Se Bar Sport andrà bene al botteghino, Claudio Bisio busserà alla porta di Paolo Del Brocco per proporre a Rai Cinema un progetto che sogna da almeno dieci anni. Portare al cinema l’universo di Daniel Pennac. “L’ho fatto a teatro e con lo scrittore siamo entrati in empatia, così mi ha concesso i diritti del suo libro Il paradiso degli orchi, lui che è così diffidente verso il cinema dopo che si è fatto in Francia un film da La Fata carabina che non gli è piaciuto. A me invece permetterebbe addirittura di attingere a tutta la sua opera… Sarebbe una vera bomba a mano, un film difficilissimo, eppure si potrebbe inventare davvero qualcosa, magari usando gli effetti speciali. Pennac in fondo è quasi un cugino di Benni”.
Non solo effetti speciali, ma anche i cartoni animati, usati in un paio di deliziose sequenze curate da Giuseppe Laganà , impreziosiscono Bar Sport, il film di Massimo Martelli che esce il 21 ottobre in 300 copie con 01. Versione fedele del libro del 1976, edito da Feltrinelli, di cui conserva l’umorismo a tratti paradossale e il gusto per l’affabulazione e la ricerca di linguaggio. Progetto molto voluto dal produttore Giannandrea Pecorelli (Notte prima degli esami), che spiega: “Stefano Benni è molto arrabbiato col cinema, poco dopo l’uscita di questo libro si fece un film con Lino Banfi e Mara Venier, Il bar dello sport, che parafrasava il suo titolo, ma ne tradiva completamente lo spirito… Mentre il suo film da regista, Musica per vecchi animali, ebbe un destino poco felice nonostante la sua originalità. Ma non ci abbiamo neanche pensato, ci siamo invece concentrati sul suo libro, che continua ad essere ristampato e viene letto anche dalle nuove generazioni. Noi abbiamo unito capitoli slegati con un percorso orizzontale, attraverso le stagioni, e abbiamo aggiunto alcune affabulazioni: quelle sul calcio e il ciclismo e la vicenda del playboy mitomane Teo Teocoli. Era l’unico modo per raccontare l’immaginario. Non si possono fare solo film realistici o presunti tali”. Martelli incalza: “E’ il piacere di raccontare riportato nei luoghi della memoria: una volta si entrava in un bar per raccontarsi, adesso si parla di quello che si è visto la sera prima in tv. Ma quando poi in tv ci sono gli affabulatori come Marco Paolini o Roberto Saviano hanno un successo pazzesco, segno che quel tipo di narrazione è ancora valida”. Aggiunge Bisio: “Oggi il Bar Sport è diventato Zanzi Bar, e al posto del cappuccino ci sono magari gli aperitivi, ma noi abbiamo mantenuto l’ambientazione vintage”. Il regista racconta di aver inseguito Benni a lungo: “Non è stato facile convincerlo. E’ molto critico, anche verso le sue cose, non va neanche a pubblicizzare i suoi libri. Invece, quando ha visto il film, gli è piaciuto, soprattutto perché non è mai volgare. Neanche quando il professore fa la classifica del culo delle ragazze”.
Galleria di personaggi con uno sguardo nostalgico e tenero su un mondo di provincia con le sue manie e i suoi tic, maschile ma non maschilista, potrebbe avere qualche assonanza con l’avatiano Gli amici del Bar Margherita specialmente per ragioni geografiche. Siamo infatti nei pressi di Bologna. Ma Bisio, che nel film è il tuttologo di turno, anche detto il Tennico, smentisce: “Per ora è un unicum, anche se mi piacerebbe che non fosse tale. È un film sperimentale, di ricerca, tratto da un libro che a suo tempo fu rivoluzionario. In genere faccio commedie più classiche, che fanno ridere molto e che danno vita a delle serie, come Benvenuti al Nord di prossima uscita, ma questa è una vera novità”.
Cast ricchissimo. dove spiccano Angela Finocchiaro e Lunetta Savino, due anziane signore con collo di volpe d’ordinanza incollate a un tavolino del bar e impegnate a elencare lutti e malanni vari mentre sorseggiano il tè. “Le due vecchiette – chiarisce Finocchiaro – non ci sono nel romanzo. Sono due bicchierini di assenzio che si alimentano della propria cattiveria, le abbiamo immesse in questo tessuto maschile come un virus”.
Giuseppe Battiston, il barista tanto avaro da essere soprannominato Onassis, che espone una pastarella enorme e immangiabile, detta la Luisona, crede che il vecchio bar non sia del tutto consegnato al modernariato: “In provincia esiste ancora, anzi si è ripopolato con le pay tv e tutti vanno a vedere la partita. In fondo è simile al teatro, per questo non morirà mai. E’ popolato da figure stravaganti che sono dei veri archetipi”. Il marito benestante e cornuto (Vito Bicocchi), il tuttofare negato per l’elettricità (Antonio Cornacchione), il cinico che ha una parola cattiva per tutti (Antonio Catania), il tonto che si innamora della cassiera (Bob Messini), la suddetta cassiera che si fa cadere una moneta nella scollatura per vedere l’effetto che fa (Aura Rolenzetti), Elvira Lire Tremila che fa il mestiere più antico del mondo e mangia un “mottarello” per tenersi in allenamento (Roberta Lena).
Tra juke-box, biliardo e calcio balilla, telefoni a gettoni e partite a carte, si va a ruota libera con la fantasia immaginando il coccodrillo della Lacoste che si tuffa nella granita per il caldo e i coniglietti sulla minigonna della cassiera che si rincorrono tra loro, mentre ognuno gareggia a spararla più grossa. In fondo si sorride, più che sganasciarsi dal ridere. “Nel film passa un’atmosfera – dice ancora Martelli – non mi sono mai preoccupato di quante risate facevo, anzi penso che le parole di Benni, viste sullo schermo, diventino persino poetiche”.
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