‘Caracas’: la Napoli di D’Amore come la Gotham City di Batman

Il nuovo film di Marco D'Amore, tratto da 'Napoli Ferrovia' di Ermanno Rea, esce in sala con Vision il 29 febbraio

Caracas

Si intitola Caracas il nuovo film di Marco D’Amore, tratto dall’opera letteraria ‘Napoli Ferrovia’ di Ermanno Rea, con protagonista Toni Servillo (insieme a Lina Camelia Lumbroso e allo stesso D’Amore) in sala dal 29 febbraio con Vision Distribution.

E’ una produzione Picomedia, Mad Entertainment e Vision in collaborazione con Prime Video e Sky.

Giordano Fonte, scrittore partenopeo, si trova a vagare per le strade di una Napoli che può essere spaventosa e imponente, ma allo stesso tempo intrigante, una città che sembra completamente diversa da quando l’ha lasciata molti anni prima. Tuttavia, non è solo in questa esperienza.

Accanto a lui c’è Caracas, un individuo coinvolto nelle frange di estrema destra, ma che sta ora intraprendendo un percorso di conversione all’Islam, nella ricerca di una verità esistenziale che gli sfugge. Giordano esprime il sentimento di un amore impossibile tra Caracas e la sua bella, Yasmina, mentre si addentra in una metropoli dove ognuno spera di non smarrirsi, di trovare salvezza.

Sia Caracas che Giordano, come molti altri, nutrono il sogno di risvegliarsi da un incubo e, dopo il buio della notte, ritrovarsi in una giornata risplendente di luce.

“A me piace mettermi a disposizione dei talenti altrui – dichiara D’Amore – e qui l’ho fatto con Stefano Meloni, direttore della fotografia, che ha lavorato anche in Gomorra, è un autore autentico, mio pari. Gli ho chiesto di far piangere, sudare e fumare la città più dei personaggi. Volevo che il luogo non fosse solo geografico. Napoli sta in un riflesso lontano. Ma la reference che gli ho dato era la Gotham City di Batman, oppure la Sin City di Miller. Una città bagnata, lontana dal sole e dalla secchezza, un film umido, di muffe, perché scendiamo in luoghi dell’anima bui e profondi. Dovevo fare i conti con una città abusata al cinema e con il fatto che il personaggio non riconosce la sua città. Non volevo che Napoli fosse solo una stazione geografica. Cercavo un luogo della coscienza, un posto emotivo. Un personaggio che può strizzare i protagonisti e portarli dove voleva. Non so come Rea abbia potuto incontrare Caracas e togliersi le scarpe per entrare nella moschea, deve essere stata Napoli ad averlo portato lì”.

Specifica poi: “La vicenda è realmente accaduta. Sono parte della vita di un uomo che Rea ha realmente incontrato. E’ un’illusione e un’ossessione di un essere umano di trovare un posto nel mondo in cui si senta amato, compreso, compiuto. Il tema sostanziale è enunciato nella prima scena del film, un precipizio, una caduta. Tutti i personaggi precipitano nella vicenda, ma si precipita anche nell’amore e nel desiderio di raccontare una storia. Da un lato c’è il rischio di rompersi l’osso del collo ma anche l’adrenalina dell’aprire il paracadute all’ultimo secondo possibile. E’ così che si fa questo mestiere. Si rischia costantemente di sfracellarsi. E’ un film che non sarebbe convenuto a nessuno se guardiamo la dimensione del nostro cinema ma Maria Carolina Terzi e Luciano Stella ci hanno creduto e così speriamo tutti, sebbene in maniera rocambolesca, di portare il sedere a casa sano e salvo”.

