“Dopo La tigre e la neve ho fatto tante altre cose, ho trasmesso la poesia di Dante usando la mia popolarità, adesso, undici anni dopo, sono pronto per fare un nuovo film magari con Tom Hanks, che ha detto di voler lavorare con me, lo considero uno dei più grandi attori di tutti i tempi. Il mio nuovo film sarà di un’allegria sfrenata”. Roberto Benigni si concede al pubblico della Festa di Roma, nella giornata di chiusura, in una lunga conversazione con Antonio Monda che tocca tanti temi, compresa la recente visita alla Casa Bianca. “Come si fa a dire no a Obama, ho dovuto rimandare l’incontro qui perché mi aveva invitato a cena insieme a Nicoletta Braschi. Ho fatto una lunga fila per salutarlo alla Casa Bianca, che era bianca, ma anche rossa e verde, l’abbiamo atteso come se fosse l’imperatore Adriano e alla cena c’era anche Sorrentino e poi si è intrufolato Matteo Renzi. Obama mi ha detto che ama Life is beautiful, che l’aveva visto con le sue bambine, ed è stato un momento toccante e indimenticabile”. Dopo un lungo show sul red carpet, Benigni, che sta per compiere 64 anni, è entrato tra gli applausi in una Sala Sinopoli stracolma – molti i controlli di sicurezza all’entrata – e la conversazione ha preso spunto da un’intervista in cui Fellini parlava di lui. Qui di seguito i tanti temi toccati.
Federico Fellini. “Mi ha fatto fare un provino per ogni suo film, anche quando cercava una donna o un uomo di 70 anni, aveva questa voce da monaca di clausura, da mago, mi chiamava Kim come Kim Novak, poi finalmente girammo insieme La voce della luna. Fellini è la vetta dell’arte moderna, come Kafka, Stravinskij e Picasso, il più grande regista del Novecento. La voce della luna era una specie di testamento sulla nostra società di cui faceva vedere la fine. Era sempre incredibile andarlo a trovare, magari mi faceva restare a cena con Ray Bradbury o Elia Kazan”.
Antonioni e Malick. “Antonioni è quasi l’opposto di Fellini. Venne a vedere Berlinguer ti voglio bene e si addormentò. Voleva farmi fare San Francesco, mi ha addolorato non poter fare un film con lui. Terrence Malick l’ho conosciuto agli Oscar, dove lui era con La sottile linea rossa e io con La vita è bella. Poi è venuto a trovarci a Roma. È cattolico, conosce la Divina Commedia a memoria. Voleva fare un film su San Pietro, in cui io dovevo essere il demonio. Siamo ancora in contatto e magari si farà”.
Troisi e Totò. “Troisi aveva appena fatto un capolavoro come Ricomincio da tre. L’ho cercato e lui mi ha detto che mi stava cercando anche lui. Così è nato Non ci resta che piangere, che doveva anche avere un seguito. Massimo se n’è andato così presto. È stata una perdita enorme perché era un vero autore. La prima volta che ho visto al cinema Totò in Totò le Mokò, mi ha fatto paura. Dietro di lui c’era la morte, uno scheletro che si muove, una fila di morti di fame. E’ inquietante e misterioso”.
Nicoletta Braschi. “Con Nicoletta nel mio cinema nasce la commedia. Senza l’universo femminile non c’è commedia, c’è solo la farsa. E’ sua anche l’idea di produrre i nostri film. Per me lei è una benedizione”.
Il primo film che ho visto. “Vengo da una famiglia contadina, di contadini poveri in maniera mitica, che si raccontavano storie attorno al camino. Quelle erano le mie prime ombre, come nel mito della caverna. A 6 anni ho visto con le mie tre sorelle, Ben Hur alla rovescia perché eravamo dietro lo schermo e il titolo era Ruh Neb. Il primo film visto al cinema è Lo specchio della vita di Douglas Sirk, era impossibile non piangere. Una cosa che fa ridere e piangere ha più potere di qualsiasi altra cosa al mondo. Mio padre e mia madre non erano mai stati al cinema, a 60 anni hanno visto Berlinguer ti voglio bene. Sono stati in sala dalle 3 a mezzanotte, come in una sala da ballo. Li hanno mandati via alla chiusura”.
Jim Jarmusch e Tim Robbins. “Con Jarmusch ci siamo conosciuti a Salsomaggiore in giuria, eravamo d’accordo su tutto. Siamo ancora profondamente amici. Quando ho girato Daunbailò con lui e con Nicoletta ci hanno invitato a casa di Robin Williams e di Tom Waits. Robin Williams aveva una casa davanti al Golden Gate di San Francisco, una casa straordinaria piena di quadri di Picasso. Tom Waits viveva in una casetta dove ci pioveva dentro e c’erano i topi. Ricordo questo grande contrasto”.
