ASSOCIAZIONE GULLIVER


“Cinema e televisione” è il tema affrontato dall’Associazione Gulliver nell’ormai tradizionale appuntamento annuale al Residence Ripetta di Roma. Confronto aperto tra registi, dirigenti Rai, esponenti del governo, produttori, rappresentanti delle forze politiche e critici sullo stato di salute della nostra cinematografia. In particolare l’interrogativo di fondo al quale il convegno prova a rispondere è quanto questa cinematografia sia sostenuta e aiutata, o condizionata dai palinsesti televisivi pubblici e privati.

Una legge disattesa
Applicare la lettera e lo spirito della legge 122 – chiede Francesco Maselli – in particolare il disatteso articolo 2 che riguarda sia le quote riservate alle produzioni europee nella programmazione televisiva, che quella parte degli introiti annui derivanti dalla pubblicità destinata alla produzione e all’acquisto di produzioni europee. Anzi Maselli propone l’allargamento della 122 alle tv a pagamento.

L’arbitro che non c’è
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni dovrebbe – secondo l’ex presidente della Rai Roberto Zaccaria – certificare l’applicazione della legge 122, ma non lo fa. E così accade per gli affollamenti pubblicitari, le telepromozioni, il pluralismo politico e il funzionamento dell’Auditel.

Domande senza risposta
Carmelo Rocca, segretario generale del ministero per i Beni e le attività culturali, sottolinea come il “sistema cinema” in Italia non esista più. C’è un esercizio cinematografico per il nostro cinema? Chi è il proprietario dei grandi circuiti commerciali? Che fine ha fatto la programmazione obbligatoria? Perché i produttori non si assumono fino in fondo i rischi del mestiere?

Meno Stato?
Negli ultimi 5 anni il nostro cinema ha vissuto un periodo felice – spiega Angelo Guglielmi – un cinema non intimista ma attento ai sentimenti delle persone caricati del senso del mondo. I nostri registi sono stati coltivati, promossi e finanziati. Ora si sostiene che lo Stato ha investito troppo e le immediate conseguenze sono il ridimensionamento dei progetti, mentre le commissioni, bloccate, sono sommerse da richieste.

Raicinema alla prova
Raicinema produce oggi soprattutto film televisivi, familiari, popolari, mentre rimane in esilio il cinema d’autore, di qualità. Occorre allora, per Guglielmi, un intervento correttivo che trasformi Raicinema, sulla falsariga di Medusa, in una struttura autonoma. Pronta la replica di Carlo Macchitella, direttore generale di Raicinema: “E’ forse cinema familistico L’ora di religione, da noi prodotto?” E sempre Macchitella sintetizza la strategia produttiva con una frase di Luigi Chiarini: “Il film è un’opera d’arte, il cinema è un’industria”. Non ha senso la separazione tra cinema di qualità e cinema di mercato, il cinema è un ‘unicum’ e ragionare con logiche industriali non vuol dire uccidere l’autorialità.

Il monopolio di “Pinocchio”
Per il nostro cinema i grandi sbarramenti non sono tanto a livello produttivo, quanto a livello di esercizio e distributivo, afferma Zaccaria. Così la normativa antitrust nel settore cinema rimane lettera morta e viene meno il diritto al pluralismo, cioè ad avere un prodotto cinematografico diverso e articolato. Quando un film come Pinocchio viene distribuito in 900 copie, è evidente che non c’è spazio per l’altro cinema.

autore
03 Dicembre 2002

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