Novant’anni fa, a Tupelo in Mississippi, nasceva il Re!
Scontato ricordare come Elvis Presley sia unanimemente riconosciuto come una delle figure più iconiche e influenti della storia della musica popolare. Considerato dai critici una delle voci più straordinarie del XX secolo, il suo talento e la sua personalità hanno ispirato generazioni di artisti – tra cui il nostro Luciano Ligabue, a cui prendiamo in prestito il titolo dell’articolo, uguale a quello di un suo storico album del 1995 – contribuendo in modo significativo allo sviluppo del rock and roll e del rockabilly. Non a caso, è stato consacrato con l’appellativo di “Re del Rock and Roll”.
La sua figura ha travalicato i confini della musica, lasciando un’impronta indelebile sulla cultura di massa a livello globale. Elvis non si è limitato a rivoluzionare il panorama musicale del suo tempo, ma ha anche plasmato nuove sensibilità culturali, diventando un simbolo di ribellione, carisma e innovazione. La sua influenza si estende ben oltre la sua epoca, segnando profondamente i musicisti che lo hanno seguito.
La versatilità artistica di Elvis è altrettanto leggendaria. La sua produzione spazia dal rock and roll, di cui è stato uno dei pionieri principali, al rhythm and blues, al country and western, al gospel, passando per spiritual, melodico, musica tradizionale e leggera. In ventiquattro anni di carriera, ha pubblicato ben 61 album e ha venduto oltre un miliardo di dischi in tutto il mondo, un traguardo straordinario che testimonia la sua portata universale.
Le sue canzoni hanno raggiunto più volte i vertici delle classifiche di ‘Billboard’, e nel Regno Unito ha stabilito record impressionanti: ventuno singoli al primo posto, con permanenze che in alcuni casi hanno raggiunto le 80 settimane. I suoi 45 giri hanno occupato le classifiche per 1277 settimane, mentre i suoi album sono rimasti nella Top 10 britannica ininterrottamente dal novembre 1958 al luglio 1964.
Curiosamente, nonostante il suo successo planetario, Elvis non si esibì mai al di fuori degli Stati Uniti, fatta eccezione per sei concerti tenuti in Canada verso la fine degli anni Cinquanta. Sul fronte scenico, il suo stile dinamico e i movimenti del bacino – che gli valsero il soprannome di “Elvis the Pelvis” – divennero leggendari, sebbene lui stesso non amasse tale appellativo, considerandolo riduttivo e infantile.
Presley non è stato solo un musicista straordinario, ma un fenomeno culturale che ha saputo lasciare un segno indelebile nella storia della musica e dell’immaginario collettivo, un’icona il cui mito continua a brillare a distanza di decenni.
E naturalmente, come ogni icona che si rispetti, ha bazzicato anche il mondo del cinema.
In primis, come attore.
Il suo debutto sul grande schermo avvenne nel 1956 con Fratelli rivali (Love Me Tender), un western drammatico che mescolava recitazione e musica. Sebbene il film fosse lontano dall’essere una rivoluzione artistica, il carisma naturale di Elvis e la presenza di canzoni come la celebre title-track segnarono l’inizio di una nuova fase nella sua carriera.
Negli anni ’50, dimostrò il suo potenziale come attore con pellicole che gli permisero di esplorare ruoli più intensi. Tra queste, spicca Il delinquente del rock and roll (Jailhouse Rock, 1957), dove la performance del brano omonimo è diventata un simbolo della sua energia esplosiva e un momento iconico della cultura pop. Un altro esempio è La via del male (King Creole, 1958), un film drammatico ambientato a New Orleans in cui Elvis interpreta un giovane cantante coinvolto in un mondo di crimine e conflitti familiari. Diretto da Michael Curtiz, il regista di Casablanca, il film è spesso considerato la miglior prova attoriale di Elvis, dimostrando che il suo talento andava oltre le doti vocali.
Con l’arrivo degli anni ’60, i suoi film adottarono una formula più leggera e commerciale, spesso incentrata su trame romantiche e ambientazioni esotiche, con la musica come filo conduttore. Blue Hawaii(1961), noto in Italia con lo stesso titolo, rappresenta un esempio perfetto di questo stile: ambientato tra le bellezze tropicali delle Hawaii, il film fu un enorme successo di pubblico e consolidò il modello dei film di Elvis come un misto di intrattenimento musicale, humor e romanticismo. Pellicole come Cafè Europa (G.I. Blues, 1960) e Avventura in Acapulco (Fun in Acapulco, 1963) seguirono questa linea, attirando fan e incassi significativi, anche se a scapito di una maggiore profondità narrativa.
Elvis continuò a recitare per tutto il decennio, ma con il passare degli anni i suoi film iniziarono a soffrire di una certa ripetitività, privilegiando sceneggiature costruite intorno a canzoni piuttosto che storie avvincenti. Nonostante ciò, il pubblico sembrava amare questo format, e film come Viva Las Vegas (1964), in cui recitò accanto a Ann-Margret, divennero dei classici grazie alla loro energia e al fascino del protagonista.
Alla fine degli anni ’60, però, la carriera cinematografica di Elvis iniziò a declinare. La musica stava cambiando, e il pubblico cercava qualcosa di più innovativo rispetto alle sue commedie leggere. L’ultimo film in cui recitò, Change of Habit (L’amore ha i suoi perché, 1969), segnò un tentativo di proporre un’immagine più matura, con una trama che affrontava temi sociali. Tuttavia, Elvis decise di ritirarsi dal cinema per concentrarsi sul suo ritorno alla musica dal vivo, culminato con il leggendario “Comeback Special” del 1968.
