Carmen y Lola, adolescenti, gitane e innamorate

La freschezza e la sincerità a fior di pelle di due giovani interpreti (Zaira Morales e Rosy Rodriguez) ma anche la narrazione di un contesto poco conosciuto, al di là degli stereotipi del folkolore


La freschezza e la sincerità a fior di pelle di due giovani interpreti (Zaira Morales e Rosy Rodriguez) ma anche la narrazione di un contesto poco conosciuto, al di là degli stereotipi del folkolore, sono i punti di forza di Carmen y Lola, l’opera prima della spagnola Arantxa Echevarria in sala con Exit Media dopo il passaggio al Festival MIX di Milano, che si focalizza sulle tematiche LGBT.

Tra le scoperte della Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2018 e vincitore di due Premi Goya alla regista esordiente e all’attrice Carolina Yusta (l’unica professionista, nel ruolo della “sorella maggiore” Paqui), il film segue i destini incrociati di due adolescenti gitane che vivono alla periferia di Madrid. La vita delle giovani donne di questa comunità, molto coesa e impenetrabile, rigidamente religiosa, è segnata fin dall’infanzia. Sposarsi al più presto possibile, scodellare figli, tenere pulita e in ordine la casa, in una società patriarcale e tradizionalista che non ammette grilli per la testa. Il film nasce da uno spunto di cronaca ovvero il primo matrimonio di due gitane celebrato a Granada nel 2009 rompendo un tabù secolare: “Essere donna è ancora molto difficile – avevano dichiarato le due spose, che preferirono non mostrare il proprio volto – Essere una donna gitana aggiunge il peso di un’intera cultura con secoli di patriarcato e sessismo. Essere una donna, zingara e lesbica, significa non esistere”. Ed è proprio una condanna alla non esistenza quella pronunciata dal padre di una delle due protagoniste del film, quando l’uomo scopre che la figlia ama un’altra ragazza. 

La regista, che ha uno stile già piuttosto maturo, sceglie la strada del realismo psicologico mostrando il lento avvicinamento tra Carmen, promessa sposa a un suo coetaneo, e Lola, una outsider che disegna graffiti e sogna di andare all’università. Le due si incontrano al mercato, dove le rispettive famiglie hanno un banco, e diventano subito amiche, anche se Lola, dal primo istante, è attratta da Carmen, anzi folgorata. L’amore adolescenziale, fatto di avvicinamenti e rifiuti, rincorse e pentimenti, tra murales e bigliettini, è molto più sensuale che erotico, e qui viene raccontato in una forma in cui ogni spettatore o spettatrice potrà ritrovare memorie della propria esperienza: “Nel primo amore – dice la regista – i gesti, uno sguardo, i dettagli di una porzione del corpo prevalgono sulle pulsioni della carne, è molto più sensuale lasciarsi vestire dalla persona amata che un orgasmo per forza di cose simulato”. E dunque scelta opposta rispetto a Kechiche e al suo La vita di Adele dove invece l’erotismo lesbico era esibito anche in chiave voyeuristica.

Arantxa Echevarria – che evita le scene esplicite pur in una storia molto fisica – spiega di aver seguito piuttosto l’esempio dei Dardenne. “In film come Rosetta e Il figlio, cercando di ritrarre la realtà senza manipolarla”. Altra ispirazione per lei è Dheepan di Jacques Audiard. “La cosa più importante era mantenere il giusto distacco che mi consentisse di raccontare la cultura gitana senza alcun giudizio intrinseco”.

In questo senso la regista si sofferma a descrivere riti e costumi, anche musicali, di questi gitani stanziali, che vivono in normali appartamenti di periferia restando però sempre un po’ ai margini della società spagnola che li addita e li rinchiude negli stereotipi (le donne sono tutte parrucchiere, gli uomini venditori ambulanti). Contribuiscono a questo sentimento di autenticità gli attori, tutti scelti dentro alla comunità con casting nei mercatini di strada e nei sobborghi. 

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28 Giugno 2019

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