Non è raro leggere un libro e desiderare di viverci dentro. Accade coi fantasy, persino con i thriller. Raramente, per forme e intenti, con i saggi di scienza. Le eccezioni esistono e una sosta ora ai primi posti della classifica dei libri più letti in Italia. Buchi Bianchi è solo l’ultimo bestseller firmato dal fisico Carlo Rovelli, che da Sette brevi lezioni di fisica in poi si è ritagliato un posto d’onore nel mondo nella divulgazione scientifica. Buchi Bianchi è però anche un viaggio ai limiti dell’immaginabile, dove fantasia e teorie scientifiche convivono sino a ulteriori smentite.
L’idea è tutta nel sottotitolo: “Dentro l’orizzonte”. Buchi Bianchi immagina di attraversare “l’orizzonte degli eventi” per scoprire cosa si celi nell’oggetto più misterioso dell’universo, i buchi neri. È un viaggio che si fa a occhi chiusi, portando il possibile oltre i limiti, ma con il rigore di chi supporta il pensiero con tesi ed equazioni.
Il viaggio nello stomaco di un buco nero, balena bianca di tanti scienziati, chiama a sé riferimenti danteschi e grandi poeti, nella convinzione che “Scienza e arte riorganizzino il nostro spazio concettuale”, portandoci fuori dal “sonnambulismo abituale per vedere qualcosa di nuovo del mondo”. Non è un caso se alcune prime e suggestive forme immaginarie di un buco nero giungano, per abbozzi e tentativi, opportunismi e compromessi, anche dal cinema. La fantascienza ha sempre cercato immagini lì dove c’era ancora solo uno stimolo indistinto, riuscendo spesso ad avvicinarsi al possibile o a sorpassarlo (fino a ulteriori smentite).
Film coi buchi neri non mancano, e di recente il supporto di team scientifici in affiancamento alle produzioni ha prodotto visioni stimolanti e quasi possibili. Il caso eclatante, ancora discusso, è Intestellar e il suo Gargantua, buco nero supermassiccio “protagonista” degli eventi del film sci-fi diretto nel 2012 da Christopher Nolan e basato sulle equazioni del fisico e consulente della produzione Kip S. Thorne. Come racconta Rovelli in Buchi Bianchi, fino all’aprile del 2019 non esisteva un’immagine reale di un buco nero, che ora invece abbiamo e che giustamente ci emoziona. Ma i buchi neri non sono nuovi al grande schermo e già in tempi non sospetti minacciosi vortici masticavano astronavi ed equipaggi.
Ecco 3 film (+1) che come il libro di Rovelli, ma con qualche libertà in più, si perdono in un buco nero per non uscirne più.
La risposta di Disney a Star Wars, quando ancora non erano una cosa sola. Per controbattere al successo dell’opera di George Lucas, Walt Disney cercò una scusa per mettere in scena un’avventura spaziale, scenario improvvisamente di tendenza sul grande schermo.
In The Mouse Machine J.P. Telotte racconta che gli studios notarono un certo incremento di interesse per un termine coniato giusto un decennio prima: buco nero. Lo script originale venne del tutto riscritto in corsa, trasformando il film nella spedizione di una navicella verso un buco nero e di un altro convoglio che, misteriosamente, era riuscito a sfuggire alla sua attrazione. La risposta alle guerre stellari poggiava su molti rimandi al film di Lucas, ma al centro delle sue vicende – e persino nel titolo – c’era un elemento che la “Galassia Lontana Lontana” di Luke Skywalker non aveva e ancora non ha (per ora).
The Black Hole è un capodopera poco citato ma molto importante. Costò tanto, come non mai per lo studio, e fu il primo titolo Disney vietato ai minori (per l’utilizzo ricorrente di “Hell” e “Damn”). Inoltre, introdusse Disney alla Computer Grafica. Nel cast di The Black Hole anche la star di Psycho Anthony Perkins.