Magari non sempre opere cinematografiche memorabili, i film con Elvis rappresentano una parte essenziale del suo mito. Furono un veicolo per mostrare il suo carisma e il suo talento a un pubblico mondiale, contribuendo a creare un’immagine di intrattenitore completo che continua a essere celebrata ancora oggi.
Ma Elvis non è stato solo un attore e un cantante. E’ un’icona immortale, dicevamo, e dunque anche un personaggio.
Tantissime sono infatti le pellicole che lo vedono come protagonista all’interno della narrazione.
Tra i film più recenti e celebrati troviamo Elvis (2022), diretto da Baz Luhrmann. Questo biopic esplosivo, conosciuto in Italia con lo stesso titolo, esplora la vita del Re del Rock and Roll con un approccio visivamente straordinario e un ritmo travolgente, tipico del regista. Austin Butler dà corpo e anima a Elvis in una performance indimenticabile, mostrando il lato umano dietro la leggenda, le sue passioni e le sue fragilità. Al centro della storia c’è il rapporto complicato con il manager Colonel Tom Parker, interpretato da Tom Hanks, che rappresenta sia un mentore che una figura controversa nella vita di Elvis. Il film non si limita a raccontare la carriera del cantante, ma lo ritrae come un fenomeno culturale che ha plasmato il ventesimo secolo.
Un altro ritratto memorabile arriva dal film televisivo Elvis: The Movie (1979), diretto nientemeno che da John Carpenter. In Italia, il film è stato distribuito con il titolo Elvis, il re del rock. Qui Kurt Russell – attore feticcio per il regista, si pensi a La Cosa, a Fuga da New York, a Grosso Guaio a Chinatown – interpreta il Re in uno dei primi tentativi di portare sullo schermo la vita dell’artista. La regia di Carpenter, più conosciuto per i suoi lavori nel genere horror e fantascientifico, riesce a catturare con sensibilità e rispetto l’ascesa e le difficoltà personali di Elvis, concentrandosi sulla sua umanità. La performance di Russell, intensa e coinvolgente, rimane una delle più apprezzate.
Poi c’è il surreale Bubba Ho-Tep (2002) di Don Coscarelli, conosciuto in Italia con lo stesso titolo, che offre un’interpretazione completamente diversa del mito di Elvis, mescolando surrealismo, ironia e riflessioni sulla vecchiaia. In questa storia stravagante, Bruce Campbell – noto per i suoi ruoli nei film di Sam Raimi, in particolare nella serie Evil Dead – interpreta un Elvis invecchiato e dimenticato, che vive in una casa di riposo dopo aver simulato la propria morte. Il film abbandona la tradizionale celebrazione dell’icona per raccontare una storia di redenzione e amicizia, con Elvis (sempre ammesso che sia veramente lui e non un mitomane) che affronta una mummia malvagia insieme a un uomo che crede di essere JFK. La bizzarria della trama non oscura il cuore emotivo della storia, che esplora temi di identità e accettazione.
Non manca l’ironia graffiante di film come Top Secret! (1984), dei fratelli Zucker, alfieri della commedia demenziale, dove Val Kilmer interpreta Nick Rivers, un cantante rock chiaramente ispirato a ‘The Pelvis’. Il film è una parodia esilarante di film di spionaggio e musical, che gioca con gli stereotipi legati alla figura del Re, celebrandolo attraverso l’umorismo slapstick e le sue inconfondibili canzoni.
Anche Honeymoon in Vegas (1992), noto in Italia come Mi gioco la moglie a Las Vegas, rende omaggio a Elvis, questa volta attraverso una commedia romantica in cui i sosia del cantante sono parte integrante della trama. Similmente, in 3000 Miles to Graceland (2001), conosciuto in Italia come Caccia al tesoro, un gruppo di criminali vestiti da Elvis organizza una rapina a Las Vegas, dimostrando come l’immagine del Re rimanga inestricabilmente legata a quell’ambiente scintillante e iconico.
Infine, c’è Elvis & Nixon (2016), un racconto surreale ma basato su fatti reali, che esplora il leggendario incontro tra Elvis Presley e il presidente Richard Nixon nel 1970. Con Michael Shannon nei panni di Elvis, il film, distribuito in Italia come Elvis & Nixon – L’incontro che ha fatto storia, si concentra sul lato eccentrico del cantante e sul suo desiderio di essere riconosciuto come una figura influente anche al di fuori della musica, in un ritratto tanto bizzarro quanto affascinante.
A dimostrazione di quanto il mito di Elvis Presley continui a essere una fonte inesauribile di ispirazione, capace di evocare emozioni, far riflettere o semplicemente divertire, mostrando l’infinita ricchezza della sua eredità culturale.
La mini serie debuttava il 19 dicembre 1964, in prima serata su Rai Uno: Lina Wertmüller firma la regia delle 8 puntate in bianco e nero, dall’originale letterario di Vamba. Il progetto per il piccolo schermo vanta costumi di Piero Tosi, e musiche di Luis Bacalov e Nino Rota
Il capolavoro con Gene Wilder è uscito il 15 dicembre 1974: mezzo secolo di follia e divertimento targato Mel Brooks
Il 14 dicembre 1984 usciva nelle sale un film destinato, molto tempo dopo, a diventare cult
Il 10 dicembre 1954 esplode il mito popolare di Alberto Sordi, l’Albertone nazionale. È la sera della prima di Un americano a Roma