Avere solo 18 anni ed essere già una promessa della boxe: questa è Irma.
Cresciuta in uno dei paesi più difficili del napoletano, Irma Testa non si china alle prassi dell’ambiente circostante ma cammina lungo il proprio percorso sportivo, forte nel fisico, fragile nell’animo, sempre accompagnata dal suo mentore, il maestro Lucio, 78 anni, il suo primo allenatore e vera figura paterna per lei, che lo chiama: “il mio salvatore, colui che mi ha salvato completamente la vita, dando un riscatto a me e alla mia famiglia”.
La storia di Irma è la storia della prima pugile donna italiana a qualificarsi alle Olimpiadi di Rio: qui accade quella strana trasformazione da essere persona a essere notizia, volto televisivo, protagonista di un libro. Ma Irma torna dal mito olimpico senza una medaglia. Delusione grande, certezze crollate. La boxe è davvero qualcosa che fa per lei?
La protagonista del documentario, in anteprima alla Festa di Roma, in concorso ad Alice nella Città, ha risposto a questa e ad altre domande, insieme agli autori del film. “Il mio appassionarmi alla loro voglia di fare il film è nata dal fatto che delle persone si fossero interessate a me come essere umano, e non come atleta. Un interesse per come stavo crescendo, per le mie fragilità: è stato un dono d’amore questo interesse. È stato un onore”, ha detto Irma Testa.
Un film iniziato nel luglio 2015, come ha raccontato Alessandro Cassigoli, co-regista: “avevo conosciuto il maestro Lucio e brevemente avevo visto lei: in quei 20 minuti ho intravisto un carattere e una sensibilità particolari, aveva 15 anni. Un anno dopo, ho parlato a Casey di lei e l’abbiamo incontrata, con un piccolo registratore, per iniziare a chiacchierare un po’ di tutto, dei suoi conflitti. Lei è stata fantastica perché ha capito che la cosa bella del progetto, per noi, era scoprire la persona”.
“All’inizio è stato difficile – ha spiegato Irma – perché la telecamera l’avvertivo, poi, con il tempo, s’accendeva solo quando c’era qualcosa di interessante da raccontare ed è diventata normalità”, che per essere mantenuta ha previsto “una troupe molto ridotta, un fonico e un operatore, per non essere invadenti, così fino alle Olimpiadi: dopo abbiamo intensificato un po’ il tutto. È stato un lavoro di tre anni, dove ogni 4/5 mesi filmavamo momenti e situazioni, tra Torre Annunziata e Assisi. Talvolta era difficile tirar fuori la telecamera per quanto siamo entrati a far parte della sua famiglia, con la mamma Anna che spesso ci invitava a mangiare insieme e restare a casa loro a dormire, piuttosto che andare al b&b”, ha spiegato ancora Cassigoli, che firma con Casey Kauffman il documentario, e che ha precisato non ci sia mai stato il desiderio di fare “un film sulla boxe, non abbiamo mai voluto fare quello. Lei ci sembrava un personaggio che potesse portarci in una vera storia di formazione, moltiplicata all’ennesima potenza dell’intensità del mondo dello sport”.
Un mondo fatto di sacrificio e lodi, di alti e bassi, come Butterfly mostra e che Irma Testa ha tenuto a spiegare con lo stesso equilibrio che fa respirare tutto il film: “Più che la sconfitta olimpica, la cosa che mi ha caricato di responsabilità è stato il picco del successo: non l’ho retto, perché arrivato tutto all’improvviso, ed io ero piccola. La caduta mi ha causato molta tristezza, ma ho capito che c’era del positivo, una grande crescita personale, importante per preparare adesso Tokiy 2020: è stata quasi una fortuna fallire in quell’impresa”.
Un’impresa anche fare questo film, nelle parole di Michele Fornasero, produttore per Indyca, coproduttore con Rai Cinema: “Abbiamo scoperto Butterfly tre anni fa proprio al MIA di Roma, io mi sono innamorato dell’idea e appena finito il loro pitch gli abbiamo proposto di fare il film insieme. Avevamo poi lei, un personaggio con una consapevolezza rara, con una coscienza delle sue tensioni e fragilità, con la capacità di andare oltre. L’approccio dei due registi che mi è piaciuto è stato indagarla oltre la superficie. Siamo entusiasti di annunciare che da pochi giorni abbiamo anche la distribuzione, Istituto Luce Cinecittà, con cui stiamo definendo i tempi, ma probabilmente saremo in sala dalla primavera”.
Shirin Neshat, esponente dell’arte visiva contemporanea, iraniana naturalizzata newyorkese, ha presentato alla Festa di Roma, nell’ambito del progetto Videocittà, il suo ultimo film: Looking For Oum Kulthum, un ennesimo incontro tra Oriente e Occidente, tra ritratto e autoritratto, con protagonista una donna, un’artista, una leggenda musicale egiziana
Miglior film Jellyfish di James Gardner, una storia d'identità e desiderio di fuga; premio speciale della giuria Ben is Back di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges; miglior attore Thomas Blanchard per The Elephant and the Butterfly di Amelie Van Elmbt
"Questo film contiene un desiderio - ha detto De Angelis commentando il premio vinto alla Festa di Roma - ed è il desiderio di fare un regalo a chi lo guarda"
Il colpo del cane di Fulvio Risuleo, prodotto da TIMVISION Production e Revok Film, è stato annunciato ad Alice nella città. Nel cast Edoardo Pesce, Silvia d’Amico e Daphne Scoccia, oltre a una partecipazione di Anna Bonaiuto