Amicizia e integrazione tra i boschi del Trentino

Il regista di Io sono Li torna ad affrontare una storia di amicizia e integrazione con La prima neve, in concorso nella sezione Orizzonti


VENEZIA – Andrea Segre è a Venezia nella sezione Orizzonti con La prima neve, dove torna ad affrontare, con il supporto di un cast forte (Anita Caprioli e Giuseppe Battiston affiancati dal protagonista Jean-Christophe Folly e il piccolo Matteo Marchel), temi a lui cari: amicizia e integrazione, come nel pluripremiato Io sono Li. Stavolta a incontrarsi, in una valle del Trentino magnificamente ritratta dal direttore della fotografia Luca Bigazzi, sono un ragazzino rimasto orfano in seguito a un incidente in montagna, e un padre vedovo del Togo, giunto nella baita di famiglia per aiutare il vecchio nonno a lavorare la legna. Michele  è ancora troppo piccolo per accettare la sua perdita. L’incontro dei loro dolori complementari avvierà un rapporto speciale. Il Trentino assume così l’aspetto di una terra universale, equidistante da tante realtà culturali diverse: la Germania, la Francia, la Slovenia. I tedeschi lo raggiunsero per lavorare nelle cave, lasciando nell’accento locale una forte impronta bavarese. La valle dove si svolge la storia è ancora incontaminata dal turismo, è rimasta intatta nelle sue caratteristiche originarie, e i suoi boschi sono lo spazio dove la natura diventa teatro e luogo dell’anima.

“Volutamente non ho inserito elementi di contrasto sociale nel film –dice Segre – conosco bene per via delle mie precedenti esperienze i centri di accoglienza, per lo più disastrosi, o quelli di espulsione, ma il film non parla di questo. Non c’è la tensione sull’accettazione dello straniero. Dani è lì perché ha una cosa da fare, da questo presupposto partono le relazioni tra i personaggi. D’altro canto, è una cosa che succede: in molti casi lo straniero entra pacificamente a far parte delle nostre famiglie. Quante volte si sente dire: ‘l’immigrazione è un problema ma quello che lavora da me è un bravo ragazzo’. Esistono delle isole felici, il problema è che non si riesce a metterle insieme e a raccontarle. Racconto l’incontro tra un padre che non capisce come affrontare il suo ruolo e un figlio che non può più essere figlio – dice il regista  – Il mondo di Michele, poi, è lo stesso dove vive il suo interprete Matteo, che è cresciuto in quei luoghi. Mi piace che i miei attori portino in scena qualcosa di sé stessi e delle loro vite. Trovo che il lavoro dell’attore acquisti di senso al confine tra quel che si è e quel che si deve rappresentare. E’ un gioco che vale la pena di essere vissuto”.

“Lavorare con non professionisti – dice Battiston – ti stimola e ti costringe a un lavoro di sottrazione. Detto questo, il piccolo Matteo è un professionista a 360 gradi”. E in effetti, la prova intensa del bambino colpisce molto. “Mi sono preparato al ruolo incontrando persone che hanno avuto un’esperienza simile a quella di Dani –commenta Folly – io personalmente sono nato in Normandia ma ho tanti parenti in Africa e la conosco bene”, mentre Anita Caprioli, qui in ruolo di madre sola e fragile, mette in luce “l’istintività dell’esperienza. Al di là di quel che c’era in sceneggiatura, o dei risultati delle prove, è stata un’esperienza molto bella lavorare col piccolo Matteo perché ha una sensibilità estremamente raffinata per la sua età”.

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06 Settembre 2013

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