Charlie Chaplin e Rossellini. “Sono uscito frastornato da La febbre dell’oro. Riesce a far ridere ed essere poetico, come il Don Chisciotte. Volevo far parte di questa bellezza. Bisogna essere sovrumani per non piangere alla fine di Luci della città. Ho lavorato per un anno con Cesare Zavattini e lui ha cominciato a fare cinema grazie a Chaplin. Chaplin è l’Omero del cinema mondiale, Rossellini è l’Omero del cinema italiano”.
Vincenzo Cerami e i Papi. “Vincenzo mi ha insegnato a costruire, il nostro è stato un incontro fondamentale, mi manca immensamente, era un grande poeta, scrittore, sceneggiatore. Quando mi chiedono se sono cattolico rispondo ‘che devo da esse?’ E’ difficile scrollarsi di dosso 2000 anni di storia. Credo fermamente in Dio ma non so se c’è. Per il Wojtylaccio mi fecero un processo per vilipendio e lo persi. Poi, ai tempi de La vita è bella, mi chiamarono che ero appena atterrato a Los Angeles. Il papa vuole vedere il film, mi dissero. Allora tornai in Italia e andai in Vaticano. C’erano 40 suore polacche elegantissime che si inchinarono quando entrò il Papa in pantofole rosse. Nicoletta era rimasta a Los Angeles, perché aveva l’influenza e il medico le aveva detto ‘non può viaggiare neanche se lo dice il Papa’. L’ho raccontato a Giovanni Paolo II e lui ha riso. Non sapeva nemmeno che gli avessi dato del Wojtylaccio. Dopo il film mi ha detto: ‘Lei mi ha fatto piangere, ho rivissuto la mia vita’. Più tardi mi scrisse una lettera per chiedere di far il XXXIII Canto della Divina Commedia in Vaticano. Dopo i Dieci Comandamenti mi ha telefonato Francesco ma io dormivo e gli hanno detto di richiamare l’indomani. Mio padre non avrebbe mai immaginato una cosa del genere: mi telefona il Papa, ma io dormo”.
La vita è bella. “È una tragedia, che comincia bene e finisce male. Non è una commedia su Auschwitz, come si è detto, è una vera tragedia. Ho subìto tante pressioni, in Italia e all’estero, per tagliare il finale in cui il protagonista muore, perché la morte del comico è un tabù”.
Sono 42.191 le persone che hanno partecipato a eventi di Alice, 20.260 i biglietti emessi, 11.031 gli accreditati, 10.900 le presenze tra le proiezioni a ingresso libero e gli eventi
Nei 4 giorni di mercato il Mercato Internazionale dell'audiovisivo ha registrato un incremento generale di più del 6% dei dati numerici: 1500 sono stati i partecipanti, 58 i paesi rappresentati, più di 500 fra produttori e commissioning editors, circa 350 buyers, 130 international sales agent, 42 progetti di film, serie drama e doc and factual. 100 i titoli proposti sul mercato internazionale: con circa 20 anteprime mondiali di mercato e 16 di work in progress in What’s next Italy per un totale di circa 140 market screenings (+ 7%)
In chiusura delle attività del MIA-Mercato internazionale dell’audiovisivo è stata presentata agli operatori del settore la nuova gestione dei Fondi Cinema che è stata affidata a Istituto Luce Cinecittà a partire dal prossimo 1° novembre. Il nuovo soggetto responsabile è stato individuato nell'ambito dell'attività di supporto e complementari al MiBACT, e in conformità con quanto previsto dalla Legge 111/2011 e dall’atto di indirizzo del 17 maggio 2016. Gli interventi di Nicola Borrelli, Roberto Cicutto, Claudio Ranocchi e Francesca Alesi
Continua il MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, che si è svolto in parallelo con la Festa del Cinema di Roma. Molti gli appuntamenti tra cui si segnala l’adesione dell’Italia al programma Ibermedia, per il rafforzamento dei legami con i paesi latino-americani e iberici. Il programma è finanziato da 18 membri e osservatori del CACI e nato con l’intento di promuovere lo sviluppo e la coproduzione di film originari dei territori membri all’interno dei propri mercati e a livello internazionale. Nicola Borrelli, Direttore Generale Cinema del Mibact, ha detto: “Questo è il coronamento di un percorso iniziato anni fa che ci consente di lavorare ancora più a stretto contatto con i nostri amici sudamericani, con un dialogo semplice e proficuo. Oggi quello che firmiamo è un avvio, un inizio”