Carlo Verdone


C. Verdone Appena arrivato ha rimandato la sua lezione di cinema al Montecarlo Film Festival de la Comédie e, nonostante sia apparso triste per la sconfitta della sua squadra del cuore, il romanista Carlo Verdone non ha perso la sua ironia e ha parlato a lungo dei suoi prossimi progetti.

Quest’anno la quarta edizione del festival di Montecarlo è dedicata a Vittorio Gassman. E la commedia italiana di oggi?
Le forme dialettali non sono più importanti nella commedia come prima, anche se per l’Italia il dialetto napoletano resta importante perché ha una sua gestualitá riconoscibile persino da altre regioni italiane. Per rendere piú esportabili i nostri film dobbiamo però inserire degli elementi che non siano esclusivamente locali. Mai come in questo momento il cinema va sostenuto, la stagione non è partita bene. Uno dei motivi principali per andare ai festival è proprio quello di sostenere i film. Prima di venire qui a Montecarlo come componente della giuria, sono stato al Festival di Villerupt, dove peraltro Giovanni Veronesi e Silvio Muccino hano appena ricevuto un premio per il film Che ne sará di noi.

 

Perché il cinema italiano non decolla?

Le cause sono tante: c’e la crisi economica, c’è una overdose di calcio e di tv e poi i titoli non restano impressi, c’è sempre di mezzo la parola “amore”. Se l’avessi fatto quest’anno non avrei piu chiamato il mio film L’amore è eterno finche dura. Bisogna cercare delle novità.

Crede che l’introduzione del product placement, ovvero la norma che consente ora di inserire la pubblicità nei film, possa aiutare il cinema italiano?
E’ una piccolissima boccata d’ossigeno se fatta con discrezione come fanno i francesi e gli americani. Gli italiani di sicuro esagereranno a mettere il marchio in primo piano e in tutte le scene. Il segreto è, in ogni caso, quello di fare buoni film. Ogni settimana escono valanghe di film, troppi. Occorre proteggere il prodotto nazionale, ma senza inflazionarlo. Siamo generosi con gli altri paesi ma poi, per gli italiani, diventa un problema esportare i propri film all’estero. Dobbiamo imporre della merce di scambio: importiamo tutto ed esportiamo poco, questo è mortificante.

C. Verdone Quali sono i suoi prossimi progetti?
Dopo aver finito di girare, come attore, Manuale d’amore di Giovanni Veronesi, dove interpreto uno dei quattro episodi nel ruolo di un uomo abbandonato a fianco di Sabrina Impacciatore, sto ora scrivendo una storia che gira attorno al rapporto padri-figli. Ci stiamo lavorando con i miei sceneggiatori, Pasquale Plastino e Silvia Ranfagni. Il tema della relazione sentimentale l’ho già sviluppato e stavolta vorrei recitare nelle vesti di padre, con un figlio o con una figlia. Sono padre di due ragazzi e li ho osservati abbastanza bene per narrare le loro realtà, ma nella sceneggiatura ho dovuto estremizzare il conflitto tra padri e figli, anche se personalmente non ho conflitti con i miei ragazzi. Spero comunque che questo prossimo film aiuti a maturare il mio lato paterno, che forse è ancora un po’ troppo ragazzino.

Su cosa verterà la sua lezione di cinema qui a Montecarlo?
Avrò davanti molti ragazzi italiani che amano e studiano il cinema. Ai giovani spiegherò quale deve essere il loro approccio alla realtà cinematografica, nel campo della sceneggiatura, della regia e della recitazione. Non si finisce mai di parlare di cinema. Noi autori non abbiamo colpe se il cinema italiano non va. E’ pur vero, però, che qualche autore è presentuoso e parla solo di se stesso, dimenticando che al cinema lo spettatore paga e bisogna tenere conto delle aspettative del pubblico: ci vuole un giusto equilibrio per raggiungere un compromesso con gli spettatori.

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12 Novembre 2004

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