La storia è pienissima ma semplice, e oltre alle classiche scene adventure regala un inedito vortice blu. L’equipaggio siede a una tavola imbandita di tutto punto mentre dai finestroni dell’astronave un gigantesco buco nero gira su se stesso. È evidente da subito che nessuno nella produzione avesse la minima idea di cosa fosse quell’oggetto con cui giocava in libertà, e infatti è ancora affascinante da osservare.
Molte recensioni dell’epoca, abbastanza miste nel giudizio, notarono che il centro del buco nero ricordava vagamente ambienti danteschi. Come scrive Rovelli in Buchi Bianchi, “come Dante e Virgilio nei gironi infernali, scendiamo”.
The Black Hole è disponibile su Disney+.
Il titolo è già tutto, almeno in originale. In I buchi bianchi di Rovelli, l’orizzonte degli eventi è la “porta d’ingresso” per il viaggio nel buco nero ed è ciò che ne possiamo veramente vedere; contorno brillante di quest’occhio oscuro. In italiano il film diretto nel 1997 da Paul W.S. Anderson prende il titolo di Punto di non ritorno ed è altrettanto emblematico, anche se di un altro aspetto della storia: il suo destino. Una spedizione speciale attraversa un buco nero artificiale e in un’altra realtà, che ancora una volta richiama Dante e trasforma i suoi personaggi in tanti Odisseo dispersi “dentro l’orizzonte”.
I riferimenti e le citazioni sono state esposte da anni in analisi che non mancano di sottolineare i limiti di un film invecchiato con il tempo, ma ancora suggestivo e pienamente figlio della tradizione dell’horror spaziale. La tagline del film recitava: “The Shining in the space”.
Scrive Rovelli: “entriamo dunque, con il coraggio di chi si getta verso l’ignoto. Con la voce di Ulisse nelle orecchie: non vogliate negar l’esperienza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Come i compagni di Ulisse, de’ remi facciamo ali al folle volo”.
Event Horizon (Punto di non ritorno) è disponibile su Paramount+.
Interstellar di Christopher Nolan ha fatto della verosimiglianza scientifica del suo complicatissimo plot un vanto. Poi c’è ovviamente il cast, con Michael Caine, Matthew McConaughey e Anne Hathaway, e la regia spaziale di Nolan. Ma prima di tutto viene lui, Gargantua, il buco nero cinematografico che più di chiunque altro è sembrato avvicinarsi alla realtà.
Il film, basato sulle equazioni del fisico Kip S. Thorne, è raccontato in un libro dal titolo La scienza di Interstellar: Viaggiare nello spaziotempo, che elenca studi e teorie innestate nel processo di scrittura della sceneggiatura e, un po’ come uno storyboard scientifico, nella progettazione della messa in scena del buco nero.
Sul rapporto tra realtà possibile e racconto immaginato vive ancora molta della fama di Interstellar, il quale resta però cinema e come tale va osservato e giudicato. Anche se, credere un po’ di più a quell’enorme e ineluttabile pupilla nera nello spazio aiuta il racconto, che tale rimane.
Interstellar è disponibile su Netflix e NOW.
Il film dei Daniels premiato nel 2023 con 7 Oscar, tra cui Miglior Film, non è un’avventura spaziale e di certo non ci sono buchi neri. C’è molto altro, universi paralleli e leggi della fisica capovolte. Ne parliamo però perché, giusto un giorno fa, l’attrice Jamie Lee Curtis, una delle destinatarie delle statuette dell’Academy di Everything Everywhere All At Once, ha pubblicato una foto che compara la fotografia di M87, il buco nero al centro della nostra galassia, al “bagel” protagonista di alcuni passaggi essenziali (ed esistenziali) del film.
“Coincidence? We think not”, recita la didascalia del post Instagram dell’attrice. Il bagel di Everything Everywhere All At Once non è un buco nero, ma la creatività selvaggia della trama del film dei Daniels rende possibile anche questa vicinanza senza che sia davvero possibile smentirla. E soprattutto dimostra una volta in più l’incredibile fascino che i buchi neri, come soglia di non ritorno e assieme invito al viaggio, hanno per l’arte che per prima, forse, ne ha provato a immaginare la forma.
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