Là dove le famiglie e le istituzioni si arrendono, è il cuore di un pugno di volontari a trovare la strada per un recupero di adolescenti autistici con disturbi molto gravi, ragazzi aggressivi e autolesionisti, che a volte hanno solo la violenza come mezzo per esprimersi. Dopo aver chiuso il Festival di Cannes 2019, ed aver vinto il Premio del Pubblico a San Sebastián, passa ad Alice nella città per approdare in sala con Europictures e Lucky Red dal 29 ottobre The Specials – Fuori dal comune. nuova commedia del duo registico composto da Olivier Nakache e Éric Toledano, quelli di Quasi amici per intenderci.
Rigorosamente basato su storie vere, mette due attori sperimentati e famosi come Vincent Cassel e Reda Kateb in un contesto reale, quello di due associazioni parigine che si occupano dei casi gravi, tra ippoterapia, laboratori teatrali e tentativi (andati a vuoto) di inserimento nel mondo del lavoro. E non manca l’indagine dell’Istituto superiore della Sanità che contesta metodi poco ortodossi e assenza di formazione degli educatori, tutti presi dalla strada, ovvero dalle aree più disagiate della città per inserirli in un mestiere (anche per loro è un recupero).
Il film, pur concentrandosi su Cassel e Kateb per la parte di commedia, segue ogni personaggio da vicino, dando a ciascuno la possibilità di un ‘assolo’: al ragazzone ossessionato dalle lavatrici e dalla mamma, che vorrebbe “sbattersi”, al giovane autistico costretto perennemente dentro un casco per evitare che si spacchi la testa contro il muro, alla ragazza che appena può scappa a perdifiato. L’ebreo Bruno e l’islamico Malik – in barba alle divisioni religiose – cercano di alimentare una piccola utopia, senza scopo di lucro, con i telefonini perennemente accesi e zero vita privata, con non poche crisi di scoraggiamento e l’orgoglio della propria missione.
Il progetto nasce da una conoscenza diretta: “Frequento da anni Stéphane Benhamou, interpretato da Vincent Cassel – spiega Toledano – un uomo che ha creato l’associazione Le Silence des Justes e ci ha parlato delle enormi difficoltà che aveva quotidianamente con bambini e ragazzi autistici. Da quello spunto abbiamo intrecciato finzione e realtà in una storia che 15 anni fa non saremmo stati in grado di realizzare, per la delicatezza dei temi. Siamo andati oltre rispetto a Quasi amici, che era l’adattamento di una storia vera all’interno della nostra visione, qui abbiamo fatto incontrare due universi trasformando in attori gli educatori e gli autistici”.
Reda Kateb, attore francese di origine algerina celebre per film come Il profeta, Tutto sua madre e Django, racconta di essersi preparato al ruolo di Malik, a partire dalla realtà: “Ho incontrato Daoud Tatou, cercando l’interiorità, l’intensità e l’energia che sprigionava da lui più che imitarne gli aspetti esteriori. Il suo è uno sguardo particolare verso questi ragazzi, non esprime pietà o giudizi. In questa storia tutti sono speciali e fuori norma, sia i giovani autistici che i volontari. Questo progetto è un’avventura umana più forte del cinema”. E’ ancora Toledano a spiegare il modo di lavorare peculiare del duo registico: “La grande forza del cinema è il tempo. Viviamo nella società dell’immediato, nel flusso continuo di informazioni su internet e sui social network, non abbiamo mai il tempo di analizzare. Invece il cinema può farlo, così è stato per noi con un anno di osservazione e laboratori teatrali. Quando tutti si sono sentiti pronti abbiamo girato”. Nakache aggiunge una riflessione sulla pandemia: “Qualche mese dopo l’uscita nelle sale francesi, è esploso il coronavirus, è stato un rivelatore dei problemi della nostra società, li ha amplificati. Spesso le persone meno pagate si sono rivelate le più necessarie: gli infermieri, i netturbini, gli educatori. Come ci occuperemo dei più vulnerabili della società? ci siamo chiesti. Le famiglie con bambini disabili hanno avuto problemi enormi, stare chiusi in casa con un adolescente che spacca tutto è drammatico. Ma in Francia c’è stata una grande mobilitazione, tanti volontari hanno contattato grazie al film Dauod Tatou e Stéphane Benhamou rendendosi disponibili ad aiutare”.
E’ ancora Toledano a riflettere sul senso complessivo del film, quello dell’integrazione a tutti i livelli. “Non è solo un lavoro sull’autismo. A noi piace raccontare delle utopie sociali. Anche se sono storie straordinari e improbabili, come in Quasi amici o Samba, sono un piccolo seme, che può alimentare le cose positive. L’eccezione mostra che una strada diversa è possibile, non vuol dire che crediamo ancora a Babbo Natale, ma, come diceva Boris Vian, questa storia è vera perché l’ho inventata”.
Kateb lancia un paragone con il nostro cinema: “Noi tre siamo mediterranei e imbevuti di cinema italiano nel modo di guardare la gente del popolo, la povera gente. Uno dei miei film preferiti è L’oro di Napoli, un film che dimostra che la vera ricchezza, l’oro, sono le persone dei quartieri popolari e non il denaro nascosto nel caveau della banca”.
“In Italia lo sapete bene – aggiunge Toledano – la commedia permette di far comprendere qualcosa che potrebbe essere preso per sentimentale e sdolcinato. Magari la prossima volta ci metteremo un pizzico in più di cattiveria, come facevano i grandi attori alla Gassman”. E Nakache racconta infine che il film ha fatto da acceleratore rispetto alla situazione dei disabili in Francia. “Era considerato un problema non prioritario, ma il film ha richiamato l’attenzione e le istituzioni si sono mobilitate, c’è stata una proiezione in Parlamento, un’altra all’Eliseo con il presidente della Repubblica. Alla fine Le Silence des Justes, pur con uno statuto di struttura sperimentale, ha ottenuto maggiori risorse”.
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