BARI – Al culmine dell’omaggio a Marco Ferreri, organizzato quest’anno dal Bif&st con una retrospettiva e una mostra fotografica, l’attrice francese Andréa Ferréol, scoperta proprio dal grande cineasta milanese nel 1973 con La grande abbuffata, è stata protagonista al Teatro Petruzzelli di una masteclass piena di spunti condotta dal critico Jean Gili (un cambiamento di programma perché l’attesa Micaela Ramazzotti ha dato forfait). “Marco Ferreri ha dato una svolta alla mia carriera – ha raccontato Ferrèol – all’epoca avevo fatto solo un po’ di teatro e pochissimi film ma dopo La grande bouffe si sono aperte le porte del cinema internazionale”.
La conversazione è partita proprio da quel film controverso, fischiato a Cannes e tagliato dalla censura, ma esaltato da molti tra cui Luis Buñuel che lo definì “un monumento all’edonismo” o Pier Paolo Pasolini che gli dedicò un’ampia recensione sulla rivista ‘Cinema Nuovo’. Per Andréa Ferrèol quel film – che parla del consumismo fino alla morte – oggi non si farebbe più: “Il coraggio di produrre opere come questa o La maman et la putain e Ultimo tango a Parigi adesso non c’è, tutto deve essere perbene e politicamente corretto, almeno in Francia. E poi i produttori lavorano tutti con la tv”.
Nel film, dominato dai quattro protagonisti maschili, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Michel Piccoli e Philippe Noiret, che danno ai personaggi anche i loro nomi, l’attrice, allora ventiseienne, è l’unica presenza femminile, quasi un’accompagnatrice verso la morte. “Ferreri aveva un secondo aiuto francese che stava cercando per lui un’attrice un po’ cicciottella. Una sua amica che mi aveva visto in teatro gli segnalò il mio nome e lui mi fece leggere la sceneggiatura che mi piacque subito molto. Onestamente all’epoca con conoscevo Ferreri ma fortunatamente in quei giorni, a Parigi, una sala stava proiettando tutti i suoi film, uno ogni mattina, così potei approfondire il suo cinema e intanto iniziai a mangiare per acquisire peso, arrivando da poco più di 60 fino a 85 chili. Ci fu quindi un primo incontro con il fotografo di scena che mi fece alcuni scatti e un mese dopo, finalmente, fui chiamata da Ferreri. Notai che le pareti del suo studio erano completamente tappezzate dalle mie fotografie. Mi disse che mi prendeva e a me sembrò di volare!”.
Andréa, oggi 71enne, non tace sulle tante scene di sesso ma insiste sul garbo dei quattro attori, che definisce veri gentlemen. “In realtà c’era molto più sesso nella sceneggiatura originale, ma Ferreri volle poi addolcirla durante le riprese. Comunque tutti e quattro i miei partner furono molto protettivi nei miei confronti, comprendevano quanto fossi inesperta all’epoca. Nella scena in cui Mastroianni doveva toccarmi il sedere, gli confessai il mio disagio ma Marcello mi confortò dicendomi che in realtà non mi avrebbe toccato direttamente. Non ci potevo credere ma fu proprio così: grazie alla posizione della macchina da presa, lo spettatore ha l’impressione che il suo personaggio mi accarezzi le natiche, in realtà non mi aveva neppure sfiorato!”
A Cannes il film fu accolto in modo contrastante, tra chi lo giudicò subito un capolavoro e chi lo considerava volgare. “Io lo vidi al Festival per la prima volta, c’erano con me mio padre e mio fratello ma non mia madre, cui chiesi di non venire e che poi non lo vide mai. Alla fine, quando il pubblico si divise tra applausi e fischi, mi girai verso mio padre che alzò il pollice in segno di approvazione. All’uscita, invece, una signora mi fermò e mi disse che si vergognava di essere francese. Fu uno scandalo pazzesco, cosa di cui Ferreri era molto contento, perché era quello che voleva. E infatti fu il suo più grande successo”.
