“Per un anno ho vissuto nella pelle di Eunice Paiva, mi ha insegnato molto su come affrontare il dolore con coraggio, a viso aperto”. Con un sorriso senza fine, lo stesso della protagonista di Io sono ancora qui, Fernanda Torres racconta il lungo lavoro di ricostruzione umana che si cela dietro al nuovo film di Walter Salles, in uscita nelle sale italiane dal 30 gennaio con BiM Distribuzione. A convincere il regista de I diari della motocicletta a tornare a raccontare il Brasile, a oltre 10 anni dal suo ultimo film, è stato il libro di Marcelo Rubens Paiva, scritto dal figlio dell’ex deputato laburista Rubens Paiva, arrestato e fatto scomparire dalla dittatura militare brasiliana nel 1971. “Volevo mostrare la vicenda dal punto di vista di chi resta, cioè della famiglia Paiva e in particolare di Eunice, la moglie di Rubens”, ha spiegato Salles, “Perché dentro il dramma di un’unica famiglia si ritrova la ferita di un’intera nazione”.
Ritirando il Golden Globes per la miglior interpretazione in un film drammatico, Fernanda Torres ha dichiarato che Io sono ancora qui è un film che può aiutare a pensare come sopravvivere in tempi difficili. L’attrice ha ricordato con quanta dedizione abbia studiato Eunice, tra i simboli di resistenza e resilienza dei 21 anni di dittatura militare brasiliana. “Come si fa a dire a cinque figli che il padre è stato torturato e ucciso?” sottolinea Torres raccontando la tragedia di Eunice. Arrestata insieme alla figlia maggiore, la donna subì numerose torture nelle stesse ore in cui il marito, dopo essere stato forzatamente prelevato da casa, veniva massacrato dai sicari del governo militare.
Nonostante il dolore, le ferite e la paura, Eunice Paiva non si arrese mai alla disperazione; scelse invece di combattere, per tutta la vita, affinché la verità di ciò che aveva subito il marito e la sua famiglia venisse a galla. Il sorriso, per Fernanda Torres, diventa uno strumento potentissimo per rappresentare l’inesauribile forza di questa donna. In una scena chiave, la famiglia Paiva viene fotografata per un articolo di giornale in cui viene denunciata l’uccisione dell’ex deputato laburista, ed è Eunice a contravvenire alle indicazioni del giornalista invitando i figli a fare come lei: “Sorridete, ragazzi, forza”. Un sorriso in faccia alla dittatura. “Non volevo un personaggio perfetto, ma una donna che portasse in scena le contraddizioni di chi subisce un trauma così forte”, precisa Torres, ribadendo il senso di “missione” che l’ha spinta a interpretare Eunice.
Nonostante la tragedia protagonista della vicenda, Io sono ancora qui non si lascia andare a lacrime facili. Come la sua protagonista. “Non piange mai e non si abbandona alla disperazione – spiega Salles -, costringendo lo spettatore a farlo al posto suo. Questo ci ha permesso di evitare il melodramma e trasmettere invece la forza del suo silenzio. Il nostro obiettivo era mostrare la dignità di una donna che resiste, piuttosto che insistere su momenti strappalacrime”. Un approccio che Torres definisce “quasi documentaristico”, permesso da una sceneggiatura fatta anche di lunghi silenzi. “Il rischio di cadere nel melodramma era altissimo, ma Walles mi ha guidata verso un’interpretazione più trattenuta, da cui far emergere la forza di Eunice.
“La famiglia Paiva e la visione di molti materiali d’archivio ci hanno aiutato a trasmettere la memoria di quel periodo”, spiega Salles. Molti sono i momenti che rievocano l’importanza del ricordo, sottolineando il rapporto tra la memoria personale – quella di una famiglia segnata a vita dalla dittatura – e la storia di un intero Paese. “Abbiamo scelto di integrare nel film numerose foto e filmini di famiglia”, prosegue il regista. “Ogni immagine racconta qualcosa di unico e ci ha permesso di rendere tangibile il legame tra il dramma personale dei Paiva e la memoria collettiva del Brasile. Volevo che il pubblico si sentisse parte di quella casa e di quella vita, come se sfogliasse un album di ricordi. Attraverso le fotografie di famiglia, la vicenda privata di Eunice diventa la storia di un’intera generazione”.
Secondo Salles e Torres, il film acquista maggiore rilevanza al giorno d’oggi, mentre il Brasile si ritrova, a distanza di anni, ad affrontare nuove sfide sociali. “Molti giovani non conoscono davvero cosa significhi vivere sotto un regime militare”, afferma il regista, “ed è fondamentale capire quanto la libertà possa essere fragile”. A conferma dell’importanza di questo racconto, esemplari sono i risultati ottenuti in patria dal film, capace di incassare al box office anche più dei blockbuster usciti nello stesso periodo. “Non ci aspettavamo un risultato così forte al botteghino: in poche settimane ha superato persino la Marvel”, dichiara Salles. Che aggiunge: “Evidentemente, c’era un bisogno di ritrovare e condividere la nostra storia”. Anche per Torres, si tratta di un segnale importante: “Significa che il pubblico ha voglia di conoscere le proprie radici e di confrontarsi con il passato del Paese”. Il film è stato scelto dal Brasile per rappresentare il Paese alla 97ma edizione degli Academy Awards ed è tra i titoli più accreditati per l’ambita nomination.
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