministero della Giustizia nella messa a sistema del progetto “Educarsi alla libertà” e ha esteso l’invito a tutte le istituzioni a “rompere il muro di paura verso il carcere”.
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