VENEZIA – Tre fratelli: Idir, Karim (Sami Slimane) e Abdel (Dali Benssalah). Poi c’è Athena, che un po’ è un’evocazione mitologica classica, ma soprattutto il nome del loro quartiere, di una periferia in cui la tensione con le forze dell’ordine è febbrile e anche internamente al micro cosmo stesso della banlieue l’unità non è regina.
“È un film forte, non è facile da digerire”, dichiara subito il regista Romain Gavras, al Lido ad accompagnare il film e che continua spiegando: “Tre anni fa abbiamo avuto l’idea di avviare il progetto, cominciando a scrivere dal concetto di creare una tragedia moderna, che fosse una tragedia intima, che parte con la fratellanza interrotta e poi la rabbia, la tristezza, il dolore. Volevo raccontare una storia personale che potesse infiammare una Nazione”.
Athena – in Concorso alla Mostra – è un film molto serrato, vive di dinamismo, di suggestione della fotografia e delle cromie, di movimenti di macchina, piani ravvicinati e ravvicinatissimi: ci sono pestaggi, fumogeni, la notte che ricorre, ma anche un’efficace e costante colonna sonora contemporanea e epica al tempo stesso – le musiche sono di Gener8ion –, eppure questo film, che in fondo racconta anzitutto la storia di tre fratelli e della loro differente visione di affrontare la tutala del proprio “mondo”, si fa molto ripetitivo visivamente e attendibile negli accadimenti, non è così potente nei sentimenti da squarciare emotivamente, e indubbiamente sente – o forse “soffre” – la firma di Ladj Ly, qui co-sceneggiatore e co-produttore, e autore de Les Misérables (2019).
Il film restituisce anche un’esperienza immersiva, con lunghi piani sequenza: “Quando abbiamo cominciato con l’idea della tragedia volevamo un’iconografia importante per l’articolazione della tragedia, essere immersi in ciò che sta accadendo era un elemento chiave per la storia, per far sì che il pubblico provasse delle emozioni con il progredire dei personaggi. Volevamo che anche il pubblico vivesse con i personaggi il tempo reale, senza il tempo di riflettere. E c’è anche l’unità di tempo, perché la tragedia comincia con l’alba e finisce al tramonto”, continua Gavras.
Idir è appena morto sotto i colpi di fucile dei tumulti, Abdul è devastato ma lucido, moderato, non incline a sparare ma concentrato sull’idea di evacuare le famiglie del quartiere, non è un istintivo, mentre Karim è un capo popolo: “…ora siamo noi la polizia … vinceremo questa guerra … siamo un esercito” afferma.
C’è “guerra”, ma c’è anche molta umanità, sia tra i cittadini delle banlieue che tra la polizia, tra loro anche Jerome (Anthony Bajon), che conosciamo di tutto punto bardato per partecipare ad un assalto ad Athena, ma nell’attesa guardando la fotografia delle sue gemelline. E poi, tra le altre figure del film c’è Sébastien (Alex Manenti), in questo “bombardamento” intento a coltivare una magnifica aiuola di fiori con le cuffiette nelle orecchie, isolato da questo “qui e ora”: lui, dapprima, è lo specchio dell’innocenza.
Le banlieue sono come isole, delle roccaforti, piene di contrasti interni ma chi le vive non ama siano “conquistate”, tanto meno dalle forze dell’ordine, seppur questi luoghi abbiano la nomea, spesso realistica, di essere piazze di spaccio e di fondamentalismo. Ogni tentativo di “conquista” militare è guerra e la polizia è il nemico, in un drammatico mélange di reciproche violenze. Non si può negare non siano affascinanti visivamente diverse sequenze, come quella spettacolare del fuoco aperto in notturna contro una testuggine militare, il cui effetto di rimbalzo tra materiali e luci restituisce una sorta di fuochi d’artificio, peccato tutt’altro che ludici.
Il sangue è sangue, e sia Karim che Abdel hanno lo stesso sangue e lo stesso desiderio, riscattare il nome del fratello ucciso, ma quando il secondo rintraccia il primo nella confusione della battaglia, questo gli dice apertamente che lui è un traditore, che sarebbe stato meglio fosse morto lui e non l’altro fratello. Parole durissime, ma che non fanno mettere in discussione a Abdel la sua fratellanza, infatti si dimostra pronto a portare a braccia anche Karim, come nell’immagine di una pietà cristologica, per poi cedere lui stesso in un umano sfogo di dolore e rabbia bestiali.
Ad Athena si è in guerra, si è dei soldati e si sceglie da che parte stare e, anche se si è fratelli, figli di una stessa famiglia, una stessa educazione, uno stesso credo, non sempre la parte da cui schierarsi è la medesima, ma quella di Abdel, infine, è chiara, marchiata sul suo corpo, tutto questo mentre una giacca della polizia brucia tra le fiamme.
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