Dopo mesi di intenso lavoro, Alberto Barbera e i suoi collaboratori hanno ultimato e annunciato la selezione ufficiale di Venezia 81. Ora, però, arriva una fase ancora più complessa: la stesura del programma di proiezioni dei film e delle serie, che quest’anno si caratterizzano per una durata sempre più spropositata. Tra i film più lunghi troviamo The Brutalist di Brady Corbet (215 minuti), in Concorso, Phantosmia di Lav Diaz (245’), il doc co-prodotto e distribuito da Luce Cinecittà Bestiari, Erbari, Lapidari di Massimo D’anolfi e Martina Parenti (205’), Israel Palestine on swedish tv 1958-1989 di Göran Hugo Olsson (202’) e Leopardi. Il Poeta dell’infinito (Parte 1 E 2) di Sergio Rubini (245’), Fuori Concorso. Ci sono poi quattro serie tv, tutte abbondantemente sopra i 300 minuti totali, che verranno proiettate integralmente.
“Se date un’occhiata al programma di quest’anno, la percentuale di film che superano ampiamente le due ore di durata è impressionante” ha dichiarato il direttore artistico della Mostra del Cinema, secondo il quale “il processo di trasformazione all’interno dell’audiovisivo e cinematografica, riguarda la durata dei film, che sembra dividersi secondo due direttrici opposte”. Da una parte la lunghezza sempre più spropositata dei film; dall’altra la più assoluta brevità, spinta dalle abitudini social e dalla vita quotidiana sempre movimentata.
Come possiamo vedere da prodotti come Dostoevskij, L’arte della gioia, Horizon, ma anche come gli ultimi film di Scorsese, il confine tra cinema e serie tv è sempre più labile. “Le serie d’autore non sono realizzate in maniera industriale per alimentare le piattaforme che hanno un bisogno costante di rinnovare il prodotto offerto agli abbonati – aggiunge Barbera – ma sono dirette da registi di cinema che accettano di girare le serie perché hanno la possibilità di sperimentare un linguaggio narrativo e letterario che la brevità del film ovviamente non gli consente. E lo fanno in maniera cinematografica: queste serie sono girate come dei lunghi film, che durano magari 7-8 ore, ma che sono film a tutti gli effetti”.
“Lo diceva anche Spielberg in un’intervista abbastanza recente – continua il direttore – il futuro del cinema sta nelle serie, o nei film lunghissimi. Non è detto che debbano andare necessariamente sulle piattaforme, possono trovare sempre più spesso uscite anche in sala. Alcuni esempi anche in Italia, magari con risultati non ancora significativi: la serie dei D’Innocenzo, M – Il figlio del secolo, uscirà in sala in due parti in autunno prima di andare su Sky. Questo per dire che sono prodotti realizzati come si fanno i film, con un linguaggio, un’estetica, un impianto produttivo da cinema e non da televisione”.
Per spiegare l’estremo opposto, quello della brevità, Barbera racconta un aneddoto: “sono stato a Hong Kong a marzo, dove c’è il più grande mercato del Sud Est asiatico e ho incontrato come al solito uno dei grandi produttori cinesi. Lui mi raccontava che la maggior parte dei proventi economici per le società di produzioni cinesi non è legato ai grandi film spettacolari – che pure il cinema cinese produce e che hanno un grandissimo successo sul mercato nazionale – ma a dei brevissimi film, della durata di cinque-dieci minuti. Costano pochissimo, sono micro-racconti che vengono messi direttamente online su delle piattaforme e vendute a cifre irrisorie – diciamo 50 centesimi – che tutti coloro, giovani e non, che vanno a lavoro, in autobus, in metropolitana, passando magari ore nei trasferimenti o nel tempo libero, con gli occhi incollati sul cellulare, acquistano. Essendo i cinesi milioni e milioni, la reddittività di questi prodotti è elevatissima. Da un lato il cinema cinese va verso produzioni di film brevissimi, dall’altro c’è l’estremo opposto con film che si allungano sempre di più”.
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