BNL: CINEMA E FINANZA


Sono lontani i tempi in cui il critico Luigi Chiarini, direttore della Mostra di Venezia negli anni ’60, sosteneva che “il film è un’arte, mentre il cinema è un’industria”, oggi se l’impresa cinema italiano vuole mantenere la sua soggettività deve misurarsi con i necessari processi di modernizzazione. E’ questa la filosofia imprenditoriale che la dirigenza della Banca nazionale del lavoro affronterà in una serie di convegni collegati al progetto “Le radici del futuro: il cinema”, previsti a ottobre.
E’ dal lontano 1935 che la Bnl sostiene finanziariamente tutta la filiera cinematografica, un tempo come erogatrice di finanziamento pubblico, oggi come primario istituto di credito privato che eroga fondi ordinari alle produzioni cinematografiche (al 31 agosto 346 miliardi), nonché di servizio dei fondi pubblici concessi dallo Stato, circa 600 miliardi, che riguardano però non solo il comparto cinematografico, ma anche quello lirico e teatrale.
Luigi Abete, presidente di Bnl, nel presentare a Roma il progetto “Le radici del futuro: il cinema”, è più che convinto che sia possibile coniugare cultura e mercato e così celebrare, seppur in anticipo rispetto al 2003, i 90 anni della Bnl. Per questo compleanno è stato infatti definito un programma di convegni, mostre, ed esposizioni che si svilupperanno in un arco temporale triennale sul tema della “ricchezza silenziosa”.
Si comincia con il cinema, in particolare con 4 convegni in programma a Roma (9/10 ottobre), a Palermo (15/16/17 ottobre), a Torino (22/23/24 ottobre) e a Milano (29/30/31 ottobre) che affronteranno, nell’ordine, i segmenti fondamentali della filiera: tecnologie e professionalità, scrittura, distribuzione e produzione. Ogni convegno prevede uno spazio specifico che prende il nome di “Tribunale della Storia”, nel quale alcuni testimoni ricostruiscono un caso emblematico che ha visto l’intervento Bnl: Deserto rosso, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, la sala Multiplex Porto Antico, Achtung Banditi.
Davide Croff, amministratore delegato della Bnl, ha sottolineato come il cinema italiano soffra di un disequilibrio economico come testimoniano i dati Anica: nel 2000 infatti i costi delle produzioni (435 miliardi) sono stati quasi tre volte superiori ai ricavi (145 miliardi). Di qui l’invito a ragionare sull’economicità dell’industria cinematografica, intervenendo su entrambe le due voci del bilancio. La digitalizzazione in particolare è uno dei filoni su cui lavorare per ridurre i costi; ma soprattutto è il ripensamento della filiera a valle del cinema, quando il film arriva al pubblico
L’amministratore delegato della Bnl ha poi indicato i tre ambiti sui quali misurarsi nei prossimi anni: dimensione, trasparenza e finanza.
Da un lato è decisivo favorire le concentrazioni produttive, garanzia di capacità manageriale. Dall’altro è necessaria chiarezza dei bilanci per garantire quel rapporto fiduciario tra chi eroga e chi riceve i capitali. Infine va ripensato il finanziamento pubblico non in chiave assistenzialistica, ma di promozione e stimolo. Del resto soltanto sei anni fa su 100 lire prestate dalla Bnl ben 60 lire non venivano restituite, oggi solo 10. In prospettiva Croff si augura che possa essere adottata la “finanza di progetto”, nel senso che la garanzia del finanziamento sarebbe tutta affidata alla qualità e alla remuneratività del progetto stesso.
Aiazza, responsabile Area studi della Bnl, si è soffermato sulla ricerca “Il cinema impresa possibile”, coordinata da un’equipe di studiosi dell’Università Bocconi di Milano, uno studio che non trae delle conclusioni, ma amplia la riflessione sui quattro temi argomento dei convegni previsti ad ottobre. Secondo la ricerca le tecnologie digitali abbasseranno i costi di produzione del 20/30 per cento, anche se nel contempo sarà inevitabile un rinnovamento della macchina distributiva. Così come è necessario valorizzare la cosiddetta squadra artistica e ideativa, in particolare i soggettisti e gli sceneggiatori (e un ruolo importante potrebbero svolgerlo le scuole di cinema), evitando quella confusione o sovrapposizione di ruoli. E ancora la ricerca indaga i luoghi di consumo rilevando la convivenza di multiplex e di piccole sale che soddisfano richieste diverse da parte degli spettatori. Infine per quel che riguarda la struttura produttiva si auspica una struttura industriale fatta da imprese più forti e più robuste, indicando come modello quello adottato dalla filiera moda.

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08 Ottobre 2001

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