“Siamo stati fedelissimi alla descrizione presente nel libro e ai disegni di Umberto Eco nella ricostruzione degli ambienti, ci siamo presi qualche libertà per l’abbazia dove si svolge la vicenda principale, ovvero l’indagine di Guglielmo di Baskeville sugli omicidi seriali dei monaci, perché l’abbiamo resa più magica, meno aspra, attingendo a un gotico non primitivo, ma ricco e maturo”. Così Giacomo Battiato, regista della serie Il nome della rosa, megaproduzione internazionale in onda da lunedì 4 marzo per 4 settimane su Raiuno.
Il kolossal tv, girato in gran parte nei teatri di Cinecittà, con le scenografie di Francesco Frigeri, offre al pubblico una nuova versione del bestseller dello scrittore Umberto Eco, morto nel 2016. Pubblicato da Bompiani (la prima edizione è del 1981), il libro è stato già portato al cinema da Jean-Jacques Annaud nell’86 con Sean Connery nel ruolo principale. 55 milioni di copie vendute per il libro e vendite internazionali planetarie per la serie che andrà in onda in 133 paesi e anche sui canali della Bbc in prima serata. E che espande la narrazione, dal thriller claustrofobico su cui indagano Guglielmo di Baskerville e il suo giovane assistente Adso, alle vicende storiche del XIV secolo: la diffusione del francescanesimo, lo scontro con il papato, l’eresia di Fra’ Dolcino… “L’impresa – spiega il regista – non è stata delle più semplici. Il nome della rosa non è soltanto un romanzo, ma un grande libro che contiene tutto, c’è la storia, la filosofia, si parla di amore, del ruolo della donna nel Medioevo, di terrorismo e di conoscenza. Il problema era trasformare tutto questo non in una lezione ma in azione, in immagini”.
Lancio in grande stile a Viale Mazzini, con giornalisti e troupe da tutto il mondo. Vertici Rai al completo, dal direttore generale Fabrizio Salini al presidente Marcello Foa al direttore di Raiuno Teresa De Santis e di Rai Fiction Eleonora Andreatta, oltre a una nutrita rappresentanza del super cast con John Turturro (Baskerville), Greta Scarano (nel doppio ruolo di Margherita e di sua figlia Anna), Fabrizio Bentivoglio (Remigio da Varagine), Stefano Fresi (l’animalesco Salvatore), Antonia Fotaras (una ragazza occitana), Roberto Herlitzka (Alinardo). Assenti Rupert Everett (Bernardo Gui), Damien Hardung (Adso da Melk), Alessio Boni (Fra’ Dolcino), Michael Emerson (l’Abate Abbone).
“Il nome della rosa è un progetto ambizioso che rilancia la linea di internazionalizzazione della fiction Rai, una linea aziendale fortemente voluta dai nostri vertici e che viene dal successo recente de L’amica geniale“, ha sottolineato il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta. “E’ un progetto dal respiro globale, che identifica l’Italia nel mondo e valorizza il marchio Rai. Girata a Cinecittà, che per noi è il simbolo del grande cinema italiano, è un progetto nazionale, ma con star di portata internazionale, prima fra tutte John Turturro che ha collaborato anche alla scrittura”. Umberto Eco, dice ancora Andreatta, già nel 2015 aderì al progetto. “Per lui la presenza del servizio pubblico è stata un elemento di garanzia”. Giacomo Battiato, non nuovo al cinema in costume con film al suo attivo come I Paladini: storia d’armi e di amori (1983) e Una vita scellerata (1990) racconta un aneddoto: “Mentre giravamo, Michael Emerson in un tweet: ha scritto: ‘sto vivendo un sogno, sono vestito da monaco, mi trovo a Cinecittà, c’è il sole e gli attori italiani sono tutti bravissimi, mi hanno steso’.
Anche nella scelta del cast, prosegue il regista, “ho prestato grande attenzione al romanzo, per il ruolo di Adso mi proponevano attori inglesi ma ho voluto un tedesco, il giovane Damian Hardung”. Prende la parola l’autore del soggetto Andrea Porporati, il primo a concepire l’idea di una serie dal romanzo: “Questo libro, che avevo letto a 18 anni, ha cambiato il mio modo di vedere le cose. L’assassino uccide per evitare che si riscopra l’arte del ridere, che si possano vedere le cose da un altro punto di vista rispetto all’assolutismo e al totalitarismo. E quando ho incontrato Eco di persona ho trovato una persona molto divertente, rigorosa e seria, ma divertente”. Scherza John Turturro, che proprio oggi compie 62 anni: “Ci voleva un regista italiano per scoprire la mia parte ‘inglese’ e darmi il ruolo di Guglielmo di Baskerville. Il libro, che ho letto solo dopo aver aderito al progetto, è molto moderno, un libro importante in tutto il mondo e attuale, per fortuna o purtroppo. Non avevo visto neanche il film di Annaud anche se amo molto Sean Connery, ma avendo avuto a casa un pupazzo di James Bond con le sue fattezze, pensavo che non sarebbe stata una buona idea vedere un film interpretato da lui per trovare ispirazione”. E conclude: “La cosa che mi ha attirato di più è proprio la filosofia di Guglielmo, è convinto che la conoscenza protegga dall’abuso del potere. Una cosa che condivido”.
Interviene Battiato: “La serie racconta tantissime cose, anche la storia di Dolcino e Margherita, una rivoluzione che aveva come parole d’ordine l’uguaglianza, il rifiuto delle gerarchie, il rispetto del prossimo, la fratellanza. I personaggi femminili, che non ci sono nel libro, sono stati approvati da Eco stesso, che ha trovato interessante lo sviluppo del discorso sull’eresia dolciniana, del resto da lui citata 32 volte nel suo romanzo. Anzi, ci disse: non trattate male i dolciniani, per i protestanti e i valdesi Fra’ Dolcino è una figura importante”.
In onda da lunedì 4 marzo Il nome della rosa, coproduzione internazionale con 11 Marzo, Palomar, Rai e Tele Munchen, è composta da otto episodi, che saranno trasmessi in quattro prime serate, alle 21,45.
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