Il linguaggio non verbale racconta, e l’immagine ha questo potere, così la locandina di Before arriva subito carica dell’atmosfera misteriosa, per non dire inquietante, propria della serie, non sfuggendo dal centro del meccanismo, ovvero l’essere umano, la cui più sommersa profondità si deduce dalla porzione di viso che corrisponde all’occhio destro di Billy Crystal, sfogliata come se la pelle fossero pagine compresse che lui stesso sfalda e dietro cui rivela un altro essere umano, Noah (Jacobi Jupe), il bambino problematico che ha in cura da psichiatra infantile, quale è il personaggio dell’attore americano 76enne, qui anche recente vedovo di Lynn (Judith Light).
Eli, questo il nome del personaggio di Crystal, si misura non solo con un caso che per lui potrebbe sembrare da manuale, ma soprattutto con il passato, non esclusivamente nella meccanica del ricordo, come naturale, ma per l’inquietante connessione che il suo piccolo paziente ha con il tempo, costruzione narrativa e cronologica che dà titolo ai 10 episodi, Before appunto, e anche all’ultima delle puntate, dal 24 ottobre 2024 al debutto su Apple Tv+.
Billy Crystal, alla cui plasticità mimica del volto ci ha abituati, in questa serie affida gran parte della sua recitazione allo sguardo, senza mai sbordare in un uso eccessivamente occhieggiante, ma piuttosto riuscendo a sintetizzare la gamma delle emozioni nella piccola quanto potente area del bulbo oculare, della sua umidità, della possibilità potente dei micromovimenti rotatori quanto di strizzamento e dilatazione, includendo così anche una sorta di “paternità” che manifesta verso Noah, non quale compensazione di qualcosa di non vissuto, quanto più un umano istinto di cura e protezione per un altro essere umano, tanto critico quanto delicato: questo macroscopico abbraccio, simbolico soprattutto, ma anche concreto, Crystal non lo affida solo al potere della dinamica del suo sguardo ma anche a una credibile fisicità applicata nel gesto.
Non meno d’effetto l’interpretazione di Jacobi Jupe che, come ogni ruolo recitato da un bambino, lascia aperto lo spiraglio che possa essere perfetto per quell’unica parte, in attesa di un possibile altro ruolo che confermarmi o misuri effettivamente il talento, in vista della maturazione ma, riflettendo sul “qui e ora”, Jupe riesce a specchiare anche lui sul viso tutta la buia inquietudine e la cristallina fragilità del personaggio, riuscendo inoltre in una ripetuta assunzione di posture fisiche intrise dei contrasti emotivi che deve rappresentare. Jupe – all’anagrafe 11 anni – per altro, non debutta in Before, ma ha già recitato in Peter Pan & Wendy e Tom Jones – Una storia d’amore.
La serie scritta da Sarah Thorp riesce anche a costruire l’architettura del suo intreccio psico-thriller nella scelta e collocazione strutturale dei titoli degli episodi, non semplici sintesi del racconto della singola vicenda, ma veri e propri tasselli del tutto, che permettono di disegnare un’idea narrativa e sentimentale del racconto, così prime tre colonne portanti sono The Imposter, The Scientist e The Liar, che alla visione si rivelano come “premesse”; proseguendo – quasi fosse uno schema calcistico con un senso espositivo e emotivo – seguono quattro titoli centrali, baricentro e esplicitazione della storia: Symbols and Signs, Folie a Deux, Fever Dream e The Power of Belief; infine, nell’avvicinamento all’epilogo, non frettoloso ma incalzante, così da sostenere il dinamismo della tensione ma anche la sospensione del mistero umano, si srotolano gradualmente When We Dead Awaken, And the Darkness Was Called Night e infine la sintesi del tutto: Before, appunto. Uno svolgimento e un’immersione supportata anche dalla cadenzata proposta della serie, che sì comincia il 24 ottobre ma si offre poi settimanale, fino al 20 dicembre.
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