VENEZIA. Sotto una pioggia incessante, tra le difficoltà di prenotazione tramite il sistema di biglietti Vivaticket – ed è già polemica. Il Palabiennale alla prima proiezione del mattino, quella de L’ordine del tempo di Liliana Cavani, era mezzo vuoto nonostante il sito riportasse i posti tutti occupati – e il fortunatamente superato timore per lo sciopero di sceneggiatori e attori USA, si apre l’80ma Mostra del Cinema di Venezia, la prima totalmente libera dalle restrizioni del Covid.
Commenta il presidente della Biennale Roberto Cicutto, scherzando sull’età della Mostra, che ha subito diverse interruzioni, dovute per lo più alla guerra, ma non si è fermata durante la pandemia: “Pur avendo 90 anni – dice – le mostre sono solo 80 e ci è piaciuto scriverlo a caratteri cubitali. La mia prima edizione è stata in pieno Covid, l’abbiamo fatta in presenza quando non c’era ancora l’ombra di un vaccino, ci siamo presi dei rischi e questi sono stati accettati dai giornalisti, dal pubblico, dalle giurie e da tutti coloro che anche oggi contribuiscono a rendere l’evento importante e al contempo amichevole. Tuttavia non è stato il Covid a insegnarci la ricerca o l’attenzione alle nuove tecnologie – ad esempio con la prenotazione online delle proiezioni – e ai nuovi linguaggi, già lo si faceva con la sezione competitiva VR e si continua a farlo anche con le attività di College, che non si limitano al cinema ma sono previste anche per la musica, la danza, il teatro e ora l’arte visiva e l’architettura. Non si tratta di scoprire talenti, perché i partecipanti sono già artisti formati, ma di inserirli in un circuito internazionale, ovviamente con grande attenzione al rinnovamento e alla modernità”.
Naturalmente vengono presentate le giurie, dal direttore della Mostra Alberto Barbera, con la nomina dei relativi presidenti: Andrea Pallaoro per Venezia Classici, Alice Diop per Opera Prima, Jonas Carpignano per Orizzonti e Damien Chazelle per il Concorso.
“I film sono tanti – prosegue Barbera – ma non più del solito. Le giurie sono composte da giovani e così anche la selezione, prevede certo alcuni maestri, come Liliana Cavani, ma la maggior parte sono esordienti o quasi, perché lo è anche il pubblico. Segno che il cinema è cambiato e non sta morendo, anzi. E’ più vitale che mai anche se siamo in un momento fragile e delicato per l’industria in cui i player giocano su fronti contrapposti, come non dovrebbe essere”.
Chazelle e altri membri della giuria sfoggiano orgogliosamente una maglia a sostegno dello sciopero di Hollywood: “E’ il centounesimo giorno che scioperano gli sceneggiatori – ricorda il regista – e il quarantottesimo per gli attori. Ogni opera d’arte ha un valore al di là del suo contenuto, non è solo materiale da mettere in cantiere. Questo valore va riconosciuto e remunerato e questa è l’idea centrale dell’arte che fin troppo spesso viene ignorata”.
Sul suo ruolo si mostra estremamente umile e accorto: “Non me lo merito, ne sono sicuro, ma sono stato fortunato ad essere stato invitato qui da Barbera, che forse mi ha scelto un po’ “stupidamente”. Sia in giuria che in concorso ci sono registi che adoro, di cui sono fan, devo stare attento a non lasciarmi trasportare dal loro fascino, farò del mio meglio. Ognuno si prepara a suo modo, personalmente per me l’unico modo possibile per prepararmi è cercare di essere concentrato su tutto ciò che vedo. Sono a Venezia per la terza volta ma è la prima in cui, non avendo un film da sostenere, posso godermi il tutto celebrando il cinema al massimo. Questo luogo è un sogno che diventa realtà. E’ il festival più antico del mondo e per me anche il migliore, non dimenticherò mai la mia prima volta qui, tutto così onirico e surreale. Già il solo fatto che per spostarsi verso una proiezione bisogna prendere una barca rende tutto speciale. Se devo pensare a un film rappresentativo del mio rapporto con la città sarebbe Morte a Venezia, anche se è estremamente cupo. Rende però la dimensione da sogno che è tipica sia di questa città che del cinema”.
Anche per Diop – vincitrice lo scorso anno con Saint Omer di ben due Leoni, Argento e Futuro – è un ritorno. “E’ commovente essere di nuovo qui – dice – questo premio ha avuto un impatto enorme sulla mia vita, mi ha permesso di essere accolta, a maggior ragione come donna di colore, a braccia aperte dal mondo del cinema internazionale. Questo mi pone in una posizione di estrema responsabilità ma anche di riconoscenza, con grande felicità di incontrare i miei compagni di giuria”.
L’ultima domanda diventa l’occasione per fare il punto sulle presenze degli attori relativamente allo sciopero: “Sappiamo con certezza – dice Barbera – che non ci saranno alcuni attori legati ai film delle piattaforme. Non verrà Emma Stone per il film di Lanthimos, non ci sarà il cast di The Killer di Fincher, mancheranno Bradley Cooper – che si è detto dispiaciutissimo – e il cast del suo film, e neanche gli attori del mediometraggio di Wes Anderson. Ci saranno invece i cast di film di produzione indipendente che sono stati già venduti per la distribuzione: verrà Adam Driver per Ferrari di Mann, mancherà invece Penelope Cruz, ma per impegni personali, verrà invece Jessica Chastain per Memory di Michel Franco, avremo il cast di Priscilla di Sofia Coppola, Caleb Landry Jones per il film di Besson e Léa Seydoux per quello di Bonello, che pur essendo iscritta al SAG potrà essere presente per un accordo tra il sindacato e la casa di produzione. L’impatto dello sciopero si avverte ma non in maniera così grave come si poteva temere al momento dell’annuncio, quando è sembrato per un attimo che il festival potesse perdere la componente americana. Abbiamo perso, come sapete, solo un grande film, che purtroppo era l’apertura prevista, Challengers di Guadagnino. Salvo Cooper, comunque, tutti i registi saranno presenti sul tappeto rosso per sostenere i propri film”.
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