Nel gennaio del 2014 ci ha lasciati Carlo Mazzacurati, il regista di film come Notte Italiana, Il Toro, Vesna va veloce, La lingua del Santo, La giusta distanza e molti altri, sia lungometraggi che documentari.
Attraverso i suoi film – dalla commedia al noir – Mazzacurati è riuscito a dar vita a mondi marginali, rappresentando province popolate da persone comuni. Le sue storie sono raccontate con ritmi lenti, lontani dal frenetico ritmo delle metropoli. I protagonisti sono uomini sfortunati, in cerca di una serenità perduta, che mantengono la loro dignità attraverso gesti concreti di solidarietà, espressi senza enfasi e senza retorica.
Questi microcosmi non si limitano a raccontare storie, ma offrono un’etica dello sguardo. Uno sguardo fieramente provinciale, intriso di pietas, simile ai personaggi che, con i loro gesti dignitosi, riflettono i paesaggi e gli ambienti in cui vivono.
A dieci anni dalla sua scomparsa, lo ricordano con un documentario gli amici Mario Canale ed Enzo Monteleone: non una semplice analisi del suo cinema né una biografia, ma un viaggio attraverso le tematiche che lo hanno caratterizzato, i sentimenti che lo hanno ispirato e i luoghi che ha vissuto e raccontato.
Carlo Mazzacurati – Una certa idea di cinema passa all’81ma Mostra del cinema, nella sezione Venezia Classici, distribuito da Fandango.
Quando nel 1987 Notte Italiana fu presentato al Lido fu accolto come qualcosa di nuovo, un film che usciva dagli schemi del solito cinema italiano, un debutto anomalo e coraggioso. Era l’opera prima di un trentenne sconosciuto. Era anche il primo film prodotto da una nuova casa di produzione: la Sacher Film di Nanni Moretti e Angelo Barbagallo.
Dicono i registi: “E’ stato il momento in cui ha preso il via una nuova stagione del cinema italiano. Era una sfida, negli anni in cui usciva il libro di Bertetto ‘Il più brutto del mondo : il cinema italiano oggi’. Moretti e Barbagallo scommettevano su esordienti come appunto Carlo o Daniele Luchetti, che però aveva già fatto l’aiuto regista. Carlo invece era del tutto digiuno di set. Ma fu il momento in cui uscirono film eccezionali come Domani accadrà, Notte italiana o Marrakech Express, che proponevano storie nuove, facce nuove, smettendo di puntare sui comici, per lo più di provenienza televisiva, e concentrandosi sugli autori, sulle sceneggiature. Perfino l’audio in presa diretta era una rivoluzione”.
E oggi cos’è rimasto di quel cinema? “E’ cambiato tutto, non sappiamo se in bene o in male – continuano Canale e Monteleone – la produzione, ma anche il modo di dirigere. Siamo passati dalla pellicola al digitale, i tempi delle case di produzione sono diversi, ci sono le piattaforme. E’ tutto più frenetico”.
Compresi i film, quando invece, proseguono “il cinema di Carlo era un cinema di riflessione, erano film ragionati. Curioso constatare che sempre nella metà degli anni ’80 nasceva MTV, l’anti-Mazzacurati per eccellenza. Arrivavano l’Avid e la tendenza al montaggio frenetico. Forse è stato il momento in cui è iniziata la divisione radicale tra intrattenimento puro e frenetico, che se vogliamo ci porta al cinema di supereroi di oggi, e un cinema d’autore pensato per altri ritmi”.
I temi dei film di Mazzacurati erano tanti e complessi: “il territorio, la musica, il road movie, il viaggio – ricordano gli autori – ma abbiamo pensato che a distanza di anni c’era gente che non conosceva i suoi lavori, soprattutto i primi, così abbiamo deciso di procedere in ordine cronologico, per mostrare anche la sua crescita”.
E nella vita, com’era Carlo? “Un grande amico, un grande narratore. Amava circondarsi di persone, i gruppi di lavoro diventavano presto gruppi di amici, e ci potevi parlare di tutto: libri, musica, pittura rinascimentale. Conosceva gli esseri umani. Una notte a Parigi ci fece da guida su un pullmino pieno di persone. Raccontava le strade, i palazzi, i monumenti. E sul set sempre autorevole ma mai violento o autoritario. Non gli serviva mai alzare la voce o fare scenate isteriche per farsi ascoltare. Era anche umile: accettava proposte da tutti se funzionavano meglio di quello che aveva in mente. Dice bene Valerio Mastandrea alla fine del documentario: Mazzacurati non era solo il regista, era uno degli attori”.
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