Baratta pensa alla scadenza del 2015: “Lasciate in sella il direttore”

Bilancio di metà festival per il presidente della Biennale e il direttore della Mostra. Presenze stabili e scommessa vinta con la nuova Darsena, ma il futuro è incerto


VENEZIA – Baratta guarda al futuro e spera di poter assicurare una continuità di direzione alla Mostra del cinema, come alle altre sezioni della Biennale. Alla scadenza del consiglio di amministrazione, a dicembre 2015, infatti, decadranno anche i responsabili dei vari settori, compreso Alberto Barbera. La soluzione che Baratta propone è di sfalsare le due scadenze, consentendo al consiglio uscente, cosa oggi impossibile, di nominare i direttori per un anno ancora. “Garantirebbe continuità ai progetti e lascerebbe il tempo per poter organizzare la Mostra”, dice il presidente, che molti già vedono sindaco di Venezia, anche se lui smentisce. Quanto a un suo terzo mandato, pare poco probabile. “Cacciari ha detto, in modo poco elegante, che ho 75 anni ed è bene che non sia considerato”.

Ma Baratta, molto soddisfatto per l’ampliamento e ammodernamento della Darsena, immagina spazi sempre più moderni e funzionali per Mostra. “Servono 15 milioni di euro e due anni di tempo – spiega ai giornalisti, che hanno partecipato al tradizionale lunch di metà festival – per intervenire sul Casinò. Si tratterebbe di trasformare definitivamente in sala cinematografica l’attuale sala stampa aggiungendo due torri di ascensori al palazzo per garantire sicurezza e la fruibilità. I progetti ci sono, ma per il momento mancano gli interlocutori, dato che il Comune è commissariato”. Il buco per ora rimane, ma l’idea del nuovo Palazzo del cinema – su cui Baratta elegantemente non si pronuncia – è definitivamente archiviata.

Un primo bilancio sulle presenza parla di 22mila biglietti venduti e 7.000 accreditati. Andamento stabile, dunque, nonostante la sensazione che il Lido sia meno affollato (è soprattutto il pubblico a risentire dei prezzi sempre molto elevati, mentre gli addetti ai lavori resistono). Barbera parla di dati in linea con quelli della scorsa edizione e sottolinea come sia “un grande risultato in un anno come questo, visto il calo delle presenze di pubblico negli altri festival, compresi Cannes e Berlino. Ora staremo a vedere come va Toronto ma conoscendo il programma il confronto non mi preoccupa. Mentre Telluride, che si è appena concluso, non ha avuto molto clamore”.  

Prosegue il ragionamento del direttore: “A pesare su tutti i festival è il cambiamento delle strategie di marketing: i grandi studios sempre più spesso scelgono di uscire direttamente in sala o al massimo fare sneak preview. Ma i festival servono al cinema d’autore, ai film più piccoli. Il problema è il mercato tradizionale con il calo degli spettatori e la chiusura delle sale”. E aggiunge: “La Fox ha portato qui Birdman e ha ottenuto un ottimo risultato in termini di critica, una quasi unanimità. Certo bisognerebbe sciogliere il nodo delle anteprime assolute, l’assurda guerra tra i festival: come si fa a dire che un film è ‘vecchio’ perché due settimane fa è stato proiettato, che so, a Manila? Per scioglierlo, serve che un direttore possa decidere senza la regola della ‘prima assoluta’, altrimenti si procederebbe per eccezioni”.

Da sottolineare l’ottima l’accoglienza decretata ai film italiani in concorso. Una novità questa, rispetto agli anni in cui certi titoli venivano “massacrati” dai festivalieri. E i pareri positivi arrivano anche da parte straniera. Anime nere di Munzi è considerato il nuovo Gomorra. mentre il severo ‘Le Monde’ ha scritto che con questi tre film il cinema italiano è sulla strada giusta, con tre pellicole molto diverse, che battono nuovi sentieri, che osano. “Osare è l’unica cosa che si può fare in un momento di crisi”, dice Barbera.

Se il concorso ha avuto finora – siamo a metà percorso – grandi consensi, anche Orizzonti sembra aver vinto la scommessa. “Fino ad oggi – spiega Baratta – la media di presenze in sala è stata di 950 persone a proiezione, ed è molto per una sezione dedicata alla ricerca”. Sul fronte dei conti il presidente sottolinea che la spending review è stata già fatta dalla Biennale, “con 13 milioni di euro abbiamo rinnovato il 90% dei posti a sedere”. Impossibile avere più fondi dallo Stato, “Franceschini deve fare i conti con la cassa anche lui. Per come vanno le cose in Italia ritengo già positivo che le dotazioni non siano state ridotte”. Mostra ha un costo vivo complessivo di 10-10,5 milioni di euro e un costo totale di 11,5-12 milioni di euro, a fronte dei quali ci sono 2,5 milioni che arrivano dagli sponsor privati, 7,3 milioni di contributi statali e tra 1 milione e 1,4 milioni di incassi, mentre il rimanente è coperto dalla Biennale.

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