VENEZIA – Il 31 agosto del 2012 all’Alosianum di Gallarate moriva Carlo Maria Martini, in una stanza al terzo piano della residenza dei gesuiti dove il cardinale aveva deciso di passare gli ultimi anni della sua vita, lasciando Gerusalemme. Al suo capezzale era Marco Garzonio, psicoterapeuta, scrittore, poeta, editorialista del ‘Corriere della sera’, soprattutto profondo conoscitore del magistero di Martini che aveva cominciato a seguire per il quotidiano di via Solferino per poi diventare suo amico. Insieme a Garzonio, Ermanno Olmi ha realizzato un film, vedete, sono uno di voi, ritratto di un uomo di fede capace di dialogare con le altre religioni e con l’ateismo, pronto a nutrire il dubbio fino all’ultimo. Poco prima di morire disse ai suoi più stretti collaboratori, preoccupati per le sue condizioni gravissime (era affetto dal Parkinson): “Se anche di là non c’è niente, io sono felice di essere stato con voi”. In lui, così Garzonio spiega queste parole, “il dubbio non è lo scetticismo che non crede in nulla, ma ricerca portata al massimo dell’introspezione e della verifica dell’assoluto”.
Oggi, a cinque anni dalla morte del cardinale di Milano, all’Italian Pavilion di Venezia, si parla di nuovo di lui per presentare l’edizione home video di vedete, sono uno di voi, prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema, presentato in prima mondiale a febbraio scorso nel Duomo di Milano e ora portato in edicola dal ‘Corriere della Sera’. Accanto al film anche un piccolo e prezioso volume pubblicato da Àncora Editrice, che raccoglie le conversazioni tra il regista e Garzonio ed è contemporaneamente un singolare ritratto di Martini attraverso le parole di due uomini che a lui si sono sentiti per molti motivi prossimi. Per Padre Gilberto Zini, direttore della casa editrice Ancora, il Martini più olmiano è proprio quello del suo secondo periodo.
Roberto Cicutto, ad e presidente di Luce Cinecittà, ricorda un incontro tra Olmi e Martini avvenuto all’epoca di un film da lui prodotto, Centochiodi (2007), quando ci fu uno scambio di email e di opinioni. E spiega una delle scelte più forti di vedete, sono uno di voi: il fatto che sia lo stesso Olmi a leggere con la sua voce roca le parole di Martini nasce dall’esperienza de Il segreto del bosco vecchio: “Il film non aveva avuto il successo che avrebbe meritato, forse proprio per quelle voci degli animali e del vento, affidate a un doppiaggio un po’ disneyano. Ermanno ha pensato di applicare al docufilm quell’esperienza rinunciando a un attore e diventando speaker di se stesso”.
Paolo Baldini, giornalista del Corriere, ricorda il rapporto forte del cardinale con il quotidiano milanese: “Martini è stato quasi un nostro dirigente, aveva una rubrica di dialogo con i lettori seguitissima e due volte è venuto alla riunione di redazione. Allora De Bortoli gli ‘passava’ il testimone di direttore e lui interveniva su tutto con cognizione di causa, persino sullo sport. Aveva una passione per il giornalismo e se non fosse arrivata la vocazione sacerdotale, sarebbe diventato il rivale di Montanelli”. L’omaggio del giornale quindi proseguirà fino a novembre, con la pubblicazione di 13 libri, in pratica l’opera omnia di Martini.
Ancora Garzonio sottolinea i legami tra la vicenda del film e la trasformazione in atto nella Chiesa cattolica contemporanea, con l’elezione di Papa Bergoglio. “Martini stesso diceva che la Chiesa era indietro di 200 anni”. Olmi non è a Venezia, dove oggi viene presentato un suo inedito del 1968, Il tentato suicidio nell’adolescenza. “I due film – dice ancora Garzonio – li sento legati, ma in particolare vedete, sono uno di voi racchiude la poetica di Ermanno”.
La sua ricerca di semplicità, la sua spiritualità schietta, verrebbe da dire. E anche tutte le sue titubanze. “Un timore l’ho avuto – confessa Olmi nel libro – avevo fatto un film su Papa Giovanni, E venne un uomo, poco dopo la morte di Angelo Roncalli. Il film venne anche accolto con buona disposizione e simpatia nei miei riguardi, ma non con quell’entusiasmo che magari ci si aspetta alla fine di un film che ti è costato fatica (…) io per raccontare eventi di portata storica, che avrebbero influenzato i comportamenti degli uomini, quale guida del film avevo scelto Il giornale dell’anima di Angelo Roncalli, la linea dell’interiorità”. E oggi, a cinque anni dalla morte, cosa resta di Martini? “Il suo bisogno di chiedersi di fronte a ogni evento che cosa mi dice? La consapevolezza che il mondo cambia se prima cambiamo noi, l’esortazione a essere granello di senape, piccolo gregge, lievito…”.
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