Carmine Amoroso: “Elogio del porno, inno alla gioia”

Sesso, rivoluzione e censura nell’Italia degli anni '70. A Bologna l’anteprima italiana del doc di Carmine Amoroso, dal 24 giugno in sala vietato ai 14 anni


BOLOGNA – “Porno”, diminutivo di pornografico. Una parola che in Italia fa ancora venire le bolle. Ne sa qualcosa Carmine Amoroso, sceneggiatore e regista italiano che, per realizzare il suo Porno e libertà – doc che tenta di ricucire i legami tra il mondo dell’hard e la rivoluzione politica e sessuale dei ’70 in Italia – ci ha messo sei anni e una lunga fila di porte chiuse. Tra i suoi “testimoni”, Riccardo Schicchi, Lasse Brown, Judith Malina, Vincenzo Sparagna, Mario Mieli, Lidia Ravera, Marco Pannella, Giuliana Gamba, Helena Velena, Bernardo Bertolucci. E ancora i disegni di Andrea Pazienza, di Siné, le giornate al Parco Lambro… “Ho iniziato quasi per caso – ci racconta Amoroso al Biografilm di Bologna, dove il doc è presente in anteprima italiana – incontrando Riccardo Schicchi ad una proiezione di Cover Boy (pluripremiato film di Amoroso del 2006, ndr). Per me, ragazzino cresciuto in un paesino dell’Abruzzo, Schicchi era come Topolino. Un personaggio mitico della mia ‘biblioteca’ di adolescente”. “Incontrarlo e conoscerlo – continua il regista – è stata una vera folgorazione. Fantasticavo di una figura un po’ losca, e invece mi sono trovato davanti ad una persona attenta, un grande professionista, un creativo illuminato. Uno che era avanti a tutti”.

Porno e libertà avrebbe dovuto essere un film su Schicchi e invece si è trasformato in qualcosa di molto più complesso. Da un semplice ritratto, alla ricostruzione di un pezzo della nostra storia. Un pezzo mancante, che ha a che vedere anche con il rapporto tra la sinistra italiana e il mondo del corpo e della sessualità. Di cui il porno di quegli anni era espressione.

Io ho semplicemente tirato un filo e la matassa di un racconto che era rimasto seppellito del nostro passato è venuta fuori in modo dirompente. Non potevo che mettermi al servizio di tutto quel materiale e di quelle storie. Non dimentichiamoci che tanta della “sinistra antagonista” italiana dell’epoca con il porno aveva una relazione aperta e scherzosa, di scambio. Penso a riviste come “Re nudo” o “Frigidaire” che fece la follia di pubblicare un numero con doppia intervista in prima pagina a Cicciolina e Bobbio. Per un Partito comunista ancora rigidamente  moralista c’era un Partito radicale che eleggeva Cicciolina in Parlamento. E anche tra i radicali fu uno scandalo. Era il 1987 e metà dell’elettorato di Pannella gridò all’orrore e non la votò.

Certo, c’era la questione dell’uso del corpo delle donne. Una questione che nel suo doc viene affrontata, anche grazie alla presenza di figure come Giuliana Gamba e Helena Velena, che ci parlano non di “sfruttamento”, ma di occasione, anche per le donne, di conoscere il proprio corpo ed esplorare la propria sessualità.
Esatto. Sia Giuliana che Helena ci dicono come il porno – cinema ed editoria – sia stato per molte donne dell’epoca anche la prima occasione di esplorazione del proprio corpo e del proprio desiderio. Del resto, come dimostrano i materiali nel documentario, la questione sull’uso del corpo della donna anche nel movimento e nella sinistra antagonista era tutta aperta e altamente conflittuale. E mi permetto di ricordare anche la magnifica testimonianza nel doc di Judith Malina, la sua ultima intervista prima di lasciarci. Il suo lavoro sul corpo con il Living Theatre ha attraversato in pieno i movimenti di quegli anni. Con lei, il corpo si è fatto politica.

A proposito di materiali, dove avete trovato tutto quello che compone i 78 minuti di “Porno e libertà”?
Molto viene da archivi privati, come quelli di Lasse Brown e Schicchi che sono tra i miei principali protagonisti. Ma tanti trailer di film porno li ho trovati – non ci crederà – proprio qui nella Cineteca di Bologna. Perché qui, tra i professionisti del cinema, da molto tempo era chiaro che il linguaggio cinematografico della pornografia aveva una sua cifra specifica, che andava studiata e salvaguardata. Un’intuizione che farà la fortuna internazionale di personaggi come Jeff Koons, artista che non farà altro in fondo che sfruttare la creatività e le intuizioni di Riccardo Schicchi.

Altri, invece, i loro materiali non glieli hanno voluti dare…
Di porte chiuse ne ho trovate un’infinità. Diciamo anzi che nessuno, ma proprio nessuno, ha voluto aiutarmi a realizzare questo documentario. Appena pronunciavo la parola “porno” a produttori, televisioni e istituzioni mi spedivano fuori con un “no, grazie”.

Ma i produttori indipendenti?
Ma quali produttori indipendenti! Non esistono produttori indipendenti in Italia. Sono tutti legati ai soldi della Rai. E questa la chiamiamo indipendenza? Noi siamo davvero indipendenti, io e il mio curatore della cinematografia Paolo Ferrari, che ci abbiamo messo tutto quello che avevamo di tasca nostra.

Però ora cominciate a raccogliere i frutti. “Porno e libertà”, dopo il successo al festival di Rotterdam, è stato venduto in più di dieci paesi ed ora sta per uscire in sala in tutta Italia, il 24 giugno, grazie alla distribuzione di I Wonder Picture. Una bella soddisfazione.
Sì, siamo davvero contenti. A un certo punto, confesso, stremati dalle difficoltà, non ci credevamo quasi più. Devo dire che gran parte del merito va anche a Biografilm che lo scorso anno ci permise di presentare un pitch del documentario. E’ così che abbiamo incontrato i produttori francesi di Wide House. Loro ci hanno aiutato a portare il doc a Rotterdam.

Cosa si augura a questo punto dall’arrivo in sala di “Porno e libertà”?
Mi auguro che i protagonisti del mio lavoro e il loro mondo possano essere finalmente sdoganati e disvelati. Che la loro creatività, la loro gioia e anche il loro genio possano finalmente essere riconosciuti. Dando a tutti noi la possibilità di recuperare un pezzo di storia che è anche nostra.  

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13 Giugno 2016

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