ANDREA PIERSANTI


Il cinema italiano funziona meglio di quello d’importazione. La buona notizia arriva dall’Istituto Luce, braccio distributivo del cinema pubblico. Pane e tulipani I successi degli ultimi anni sono tutti “made in Italy”: da Pane e tulipani a L’ora di religione passando per I cento passi e Vajont. “Invece molti nostri film europei o extraeuropei hanno avuto vita brevissima nelle sale”, riflette il nuovo presidente Andrea Piersanti. Cattolico, da sempre orgoglioso di esserlo, giornalista-manager attento alle tecnologie e al mondo di internet, presidente dell’Ente dello spettacolo, Piersanti è un quarantenne innamorato del cinema. La sua prima mossa alla testa del Luce, d’accordo con l’amministratore delegato Luciano Sovena, è stata acquistare Pater familias, disturbante opera prima vista a Berlino: “è un atto d’accusa sulle distorsioni della famiglia, una vera discesa all’inferno… io lo leggo come un Padre Nostro, una preghiera senza alcun compiacimento estetico. Tutt’altro che provocatorio o blasfemo”.

Piersanti, che situazione ha trovato arrivando al Luce?
Una struttura interna di qualità e professionalità indiscutibile a cui, purtroppo, corrisponde una quota di mercato ridicola, attorno all’1%. Questo è imbarazzante, anche perché il Luce gestisce finanziamenti pubblici. Tuttavia, analizzando questi dati, si scopre che i film italiani sono la punta di diamante del listino. Da qui si può ripartire.

Con quale strategia?
Pensiamo che il Luce possa tornare a essere coproduttore: un polo produttivo dedicato al nuovo cinema italiano e alle coproduzioni internazionali con i paesi che hanno siglato accordi bilaterali con l’Italia: Francia, Russia, Cina.

Sul versante italiano, in particolare, pensate di occupare parte degli spazi aperti dalla crisi Cecchi Gori?
Abbiamo una fisionomia diversa, legata al cinema di qualità. Il Luce è finanziato dallo Stato e lavora in sinergia con l’esecutivo.

Decisiva, dunque, sarà la riforma del sistema di finanziamento: uno degli aspetti che hanno appesantito il Luce in questi anni è stato proprio quello di dover distribuire d’ufficio le opere prime dell’articolo 8.
Ovviamente partecipiamo alla riflessione sulla legge cinema. Per ora posso solo dire che la visibilità sul mercato non si conquista con gli automatismi di legge.

Che ne sarà del Circuito Cinema: qualcuno parla di sale riservate agli italiani.
Il Circuito Cinema è uno dei nostri fiori all’occhiello, ma occorre stare sul mercato, nell’esercizio non si possono fare sconti.

L’archivio è una delle grandi risorse dell’Istituto Luce. Come pensate di valorizzarla?
E’ uno dei nostri punti di forza: oggi modernissimo dal punto di vista gestionale e commerciale. A breve sarà ultimata la ristrutturazione del sito che prevede una sala di proiezione in rete: sarà un’esclusiva mondiale. Ma i media non tradizionali sono al centro del nostro interesse, compresi i canali televisivi tematici e i new media. Poi stiamo studiando accordi con università e corsi di formazione: il settore educational sta molto a cuore al ministro Urbani.

Soddisfatto del listino ereditato dalla precedente gestione?
Abbiamo ereditato titoli importanti, come Piazza delle cinque lune di Renzo Martinelli, che speriamo vada a Cannes, o Giornalino romano di Ettore Scola. Per ora, con Sovena, abbiamo deciso la distribuzione di due film, Pater familias e Il più crudele dei giorni, un documento di impegno civile e democratico sull’omicidio di Ilaria Alpi. Sono due esempi della qualità culturale che ci piacerebbe trovare. Poi apriremo un nuovo fronte con i documentari.

Può dirci qualcosa di più?
Il Luce tornerà ad essere “fabbrica del documentario”, per usare una bella definizione suggerita da Avati. Qui, fino agli anni ’60-70, si è prodotta la storia d’Italia con i Cinegiornali e non solo: una tradizione da recuperare in pieno.

Come sono i rapporti con la Holding?
Non passa giorno che non ci sia una riunione con Avati e Livolsi: è una bella sensazione verificare che l’azionista unico non ti usa e non ti tratta come un maggiordomo ma come un interlocutore assiduo.

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06 Marzo 2003

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