Dopo La grande abbuffata – girato nel quartiere parigino di Auteuil, nell’attuale rue Boileau – Andréa Ferréol ha avuto modo di lavorare spesso in Italia. “Mi sono subito innamorata del vostro paese, l’ho considerato fin dal primo momento come casa mia e ho iniziato a venirci sempre più spesso”. Prima a scritturarla sono stati registi poco noti, poi sono arrivati Pasquale Festa Campanile (“molto simpatico ma sul set beveva un fernet dietro l’altro”), Mario Monicelli, Ettore Scola (“geniale e infaticabile”), Francesco Rosi, Giuliano Montaldo, Liliana Cavani, Franco Brusati. “Mi doppiavano sempre, all’epoca nel cinema italiano non si usava la presa diretta, come invece in quello francese. Le prime parole che avevo imparato da Ferreri erano parolacce, poi sono migliorata”. E si dispiace di non aver più girato film in Italia dopo Sono pazzo di Iris Blond di Carlo Verdone, del ’96, nel ruolo di una matura cantante belga che interpreta brani di Jacques Brel. “Recitavo davvero con la mia voce, ma non cantavo io”, rivela. E aggiunge: “Per me era tornare alla commedia all’italiana ed ero molto contenta, ma dopo non mi hanno più chiamato nel vostro paese nonostante il film sia stato un grande successo”.
Dagli anni ’70 ai ’90 ha lavorato con tanti grandi registi europei. “All’inizio ho rifiutato molti film perché mi offrivano ruoli simili a quello de La grande abbuffata. Ho quindi dovuto costruire la mia carriera passo dopo passo ma sono stata fortunata se ho potuto essere diretta, tra gli altri, da François Truffaut, Volker Schlöndorff, Rainer Werner Fassbinder, Peter Greenaway, Samuel Fuller, Tony Richardson“.
“Oggi – rivela – è sempre più difficile avere ruoli, pensate che il mio agente inglese mi ha scaricato quando ho compiuto 50 anni. In Francia faccio un po’ di teatro, molta televisione, organizzo un festival nella mia città natale, Aix en Provence, ho scritto un’autobiografia che spero sarà tradotta in italiano”. E il cinema? “L’anno scorso ho interpretato due film: Knock accanto a Omar Sy e L’echange des princesses, un film in costume sull’epoca di Luigi XIV. Ora ci sono cinque progetti in ballo, speriamo bene”. Andréa Ferréol ha poi più rivisto Marco Ferreri? “L’ho incontrato per caso sugli Champs-Élysées molto tempo dopo La grande abbuffata. Notò che ero dimagrita e rimase molto deluso. Mi disse: Sei una stronza, non hai capito niente!”.
Un’interminabile standing ovation al Petruzzelli di Bari ha accolto l’arrivo di Bernardo Bertolucci, al Bif&st per ritirare il Federico Fellini Platinum Award. Il regista ha parlato a lungo di Ultimo tango a Parigi, che torna nelle sale restaurato dal 21 maggio in 120 copie. E ha attaccato Ridley Scott per aver "cancellato" Kevin Spacey: "Mi è venuta voglia di fare un film con lui"
Premiati il regista Robert Schwentke e l'attore Max Hubacher per il film tedesco Der Hauptmann e la giovane attrice Maria Mozhdah per il film norvegese Cosa dirà la gente (distribuzione Lucky Red). Premio NUOVOIMAIE a Raffaella Giordano e Simone Liberati
I premi sono stati assegnati da una giuria di 30 spettatori, presieduta da Giancarlo De Cataldo. Vincitori Tito e gli alieni di Paola Randi per la regia e l'interpretazione di Valerio Mastandrea e Figlia mia per l'interpretazione di Valeria Golino e Alba Rohrwacher
Il nuovo film di Mario Martone, Capri-Batterie, è il terzo capitolo di una trilogia di cui fanno parte Noi credevamo e Il giovane favoloso. Il regista napoletano l'ha anticipato al Bif&st di Bari nel corso di una masterclass. Il nuovo lavoro uscirà a ottobre e per ora si sa soltanto che è ambientato nella Capri all'iinizio del Novecento