VENEZIA – Una madre coraggio e la brutalità della dittatura militare brasiliana sono al centro del nuovo film di Walter Salles, Ainda estou aqui (Sono ancora qui), ispirato al memoir di Marcelo Rubens Paiva, figlio di un ingegnere e uomo politico di Rio de Janeiro, Rubens Paiva, rapito e ucciso dai militari nel 1971. Un film intenso che compie una scelta precisa, quella di raccontare tutta la vicenda dal punto di vista della moglie dell’ex parlamentare desaparecido, senza mai far vedere le torture ma evocandole. La donna, Eunice Paiva, viene arrestata e interrogata, quindi rimandata a casa ma tenuta sotto stretta sorveglianza. Costretta a vendere tutto per mantenere i suoi cinque figli, a lasciare Rio per Sao Paulo, si batte per la liberazione del marito e quando apprende che è stato ucciso lotta per avere almeno un certificato di morte, una macabra certezza che almeno restituisce verità ai fatti, sempre negati dai militari. Il regime, al potere dal 1964 all’85, non aveva mai ammesso di aver imprigionato Rubens Paiva, nonostante le testimonianze.
Paiva jr. ha raccontato nel libro autobiografico scritto nel 1981 (in Italia edito da Feltrinelli) tutta la vicenda del padre, ma parallelamente anche la storia della madre e della sorella, quest’ultima interrogata dai militari nonostante fosse poco più di una bambina. Tetraplegico dopo una caduta avvenuta quando aveva vent’anni, oggi è al Lido accanto al regista per presentare Ainda estou aqui. “Al centro del film, come della nostra famiglia, c’era nostra madre che tenne duro in tutti quegli anni, vivevamo in una casa sorvegliata giorno e notte dalla polizia”.
Il regista brasiliano, autore di film premiati come Central do Brasil e I diari della motocicletta, ha scelto Fernanda Torres per il ruolo di Eunice Paiva (nel cast anche Selton Mello e la protagonista di Central do Brasil Fernanda Montenegro, attrice leggendaria e madre della Torres che interpreta nella vecchiaia) .
“Quando ho letto per la prima volta Sono ancora qui di Marcelo Rubens Paiva mi sono commosso profondamente – dice Salles – Per la prima volta, la storia dei desaparecidos, le persone strappate alle loro vite dalla dittatura brasiliana, veniva raccontata dalla prospettiva di chi era rimasto. Nell’esperienza di una donna madre di cinque figli c’era sia la storia di come vivere una perdita sia il segno della ferita lasciata a una nazione. È stata anche una questione personale: conoscevo questa famiglia ed ero amico dei bambini Paiva. La loro casa è rimasta impressa nella mia memoria. Nei sette anni in cui abbiamo realizzato il film, la vita in Brasile si è pericolosamente avvicinata alla distopia degli anni ’70, il che ha reso ancora più urgente raccontare questa storia.”
Cinema e letteratura, per Salles, sono “strumenti contro l’oblio”. “Oggi l’estrema destra risorge e noi lo percepiamo con angoscia. Ci sono voluti sette anni per fare questo film che ha una singolare convergenza con il presente”.
Per Fernanda Torres, che si candida alla Coppa Volpi con questo ruolo intenso e misurato in cui attraversa varie epoche, “Eunice ha inizialmente una vita quasi utopistica, un marito ideale, vive in questa grande casa in riva al mare, invitano amici, sono sempre allegri e ospitali. Quella generazione è stata ammutolita dalla violenza. Ho cercato di esserle fedele e restituirla com’era. Lei ha affrontato la tragedia senza fare melodrammi, difendendo i suoi figli e proteggendoli dall’orrore e trovando la capacità di reinventarsi con la laurea in legge a 48 anni, l’attività universitaria e quella in difesa delle terre degli indigeni, intrapresa quando ancora nessuno se ne occupava”.
“La nostra – aggiunge Marcelo Paiva – è una famiglia felice distrutta dalle circostanze della storia, come oggi accade a Gaza e in Israele. Il film è molto veritiero, ricordo quando mia madre tornò a casa dalla reclusione, era molto magra e non si era potuta lavare né cambiare per molti giorni. Aveva bisogno di una doccia, di lavarsi i denti e di dormire. Ed è vero che, ormai malata di Alzheimer, si era risvegliata un attimo sentendo parlare di Rubens alla televisione”.
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