VENEZIA – “Una commedia surreale in bianco e nero che racconta il mondo impazzito in cui viviamo, un film molto neorealista”, così Alessandro Aronadio sintetizza Orecchie, prodotto grazie a Biennale College e proposto alla Mostra. Un piccolo film inconsueto con un bel cast dove, accanto ai giovani protagonisti Daniele Parisi e Silvia D’Amico, spiccano in tanti (auto)ironici siparietti Pamela Villoresi, Ivan Franek, Rocco Papaleo, Piera Degli Esposti, Milena Vukotic, Andrea Purgatori, Massimo Wertmuller e Niccolò Senni.
Inusuale nel cinema italiano la scelta del bianco e nero. “E’ spietato, come il tono del film, così non ci si distrae con i colori e l’essenza dei volti e delle parole arriva”, dice il regista, che come sceneggiatore è fra gli autori delle nuove commedie di Edoardo Leo, Cosa vuoi che sia e di Guido Chiesa, Classe Z, mentre come regista aveva già diretto Due vite per caso.
“Avevo voglia di provare una commedia un po’ storta, obliqua, diversa, una sorta di mash-up di strani tipi di comicità”, racconta a proposito di questa vicenda che ha al centro un professore di filosofia precario (Parisi) che una mattina si sveglia con un fastidioso fischio alle orecchie. La fidanzata Alice (D’Amico) gli ha lasciato un post-it sul frigo in cui gli annuncia la morte del suo caro amico Luigi. Lui non ricorda chi sia, Luigi, ma in attesa di partecipare al suo funerale, nel pomeriggio, fa una serie di incontri tra incubo e follia. Prima con un otorinolaringoiatra fascista (ha il busto di Mussolini accanto alla scrivania), poi con un gastroenterologo burlone che lo dichiara “incinto”, quindi con un allievo rapper e con il nuovo fidanzato della mamma, sedicente attore ma in realtà giocoliere di strada…
“Non sono tenero con il protagonista, come non lo sono con me stesso e con chi ha un approccio troppo razionale alla vita. Come dice il personaggio di Daniele, la follia è la nuova normalità – spiega Aronadio – Nel suo percorso raccoglie dagli incontri dei tasselli su di sé, grazie ai quali capisce che non sta andando nella direzione giusta “. Il film, girato con 150mila euro, “non è neanche low budget ma love budget. Infatti si è creato un passaparola che ci ha permesso di avere questo cast straordinario”.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"