BIMBA


“Il mio è un film politico”. Sabina Guzzanti introduce Bimba, commedia prodotta da Piergiorgio Bellocchio per Medusa, che la distribuisce a partire da venerdì. E il modo di far politica, secondo la regista esordiente, non si scontra con il fatto che sia stata proprio la società di Silvio Berlusconi a produrre la pellicola: “Un film è un universo indipendente dove ti viene consentito di fare quello che vuoi. Pur convinta che sia sbagliato che Berlusconi sia proprietario di tutto, non vedo perché devo essere imbarazzata io a realizzare un film per lui. Piuttosto è lui a doversi sentire tale”.
La Bimba, interpretata dalla stessa Guzzanti, è una creatura femminile disumana. Attrice ignorante e senza talento è il prodotto di una clonazione effettuata partendo dal Dna di una cantante americana country, anche lei senza qualità artistiche. Ha avuto successo per sei mesi con un unico brano musicale e poi è scomparsa con la stessa facilità con la quale era arrivata sulla scena.
“La clonazione è una metafora dell’omologazione sociale – chiarisce la Guzzanti – Bimba è il perfetto resoconto di quel che accade nella nostra società: si imita ciò che è idiota e viene scartato ciò che è intelligente. Bimba, quando viene a scoprire di essere un “doppione” non si arrabbia per la mostruosità dell’esperimento, ma perché è il succedaneo di un talento artistico scadente. Ma, trattandosi di una commedia, l’attrice avrà la possibilità di riscattarsi”.
E così lo spettatore scopre che studiando a fondo anche il solo elenco del telefono si può capire come il proprio valore non si misuri in ragione del grado di spettacolo che uno riesce a dare di sé stesso, ma semplicemente per quello che si è. Bimba, dopo aver scorso dalla A alla Z tutti i nomi degli abbonati romani, decide di seguire le orme di Pupella Maggio, grande attrice che ha saputo mantenere la propria generosa umanità fino alla fine dei suoi giorni.
Ma la sua vuole anche essere una riflessione sugli effetti perversi della comunicazione: “Una stessa parola, usata da un soggetto o da un altro produce significati assolutamente distanti”. Così la regista, accompagnata da attori come Antonio Catania, Francesco Paolantoni, Adriana Asti, Caterina Guzzanti e Iaia Forte, porta in scena la televisione, luogo per eccellenza deputato alla falsificazione dei significati e alla strumentalizzazione delle parole.
Sabina Guzzanti, che con questo film firma la sua opera prima si dice soddisfatta del proprio lavoro: “Ho sempre voluto fare la regista. Si tratta pur sempre di un esordio, che mi è costato molta fatica, ma non vedo problemi sul risultato finale”.

autore
11 Novembre 2002

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