VENEZIA – Nei cinema dal 3 gennaio con I Wonder Pictures Il gioco delle coppie (Non-fiction), il nuovo film del pluripremiato regista francese Olivier Assayas in concorso alla 75ma Mostra di Venezia. Una pellicola dai dialoghi serrati sui cambiamenti continui del mondo contemporaneo, in particolare sulla digitalizzazione e smaterializzazione della scrittura e dell’arte in generale. Un percorso che parte dall’astrazione dialettica per avvicinarsi man mano, nel finale, al carnale e terreno: “Se si vuole fare un film sulla contemporaneità lo si deve fare in modo umano”, sottolinea l’autore di Qualcosa nell’aria, Sils Maria e Personal Shopper. “Quando ho iniziato a scrivere, il film aveva un aspetto saggistico, ma è diventato poi un’analisi del cambiamento e dell’adattamento dal punto di vista umano. Tanto che comincia in maniera più astratta ma finisce in modo molto incarnato”.
Al centro della storia Alain (Guillaume Canet), un editore parigino di successo che fatica ad adattarsi alla rivoluzione digitale, che nutre seri dubbi di fronte al nuovo manoscritto di Léonard (Vincent Macaigne), uno degli autori con i quali collabora da lunga data, trattandosi dell’ennesima opera autobiografica che prende spunto dalla sua relazione con una celebrità di secondo piano. Selena, moglie di Alain e affermata attrice teatrale, interpretata da Juliette Binoche, è del parere opposto. “Non posso negare che il digitale è una rivoluzione che apre un enorme campo di possibilità”, sottolinea Guillaume Canet le cui opinioni personali appaiono molto il linea con quelle del personaggio che interpreta. “Vivo, però, con un certo panico l’evoluzione che ha assunto negli ultimi anni. Vedere un film su un cellulare, con un suono compresso e orribile e con immagini miniaturizzate, mi fa un po’ paura e lo trovo sminuente rispetto all’accuratezza che mettiamo nella nostra arte. Ho paura del lato fast food, del consumo rapido del digitale, che non permette di vivere pienamente le espressioni artistiche”.
Il racconto, che il regista rivela essersi dipanato da solo dopo la scrittura della prima scena del dialogo tra lo scrittore e il suo editore, (“non sapevo sarebbe diventato un film, man mano il racconto ha preso corpo e si è trasformato in una commedia che raccontava qualcosa del mondo contemporaneo”), segue le riflessioni dei protagonisti sul funzionamento della nuova economia digitale e sui suoi effetti a livello sociale, personale ed emotivo. Rispetto a un mondo che continua a cambiare e lo fa sempre più velocemente la sfida è la nostra capacità di tenere d’occhio quel flusso, per capire cosa è veramente in gioco e come adattarci: “La trasformazione del mondo operata dalla rivoluzione digitale ha simili effetti in tutti i settori umani, riguarda la capacità di adattamento degli individui al modo in cui la società evolve”, rimarca Assayas.
Un cambiamento, il digitale, che secondo il regista ha da tempo investito, modificandola profondamente, anche l’industria cinematografica e il modo di fare film, “a partire dal montaggio del suono che ha cambiato completamente la tessitura della colonna sonora, passando poi per la digitalizzazione dell’immagine e dei processi distributivi”. Una rivoluzione sicuramente non terminata, che continuerà a modificare il nostro modo di realizzare e mostrare i prodotti audiovisivi. Ma il film, più che analizzare il funzionamento di questa nuova economia, è interessato ad osservare le domande che questa scuote, personalmente ed emotivamente, quasi alla ricerca di un nucleo emotivo profondo e intaccabile: “C’è qualcosa di eterno nelle relazioni umane. Anche quando si parla di trasformazione, ci sono cose elementari, basiche, terrene che rimangono immobili. Certo, con l’avvento del digitale e dei social media anche amore e comunicazione avvengono in modo diverso, e proprio per questo mi interessava discutere gli effetti del cambiamento digitale sulla società a partire dai sentimenti degli individui”.
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