“L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai”, una delle sue frasi più celebri.
Di lei, Audrey Kathleen Ruston per l’arte Audrey Hepburn, sono scolpite nell’immaginario pop scelte di stile, sequenze iconiche di cinema, frasi come massime: una marmorea stabilità perenne nel tempo non scalfisce l’icona, costruita – in vita – su colonne portanti quali studio, talento, raffinatezza, beneficenza, sostanza tutta che, quando sapientemente fusa, è sinonimo di eccellenza.
Un’eccellenza, tra le altre, è il suo essere tra le 17 persone al mondo ad appartenere all’EGOT Club, definito il “grande slam” dello show business e acronimo di Emmy, Grammy, Oscar e Tony: premi dello spettacolo, questi, di cui è stata insignita e che restituiscono l’essenza dell’eccezionalità artistica; l’American Film Institute l’ha inserita al terzo posto tra le più grandi star della Storia del Cinema e, a proposito di “stelle”, lei ne ha una propria sulla Hollywood Walk of Fame losangelina.
L’eccezionalità di Hepburn ha preso nel tempo anche la forma delle curiosità che sono nate nel nome della sua figura: ha infatti ispirato il personaggio della criminologa Julia Kendall, soggetto della serie a fumetti Julia – Le avventure di una criminologa, pubblicata da Sergio Bonelli Editore, e il viso della stessa Audrey, in quanto tale, è stato il disegno perfetto su cui tracciare quello animato per il personaggio di Belle ne La bella e la bestia di Disney.
Se il Belgio l’ha vista venire al mondo, il 4 maggio del ’29, l’Europa è stata la sua terra di crescita, tra il luogo Natale, i Paesi Bassi e il Regno Unito: la stagione nazista è appartenuta alla sua adolescenza, periodo in cui Hepburn, nonostante la guerra, comincia a Londra lo studio della danza, prodromo didattico e artistico per il teatro e il cinema.
Il cinema è stata l’arte che certamente l’ha consacrata al grande pubblico: Billy Wilder,George Cukor, Blake Edwards, Gregory Peck, Humphrey Bogart, Gary Cooper, Cary Grant, Peter O’Toole, Sean Connery, i più prestigiosi compagni della vita sul grande schermo, uno di quei luoghi immaginifici, insieme al teatro, che – soprattutto negli Anni ’50 e ‘60 – le hanno dato la fama: la prima apparizione di Audrey Hepburn in un film (documentario, Nederlands in zeven lessen) risale al 1948, una produzione europea. Nel 1951 ebbe il suo primo piccolo ruolo con delle linee di dialogo, era Racconto di giovani mogli; decise fosse il momento di tentare la fortuna in America e appena due anni le sono bastati: per la sua principessa Anna di Vacanze romane (1953) vince l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista. Naturalmente, poi è stata anche Sabrina (1954, Nomination), Cenerentola a Parigi (1957), My Fair Lady (1964), oltre che l’interprete di capolavori come Guerra e pace (1956), La storia di una monaca (1959, Nomination), Colazione da Tiffany (1961, Nomination), Sciarada (1963), Come rubare un milione di dollari e vivere felici(1966), Gli occhi della notte (Nomination) e Due per la strada (1967).
Per quello che è stato forse il suo ruolo più eterno, foriero di comunicazione e marketing di ogni foggia e colore nel tempo a venire, quello di Holly Golightly per Tiffany, l’aneddotica racconta che non fosse stata lei la prima scelta di Truman Capote, che voleva Marilyn Monroe per la parte perché più sexy e dunque, secondo l’autore, più consona a interpretare una call-girl. Il personaggio fu non poco modificato per Hepburn ma la storia ha sentenziato: il risultato è un film simbolo.
Se i decenni di metà secolo scorso sono stati per Audrey Hepburn quelli delle luci della ribalta, tra gli Anni ’70 e ‘80 la presenza sul grande schermo è stata più rarefatta: ha preferito la famiglia, in particolare sul finire del matrimonio con Mel Ferrer – che durò 14 anni, fino al 1968 – Hepburn incontrata lo psichiatra italiano Andrea Dotti; si sposano nel gennaio del ‘69 mettendo al mondo Luca, che nasce l’anno successivo; un matrimonio non tardi graffiato dalle relazioni extraconiugali del medico, mentre Hepburn intesseva una piccola frequentazione con Ben Gazzara, tuttavia il matrimonio italiano finì “solo” nel 1982.
E, a proposito di “psichiatra”: “Si dice che l’abito non faccia il monaco. Ma a me la moda ha dato spesso la sicurezza di cui avevo bisogno. Personalmente dipendo da Givenchy come le donne americane dipendono dal loro psichiatra”, un’altra delle sue celebri frasi, a ricordare come sia stata musa dello stilista (che ha creato il simbolico tubino nero di Colazione da Tiffany), ma anche – una volta ritirata dalla recitazione – dedita a lavorare con l’UNICEF; è stata ambasciatrice speciale delle Nazioni Unite per in Fondo per l’infanzia, con il quale si era dedicata nell’aiutare i bambini dell’America Latina e dell’Africa.
Ricorrono oggi, 20 gennaio 2023, tre decenni dalla scomparsa di Audrey Hepburn, era il 1993 e lei aveva solamente 63 anni: un cancro appendicolare ha interrotto la sua esistenza terrena.
Di lei sembra di sapere tutto, tanta discrezione e eleganza nella condotta della vita, eppure la sua allure ha dettato un passo che l’ha resa – e continua a confermarla – un simbolo pop sempiterno.
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