LOCARNO. “Non si sa se sia colpa dei padri o dei figli. L’unica certezza è che qualcosa, che c’è ma che non si vede, si è insinuata nelle vite dei miei personaggi, costantemente in bilico fra bene e male, costringendoli ad un’esistenza fatta di rabbia, tenerezza inespressa, cinismo, violenza inconsapevole ma distruttiva”. Con queste parole Bonifacio Angius, unico italiano in concorso al 67°festival di Locarno (l’altro film, La sapienza, di Eugène Green, è una coproduzione Italia Francia), ha presentato sulla scena internazionale Perfidia, il suo primo lungometraggio.
La storia, che si svolge a Sassari (città natale di Angius), racconta di un padre e di un figlio, rispettivamente Peppino e Angelo, che in seguito alla morte della moglie dell’uno e la madre dell’altro, si trovano a convivere scoprendo di essere due completi estranei. Il genitore, nel tentativo di assolvere al proprio ruolo di capo famiglia, cerca, attraverso le sue amicizie clientelari, di aiutare Angelo a trovare un’occupazione, mentre questi, totalmente abulico, non mostra alcun segno di interesse per quello che potrà essere il suo futuro. Per lui, un bambino mai cresciuto, il lavoro è qualcosa di lontano ed astratto, svincolato da una qualsiasi idea di realizzazione personale, tanto che, parlando della possibilità di farsi assumere come impiegato, definisce l’ufficio come “un luogo in cui sedersi, telefonare e prender lo stipendio a fine mese”. Una solitudine esistenziale e sociale che non diventa mai conflitto, ma che rilascia le sue tossine lentamente, nascondendosi dietro una calma apparente, che anche quando sfocia nella violenza, come sul finale, non lascia tracce evidenti.
Questo il senso del titolo del film che secondo Angius, sintetizza un malessere invisibile, che uccide in silenzio “che appartiene ai personaggi del film così come a molti di noi e che può portare, come nel caso della storia che racconto, alla follia, che però non è da intendersi come patologica, ma come conseguenza di una quotidianità talmente stagnante da diventare feroce, devastante”.
Com’è nata l’idea di questo suo primo lungometraggio?
I miei lavori precedenti, soprattutto l’ultimo, saGrascia, sono stati dei giochi fra amici, dei tentativi per capire che cinema volevo fare. Poi ho deciso di dare forma sullo schermo a quello che da tempo vedevo intorno a me. Perfidia è un film profondamente legato al tempo in cui viviamo, che nasce da ricordi, situazioni vissute, viste, o anche immaginate da persone che ho conosciuto e da me stesso. Persone fragili, invisibili, incapaci di aspirare a qualcosa di meglio, ma nello stesso tempo in grado di commettere azioni incoscienti, senza un’apparente motivazione.
Ha impiegato tre anni per realizzare Perfidia?
Sì e fondamentale è stato l’incontro con Fabio Bonfanti, che ho conosciuto quando cercavo una stanza a Roma. Quando ho saputo che faceva lo sceneggiatore mi è venuto spontaneo raccontargli la mia idea che ha subito accolto. Abbiamo scritto una sceneggiatura molto rigorosa e al momento delle riprese mi sono reso conto che la maggior parte del lavoro era già stata fatta in fase di scrittura appunto. Il lavoro sul set dunque è stato relativamente facile. Anche per merito del direttore della fotografia, Pau Castejón Úbeda, al quale ho chiesto dei punti di vista nuovi: temevo che, girando in zone molto familiari, potessi essere poco obiettivo nella mia osservazione. Mi piaceva l’idea di uno sguardo che fosse estraneo all’ambiente che raccontavo. Anche con gli attori il lavoro è stato molto preciso. Hanno seguito fedelmente la sceneggiatura, tanto che di battute improvvisate ce ne sono pochissime in tutto il film.
Gli interpreti sono tutti volti sconosciuti al cinema italiano, come li ha scelti?
Ho seguito il mio istinto. Dopo 15 giorni di scrittura febbrile sapevo chi prendere per il ruolo di protagonista: Stefano Deffenu, che aveva lavorato con me già per In sa ia e che si prestava perfettamente al personaggio immaginato. Scegliere un attore per me significa scegliere prima di tutto un volto e una fisicità. In Stefano ho visto tutto quello che poteva appartenere ad Angelo, a partire dalla mimica facciale. Mi serviva un attore che parlasse con gli occhi e con le espressioni del volto, che ricordasse il Charlie Chaplin de Il vagabondo, ma che avesse anche qualcosa del De Niro di Taxi Driver.
La scelta del personaggio di Peppino è stata invece più difficile. Ho fatto diversi provini, ma nessuno che mi soddisfacesse in pieno. Poi Mario Olivieri, che conoscevo come attore teatrale e al quale volevo dare una parte, ma non quella del padre di Angelo, mi ha convinto a provinarlo per questo ruolo e la parte è stata sua immediatamente.
Nel film Peppino dice a suo figlio: “La vita è un imbroglio e per sopravvivere devi stare in questo imbroglio”. È una visione un po’ disperata, le appartiene?
Non penso che sia tutto da buttare via, ma il tempo che stiamo vivendo è fatto di grandi contraddizioni e di una cattiveria che non è facile da decifrare e sconfiggere, perché, come racconto nel film, s’innesta silente nella società, nella famiglia, fra le persone, che non comunicano più e sono spesso paralizzate dalla solitudine. Peppino inoltre rappresenta coloro che tentano di servirsi della politica, delle amicizie clientelari – perché l’Italia ormai è rassegnata a vivere così – per ottenere dei vantaggi, e non ci riescono. È il simbolo di un’ Italia che per anni ha basato la propria forza sulla non regola, sulle raccomandazioni, lasciando le nuove generazioni in un desiderio di normalità che appare ormai come un miraggio.
Colpisce il paesaggio del film, lontano dalla Sardegna da cartolina…
Volevo che in Perfidia ci fosse la Sardegna che conosco, che non è soltanto quella colorata, piena di sole e di mare, ma quella grigia, claustrofobica che si respira in certe periferie. Volevo un’immagine diversa dell’isola: in certi tratti la costa ricorda quella delle Highlands e questo anche perché desideravo che la mia storia non fosse solo riconducibile al piccolo mondo in cui ambiento la vicenda. Il film parla di una cittadina di provincia come ce ne sono tante in Italia.
Perfidia quando uscirà in sala?
Purtroppo non abbiamo ancora un distributore. Il problema in Italia è che si scelgono sempre i prodotti ‘sicuri’, quelli con i quali non si rischia troppo, che sai che portano pubblico. Così facendo però si finisce per andare verso un appiattimento ancora più pericoloso.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho appena iniziato a pensare al prossimo film. Sarà sempre drammatico, ma molto più estivo, un film “on the road”, che avrà come protagonista Alessandro Gazale, l’attore che in Perfidia interpreta Danilo, uno degli amicidi Angelo.
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