È un itinerario dal duplice sguardo, personale e collettivo, quello che il regista israeliano Amos Gitai propone nella mostra-installazione “Chronicle of an assassination foretold”, per raccontare il destino di un uomo, Itzhak Rabin, e con esso quello di tutto un popolo. Allestito al Maxxi dall’11 marzo al 5 giugno e curato da Hou Hanru con Anne Palopoli, il progetto parte dall’ultimo film di Gitai, Rabin,the last day, per poi evolversi in una narrazione più complessa: ripercorrendo ciò che accadde il 4 novembre 1995, quando 3 proiettili uccisero Rabin al termine di una manifestazione di pace a Tel Aviv, il regista allarga lo sguardo su un conflitto che ancora oggi coinvolge Oriente e Occidente, in un intreccio di simboli politici e religiosi.
Un muro in diagonale che divide emblematicamente la pace dalla guerra, 3 tracce sonore, un collage, una serie composta da 9 fotografie, e poi 5 proiezioni sulle pareti dello spazio espositivo: sono gli strumenti con cui Gitai costruisce l’interazione tra il presente e la memoria, mescolando continuamente elementi documentari e di finzione. “Con il mio lavoro cerco di portare alla luce le problematiche di Israele, un Paese che amo ma con cui non sempre vado d’accordo”, ha detto Gitai presentando il suo lavoro in conferenza stampa. “Avendo io origine ebree, ho deciso di parlare di memoria, perché senza di essa gli ebrei non esisterebbero. Attraverso una giustapposizione di mezzi diversi propongo non un consumo, ma un’interpretazione dell’arte, affinché il pubblico possa completare il mio lavoro con la propria riflessione”, ha poi aggiunto, specificando di aver voluto lasciare con questo progetto “le tracce di un evento brutale, che 20 anni fa ha decapitato le speranze e i sogni del Medio Oriente e che oggi sta influenzando le dinamiche del mondo intero”.
Se da un lato il pubblico “vedrà” la distruzione della convivenza pacifica tra Israele e Palestina attraverso il ricordo dell’assassinio del primo ministro israeliano nonché Premio Nobel per la pace, insieme agli echi del contesto geopolitico, dall’altro però non troverà di certo in Gitai nessuna volontà di fornire soluzioni, ma solo di porre delle domande. Domande che non si esauriranno con l’esposizione al Maxxi: “Questa è per me una trilogia verticale: al film e alla mostra – ha concluso – si aggiungerà una rappresentazione teatrale che faremo a luglio nella città di Avignone, in cui ci focalizzeremo su come la moglie di Rabin ha vissuto questa terribile vicenda”.
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