Berardo Carboni: la fuga nel virtuale, come in ‘Ready Player One’

Il regista racconta lo sviluppo del film in cui Matilda De Angelis si rifugia in un videogioco per sfuggire a una vita dura


Un farmacista insoddisfatto (Alessando Haber), una donna triste (Donatella Finocchiaro), una ragazza che si rifugia nel mondo virtuale di un videogioco (Matilda De Angelis), e che decide – per aiutare economicamente la sua famiglia – prima di spogliarsi davanti alla telecamera e poi di mettere all’asta la propria verginità online.

Questo è il mondo di Youtopia, film di Berardo Carboni in sala dal 25 aprile con Koch Media, e in anteprima il 18 alle giornate internazionali di cinema di Sorrento. Abbiamo chiesto al regista come ha lavorato su questa storia interessante e molto attuale, che mescola temi sociali alla fascinazione per i mondi virtuali da cui il cinema moderno sembra assai affascinato, da Avatar al recente Ready Player One.

Perché pensa che questo tema ci piaccia tanto?

Viviamo in un universo senza mondo e c’è bisogno di trovare delle vie di fuga, delle nuove possibilità. Se però in Ready Player One e in generale  nel cinema e nella letteratura di fantascienza l’universo virtuale viene raccontato appunto come un dimensione parallela rispetto a un reale distopico, in Youtopia il mondo virtuale è uno strumento per far compiere alla protagonista  un percorso di formazione e per instillarle desideri e valori da utilizzare poi nel mondo fisico.

Qual è il suo rapporto con Internet , con i social network e con la CGI?

Credo dia sano, li utilizzo molto come strumenti di lavoro e di relazione, ma non sono un feticista del web. Solo quando ho trascorso mesi “all’interno” di un videogioco per girare VolaVola, un film sperimentale girato con il sistema Machinima, con una crew di persone da tutti i continenti che si incontravano su Internet attraverso i propri avatar, ho avuto un periodo di alienazione dalla realtà fisica perché in quei mesi trascorrevo la maggior parte del tempo all’interno di universi virtuali e ho così cominciato a provare emozioni nei confronti delle persone con cui collaboravo, e che conoscevo solo attraverso le loro interfacce grafiche. E’ stata un’esperienza di grande ispirazione per ideare poi il presente film. In generale preferisco lavorare con attori umani, ma appunto penso che reale e virtuale si compentrino e che sia interessante combinare le due cose.  Anche nel mio prossimo film, che sarà un film storico, ci sarà una presenza importante di CGI.

La notizia di ragazze che mettono all’asta la propria verginità su Internet non è una cosa nuova. Si è ispirato a fatti reali per alcune vicende del film?

Per la verità, i fatti reali più noti si sono verificati durante il corso delle riprese e subito dopo, ma durante la fase di scrittura mi ero documentato su una serie di vicende collegate a queste dinamiche, nessun fatto specifico però in particolare. Mi interessa soprattutto l’aspetto metaforico della vicenda perché mi sembra cumuli uno sguardo ravvicinato sulla realtà più contemporanea con simboli capaci di costruire una favola morale.

Gli attori interpretano in qualche modo personaggi che a loro volta interpretano un ruolo. E’ stato difficile gestire questo doppio livello? Com’è stato il lavoro di scrittura dei personaggi?

In generale molto lungo, una prima fase di scrittura è stata fatta al interno del Teatro Valle Occupato che in quel periodo frequentavo, successivamente ci sono state due revisoni per cercare di uniformare e trovare l’equilibrio giusto. Il lavoro più complesso è stato quello sul personaggio di Matilda De Angelis perché se gli altri due personaggi sono in qualche modo delle figure con archetipi nella storia del cinema e della letteratura, costruire un personaggio potenzialmente archetipico senza riferimenti come quello di Matilde ha richiesto un lavoro diverso, in cui mi sono affidato maggiormente a colloqui con persone che  mi sembrava potessero incarnare i diversi aspetti della sua personalità.

Tutto determinato in sceneggiatura o con spazio all’improvvisazione?

C’è stato spazio anche per l’improvvisazione, soprattutto abbiamo lavorato molto nelle settimane precedenti al film anche con l’ausilio di coach per riuscire a dare sangue e pelle a ciò che avevamo scritto. Il film lascia emergere un rapporto complesso dei personaggi con il proprio corpo e questo lavoro poteva solo essere suggerito in scrittura, poi lo abbiamo costruito attraverso prove che hanno implicato anche per gli attori protagonisti un importante sforzo fisico.

La realtà virtuale ci fa sempre pensare al ‘futuro’. Quali sono i progetti per il suo futuro immediato?

Per il film storico di cui parlavo prima ci vorrà qualche anno, è un progetto molto ambizioso. Intanto sto girando un documentario, il secondo di una trilogia sul ethos europeo.

 

Qui l’intervista a Matilda De Angelis.

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12 Aprile 2018

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