Sulle derive estremiste, commenta: “Mi spaventa chi ha le risposte in mano. Io nutro forti dubbi e nell’incertezza di dare risposte affermative c’è la voglia di affacciarsi alla diversità. Il romanzo è del 2007 ma in qualche modo prevede il nostro presente. C’è nei principi di questo racconto una grande modernità che parla ai contemporanei. Il desiderio dissennato e folle sta nelle estreme periferie della coscienza, si cerca un posto a cui appartenere. Ma alla fine cerchiamo un gesto semplice: qualcuno che ci tende la mano. Questo cerca Caracas, quello è il suo Dio. Qualcosa di minuscolo ma di capace di accendere una luce”.

Dice Luciano Stella per Mad: “Rea è un autore che racconta Napoli in maniera eccezionale. Racconta l’anima della città con storie interessanti e personaggi forti. In Italia abbiamo raccontato poco l’adesione all’Islam, non avendo le grandi colonie della Francia e dell’Inghilterra. Ma l’Imam di Napoli è realmente un ex comunista di mezza età. Caracas non è inoltre solo un uomo di pensiero ma anche d’azione, e questo lo accomuna a Marco, grande pensiero, grande qualità attoriale ma che passa anche per il fisico”.

Commenta Servillo: “Il linguaggio del film è complesso, su argomenti complessi, offerti a quelli della generazione dell’autore. Ho fatto molte opere prime nella mia vita con spirito ed entusiasmo e con lo stesso spirito mi avvicino a questa circostanza. Inoltre conosco e amo il romanzo di Rea. Una vecchia “cariatide” decide di tornare nella sua città, nel pieno di una crisi sia esistenziale che professionale. Non crede più che gli strumenti del suo mestiere siano efficaci per raccontare la realtà e questo lo mette in uno stato di smarrimento. Ma il punto è soprattutto l’amicizia tra lui e Caracas, che più paradossale non si può immaginare. Nel congedarsi dal film lo spettatore può anche pensare che Caracas sia il frutto dell’immaginazione dello scrittore, un demone dentro di lui, oppure il protagonista di un romanzo che vorrebbe scrivere”.

Spiega Lumbroso: “E’ stata una sfida, ma mi ha riconnesso al passato, dato che anche i miei genitori erano emigrati in Francia dalla Tunisia. Io a casa non ho mai parlato arabo, ma sempre francese.  Anche se in Tunisia andavo spesso e prendevo lezioni di arabo, pur facendo molta fatica. L’occasione è stata proprio quella di mettere in partica l’arabo. Marco è diventato un mentore, una persona estremamente importante della mia vita che porterò sempre nel cuore. Spesso ti guarda in silenzio, con gli occhi che parlano, oppure ti parla all’orecchio, come un topolino, con consigli pertinenti ed efficaci, che non si possono applicare a tutti. Sono arrivati dopo che mi ha osservato, e si sono adattati al mio modo d’essere, sapeva esattamente come parlarmi, in maniera estremamente lucida ed elegante. Non dirige per sé stesso, ma per gli altri. Questo lo rende diverso e speciale”.

Francesco Ghiaccio, co-sceneggiatore insieme a D’Amore, racconta che “la trasposizione è stata complicata, essendo l’originale un diario intimo di una persona che segue una sorta di spirito guida, alla ricerca di una chiave per decifrare una città che non riconosce più. Scopre che le grandi ideologie e le religioni vengono dopo la stretta di mano di chi ti permette di riconoscerti negli occhi di chi ti sta vicino e ti guida nel passaggio finale della tua vita. Ma si può sempre ritrovare sé stessi e il senso ultimo della propria esistenza, tra una parola e un respiro”.

Conferma Roberto Sessa di Picomedia: “tutto merito di Luciano Stella. Avevamo fatto insieme Nostalgia, ma il romanzo è un segno di follia che ci unisce in maniera amorevole. Questo film è inusuale, penso che questa sia una grande forza, grazie a Toni e Marco ci possiamo rivolgere a un pubblico vastissimo, hanno una grande capacità di amplificare i messaggi. Ci crediamo tanto che ci siamo messi l’uscita nella stessa data di Dune“.

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